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Storia delle Olimpiadi: l’oro del Settebello ai Giochi del ’48. L’inizio di una leggenda

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Cominciamo male: Rubini viene subito espulso e, nonostante i due pali colti in inferiorità numerica con Ognio e Arena, dobbiamo capitolare per mano di Stam, che batte Buonocore. Finalmente Rubini può rientrare e la parità, non solo numerica, viene presto ristabilita; è Gildo Arena a mettere a segno il pari con una rovesciata che si infila alta alla destra di Rohner, estremo difensore olandese. L’azione è bellissima: Bulgarelli serve il pallone a Ognio, da qui nasce una perfetta e rapida geometria che tramite il tocco di Pandolfini II permette ad Arena la ricezione ed il tiro del pareggio. In tribuna, i numerosi italiani tirano un sospiro di sollievo. Ben presto i loro timori si trasformeranno in rumorosa esaltazione. Ripresi gli avversari, ora gli azzurri giocano per superarli, li schiacciano in difesa e la pressione genera alcune occasioni da gol che, Ogni prima e Arena poi, sprecano.

Ci si mette anche l’arbitro, lo svedese Zuckerman (a fine gara la sua direzione verrà catalogata all’unanimità tra le peggiori del torneo), che nega un rigore palese ad Arena. È un momento difficile, la superiorità del Settebello è sterile, gli azzurri potrebbero innervosirsi, gli olandesi riprendere coraggio. Serve tutta la ferocia agonistica di quel gruppo, così la rete del 2-1 arriva puntuale, per mano di Ghira, che finalizza un’azione ubriacante di Arena.

Gli olandesi, da par loro, giocano bene. Bulgarelli viene colto in fallo ed espulso: tiro diretto per i tulipani. Spara Van Feggelen, Buonocore respinge, ma il bomber olandese raccoglie e da poco più di un metro spinge in rete il pallone del 2-2. Le cronache dell’epoca riferiscono di un errore del fischietto svedese nell’assegnazione del tiro diretto. Per gli azzurri, l’appuntamento con la storia è in realtà un’avventura irta di ostacoli…

Si ritorna immediatamente in parità numerica e gli azzurri manovrano in attacco per quella che, cronometro alla mano, dovrebbe essere l’ultima azione della prima frazione di gioco. Arena lascia di sasso il suo controllore Koorevaar e, presentatosi solo davanti a Rohner, lo perfora con una rapida conclusione per la rete del 3-2 con cui gli atleti vanno al riposo.

È chiaro agli uomini di Pino Valle come la ripresa debba essere aggredita, non semplicemente affrontata. Gli olandesi ri-vengono schiacciati in difesa, si salvano un paio di volte in angolo, poi Ognio colpisce la traversa e successivamente Pandolfini lascia partire un tiro che supera per un istante la linea di porta: sarebbe il 4 a 2, ma Rohner è lesto a recuperare il pallone prima che l’arbitro Zuckerman riesca a vedere e convalidare. L’azione italiana non si ferma, Ghira coglie l’ennesimo palo, poi Zuckerman non concede un chiaro fallo da rigore agli azzurri.

È la partita della vita, vincendola molte cose possono cambiare in meglio, ma un arbitraggio per nulla amico può capovolgere tutto in un minuto; è questo il pensiero degli italiani in acqua e fuori, tutti preoccupati per l’andamento della gara, neppure il prezioso gol di vantaggio serve a rasserenarli. Urge il gol della sicurezza, a chi ha vissuto la guerra e i suoi malefici serve un muro con cui allontanare il ricordo della fame, con cui difendere le proprie opportunità per un futuro migliore. L’assalto quindi continua, gli olandesi sono pressati ulteriormente e alla fine capitolano, nonostante qualche ulteriore aiutino esterno… Ognio prende il pallone, effettua una lunga e rapida discesa, per poi sferrare il colpo della certezza: un tiro preciso che vale l’oro olimpico.

Come agli Europei di Montecarlo l’anno prima, anche a Londra il tricolore paga “dazio storico”. Nel corso della cerimonia di premiazione, la bandiera e l’inno italiano generano più proteste che applausi, un trattamento che scatena la reazione stizzita dei componenti del Settebello. Certi eventi non si cancellano con una vittoria o con il bel gioco di una rappresentativa sportiva, purtroppo… Fra tutte le descrizioni possibili di quella premiazione, è quella della Gazzetta dello Sport (firma di Giorgio Fattori) ad essere la più adatta, forse, la più poetica… “L’Olimpiade è vinta. Ripensammo allora ai fischi stizzosi della folla di Montecarlo: ripensammo ai silenziosi sacrifici di tanti mesi degli azzurri per raggiungere il sogno più ambito. Ripensammo al reclamo della Jugoslavia, alle decisioni di Montecarlo, al signor Zuckerman, fallito affossatore della nostra finale. Tante e diverse cose facevano a spinte nella gola un po’ chiusa, mentre la bandiera, alta sul pennone, si specchiava misteriosamente nella verde acqua di Wembley”.

E’ in ballo anche un premio di un milione di lire promesso dal Presidente del CONI Giulio Onesti… Ma già la sera della premiazione la squadra comincia a nutrire pesanti e preoccupanti sospetti: i dirigenti italiani di contorno cominciano infatti a dare risposte più o meno vaghe sull’argomento, che invece appare di essenziale importanza per gli atleti. I neo-campioni olimpici, alla fine, vincono anche la “partita del milione”. Come fecero non è chiarissimo, ma la storia, quella sportiva che non prevede bombe, carri armati, dittatori senza scrupoli, in quel lontano e tribolato 1948 consegnò ai posteri una leggenda chiamata Settebello e diede inizio ad una scuola che tutt’oggi dispensa insegnamenti ed emozioni.

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