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Ciclismo

Storia delle Olimpiadi: Antonella Bellutti, la signora della pista

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Per Antonella l’importante era essere in pista. Che fossero le paraboliche dei velodromi, le corsie dell’atletica o i canaloni ghiacciati del bob, lei si sentiva a casa. Un po’ come riusciva – e riesce – a fare sulle sue amate montagne altoatesine, dove oggi gestisce una locanda affittacamere nelle incontaminate Valli Giudicarie.

Antonella Bellutti nasce a Bolzano il 7 novembre 1968: già, Bolzano, una manciata di chilometri da La Villa, il villaggio della Val Badia che, vent’anni prima, aveva dato i natali a Maria Canins, la prima campionessa del ciclismo azzurro al femminile. L’Alto Adige, si sa, è una delle regioni più prolifiche per lo sport tricolore: discipline invernali anzitutto, per ovvie ragioni orografiche, ma anche la scuola di atletica non ha mai tradito. E Antonella cresce così, saltando gli ostacoli talmente veloce da vincere qualcosa come sette titoli nazionali in questa variante dei 100 metri.

Un infortunio al ginocchio la costringe però, dopo alcuni mesi di amara riflessione, a passare al secondo tipo di pista della sua carriera: quella dei velodromi. Ed è subito amore, perché nel giro di quattro anni inanella titoli italiani e prestazioni di livello assoluto, tanto da centrare, nel 1995, due medaglie iridate a Bogotà (dopo quella sfiorata a Palermo l’anno precedente). Così alle Olimpiadi di Atlanta si presenta favorita nell’inseguimento, di cui è dominatrice della Coppa del Mondo in quella stessa stagione: lei che viene dalle fredde valli alpine non si fa spaventare dal caldo torrido di Atlanta, che a molti ricorda quello di Pasadena, sede della finale dei Mondiali di calcio due anni prima.  Vincere da favorita è forse la missione più difficile per una sportiva: eppure Antonella domina ogni atto sino a quella finale contro la francese Marion Clignet che cede di schianto, sopraffatta dalla forza dell’azzurra.

Primo oro, dunque: il secondo arriva a Sydney, ultimo grande palcoscenico della carriera in bici, abbandonata subito dopo perché “è un mondo malato di doping“. La corsa a punti è una maratona in cui ogni attimo può essere decisivo: in quel caso, sono gli ultimi due sprint, dopo cento giri, ad assegnare il titolo alla Bellutti, che esulta sul traguardo sicura del risultato quando ancora i tecnici azzurri si precipitano dalla giuria per calcolare il punteggio.

Due anni dopo è su un’altra pista, quella del bob, dove conclude al settimo posto le Olimpiadi invernali con Gerda Weissensteiner sfruttando appieno le straordinarie qualità di atleta poliedrica. Ma Antonella Bellutti non sta ferma neanche da ex sportiva: giornalista, delegata Coni, collaboratrice universitaria, fulcro dell’organizzazione dell’Universiade trentina. E poi le Valli Giudicarie, il suo paradiso nascosto dopo una vita al centro dei riflettori.

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marco.regazzoni@oasport.it

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