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Editoriali

America’s Cup, New Zealand sicura di vincere. Luna Rossa snobbata e ancora vittima sacrificale

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Penso che Team New Zealand vincerà facilmente, saranno significativamente più veloci. Hanno un enorme vantaggio: non hanno perso un giorno da quando hanno lasciato le Bermuda, mentre gli altri hanno dovuto ricostruire o ricominciare da capo. Spero che non sia un completo cappotto”. Le parole di Murray Jones non sembrano lasciare molte speranze a Luna Rossa in vista dell’America’s Cup che inizierà mercoledì 10 marzo.

Non stiamo parlando di un velista qualsiasi, ma di una vera e propria icona di questo sport, entrato a far parte nel 2010 della Hall of Fame dell’America’s Cup. Il classe 1957 ha vinto sei delle ultime sette edizioni della Coppa America: tre con Emirates Team New Zealand (1995, 2000 e 2017), due con Alinghi (2003 e 2007), una con BMW Oracle (2013). Verrebbe da dire che è una fortuna per Luna Rossa che in questa edizione Jones non faccia parte del team dei Defender…Insomma, si tratta di un vero e proprio monumento di questo sport, il cui parere non può di certo passare inosservato.

Con le dichiarazioni di Jones possiamo affermare che, metaforicamente, i neozelandesi hanno finalmente gettato la maschera. Si sentono sicuri di vincere. Fin qui lo avevano lasciato intuire tra le righe, questa volta un Kiwi doc non ha usato invece giri di parole. I padroni di casa hanno dato vita ad una barca molto estrema, puntando quasi tutto sul raggiungimento della massima velocità di punta. Si è favoleggiato nelle ultime settimane su quanto potessero andar forte i neozelandesi, qualcuno si è spinto ad affermare persino che potessero superare i 110 km/h. Ieri è però arrivata una smentita in tal senso da parte dello skipper Glenn Ashby: c’è da fidarsi o si tratta di un bluff per confondere ulteriormente gli avversari?

Un paio di giorni fa si potevano leggere queste frasi sul sito ufficiale dell’America’s Cup, chiaramente gestito dai neozelandesi: “Se le indiscrezioni sono corrette, è la squadra di casa ad avere la meglio. Inoltre, la squadra di casa ha fatto gli straordinari per migliorare in condizioni di vento leggero con un Code Zero che fa parte del loro pacchetto velico dichiarato“. Che i Defender si sentano formidabili sopra i 12 nodi è fuori discussione. Anche Ben Ainslie, timoniere di Ineos Team Uk, si era espresso in questo senso. I maori pensano ora di aver sciolto le riserve anche in condizioni di vento leggero grazie alla vela Code Zero che, va ricordato, era stata scartata da Luna Rossa e dalle altre sfidanti.

Insomma, gli oceanici si sentono super favoriti per la conquista di quella che sarebbe la loro quarta America’s Cup della storia, peraltro forti anche dei precedenti inequivocabili contro il Team Prada Pirelli, uscito sempre con le ossa rotte quando si è imbattuto nei Kiwi. Come ci spiegava la scorsa settimana Tommaso Chieffi, è normale mostrarsi sicuri dei propri mezzi, fa parte del gioco. Una domanda però sorge spontanea: perché ostentare la sicurezza a tal punto, fino a sconfinare nella supponenza? Se la vittoria è già certa ancora prima di scendere in mare, perché Emirates Team New Zealand sta provando da giorni il doppio timoniere per la fase di partenza, soluzione inventata (e copiata…) da Luna Rossa? E perché alla base dei campioni in carica si fece letteralmente festa quando il CEO Grant Dalton annunciò che sarebbe stata una Coppa ventosa?

Luna Rossa fu sottovalutata dai britannici prima della Finale di Prada Cup, a tratti perfino snobbata. Si profetizzò addirittura che la flotta italiana sarebbe tornata a casa tra le lacrime. Sappiamo tutti com’è andata a finire. Oggi, come allora, Luna Rossa risponde con il silenzio. Ai proclami reagisce con il lavoro. Ormai è quasi abituata a venire etichettata come vittima sacrificale. Sin qui sono i fatti a parlare per gli uomini di Max Sirena. Con i neozelandesi sta andando in scena un film già visto con gli inglesi. E chissà che il finale sia meno scontato di quanto immagini Murray Jones.

Credit: Emirates Team New Zealand

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