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Editoriali

Meglio gli anni 1990-2000 o i 2010-2020? Le epoche d’oro dello sport italiano e gli ‘sfizi’ rimasti

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Jannik Sinner
Jannik Sinner / Lapresse

L’inebriante, storica vittoria di Jannik Sinner agli Australian Open ha regalato all’intero popolo italiano appassionato di Sport l’ennesima pagina trionfante degli ultimi anni, confermando quella che ormai è diventata un’espressione gaudente e clamorosamente ripetitiva: Italia caput mundi!

Per fortuna, si parla di conquiste sportive e non di conquiste militari (non ne abbiamo bisogno, grazie), di una felicità profonda difficile da narrare con lucidità che ci sta donando, senza-nulla-pretendere, momenti indimenticabili a prescindere dal sesso e dall’età dei beneficiari, un intimo orgoglio che sta facendo avvicinare sempre più persone al sano agonismo a 360° degli Sport di squadra, individuali, estivi, invernali, al maschile e al femminile.

Prima del “Messia Rosso” del tennis tricolore, gli appartenenti alla tarda Generazione Z e alla successiva Generazione Alpha, rispettivamente i nati dopo il Duemila e quelli venuti al mondo a partire dai primi anni Duemiladieci, avevano già beneficiato di notevoli picchi emozionali: su tutti, i due titoli MotoGP griffati Pecco Bagnaia, la Coppa Davis e la crescente, massiccia presenza degli atleti nostrani nell’élite tennistica planetaria, gli Europei di calcio, gli incredibili ori olimpici a ripetizione nella Regina degli Sport, in quel di Tokyo (semplicemente “extraterrestre” quello sui 100 m di Marcell Jacobs…); l’irresistibile Filippo Ganna e i/le padroni/e delle acque fra cui Ceccon, Martinenghi, Paltrinieri, Pilato, Quadarella, le ultime Pellegrini-Cagnotto, oltre al mai domo Settebello di Sandro Campagna. L’Italvolley giovane e vincente agli ordini di Fefè De Giorgi, le vittorie sulla neve di ogni latitudine da parte di Sofia Goggia, Federica Brignone e Michela Moioli nonché quelle con la carabina in spalla di Dorothea Wierer. E poi, ancora, i soliti “forzieri” scherma e tiro a volo, la “sentenza” Arianna Fontana, i più o meno recenti acuti (sorprendenti o attesi) nella ginnastica e nella boxe, in barca a vela, sui pattini da ghiaccio e persino nel pentathlon e nel curling!

Eppure, c’è una generazione di italiani decisamente più fortunata, anzi, probabilmente la privilegiata per eccellenza, in materia di gioie sportive indelebili: coloro che sono nati negli anni ’80. Essi ̶ tra i quali anche chi vi scrive ̶ non solo hanno goduto dei trionfi di cui sopra con la razionalità e la possibilità di “meglio comparare” appannaggio degli ultratrentenni / neoquarantenni, ma hanno anche potuto vivere emozioni divenute pietre miliari nella storia dello Sport e della società d’Italia: Tomba, la Compagnoni e Belmondo-Di Centa sugli sci, le leggendarie epopee di Armin Zöggeler, Valentina Vezzali, Giovanna Trillini, Federica Pellegrini, Johnny Pellielo, Alessandra Sensini, Josefa Idem e Antonio Rossi.

L’indimenticabile Pantani, lo “squalo” Nibali, l’Ingegner Campriani, la Ferrari mitologica di Schumacher, il guru Valentino Rossi e i voli iridati di Tony Cairoli, il calcio dominante con le Champions vinte dalle tre “fasciate” del Nord, i Mondiali del 2006; i pionieri italici delle piscine a Sydney 2000, Jury Chechi ad Atlanta 1996, il Setterosa imbattibile, l’epico maratoneta Baldini e il basket d’argento ad Atene 2004, nonché Campione d’Europa cinque anni prima. Gli Abbagnale dai remi dorati, l’unico titolo mondiale fin qui conquistato dall’Italvolley in rosa, la “Generazione di Fenomeni” allenata da Julio Velasco e quella al femminile del tennis, ugualmente straordinaria, già capace di primeggiare quasi ovunque.

Sicuramente avremo dimenticato qualche dolce diapositiva nel baule dei ricordi felici, altrettanto certamente nessuno può ancora dichiararsi sazio, che si appartenga alla Generazione Alpha, Z o Y (quest’ultima ingloba i nati tra l’inizio degli anni Ottanta, appunto, e la seconda metà degli anni Novanta), perché qualche “sfizio” andrebbe ancora soddisfatto, per chiudere il cerchio: ad esempio, il guizzo epocale di una Nazionale di rugby, di pallacanestro o la nascita di un movimento vincente degno di questo nome nella pallamano; un ritorno da protagonisti assoluti nel mondo dell’equitazione o in F1, magari, oppure sfatare finalmente la “maledizione olimpica” per antonomasia, vale a dire l’oro nella pallavolo.

Parafrasando un ormai arcinoto striscione esposto in onore di un altro grande personaggio dello Sport italiano, potrebbe essere il caso di dire ‘Speravo de nasce prima’, ma no… Meglio affermare ‘Speriamo di vincere ancora tanto e il prima possibile’, perché si tratta di momenti impagabili inseriti in un’esistenza (ahinoi) provvisoria che ti fanno piangere di contentezza, ti rendono fiero di “appartenere”, ti causano brividi adrenalinici positivi. Semplicemente perché è bellissimo.