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Vanessa Ferrari, Cigno d’Argento da Araba Fenice: memorabile medaglia alle Olimpiadi, consacrazione eterna

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Inseguita, sognata, desiderata, bramata. Voluta a tutti i costi, anche nei momenti più bui. Ragione di vita, motore che ha segnato una carriera intera. Ragione irrazionale che ha spinto a mille sacrifici, a digerire bocconi amari, a risalite incredibili, a voli pindarici. Tutto pur di acciuffare quel pezzo di metallo, il più ambito, quello che porta la dea Nike e i cinque cerchi. Vanessa Ferrari completa la sua rincorsa frenetica e conquista la tanta agognata medaglia: la Farfalla di Orzinuovi si mette al collo l’argento al corpo libero alle Olimpiadi di Tokyo 2021, offrendo una prestazione commovente e in grado di fare sgorgare lacrime sopite e di fare pulsare anche i cuori più docili. L’azzurra si regala una magia sublime ed emoziona chi l’ha seguita per tre lustri ai vertici, chi l’ha amata incondizionatamente, chi l’ha iniziata a seguire più tardi, chi l’ha apprezzata per la sua caparbietà leonina e per la voglia costante di rimettersi sempre in gioco.

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Vanessa Ferrari è stata semplicemente impeccabile sulle note di “Con te partirò”, il brano di Andrea Bocelli scelto appositamente per l’occasione e che ha messo tutti d’accordo, facendo venire la pelle d’oca anche alla giuria. La 30enne ha sciorinato 90 secondi di pura grazia, pennellando un quadro che davvero descrive la sua vita e la sua carriera: è stata un’interpretazione magistrale e segnante, una lezione di ginnastica artistica nel vero senso della parola, che andrà tramandata alle future generazioni che si avvicineranno alla Polvere di Magnesio. La Campionessa del Mondo 2006 non è soltanto acrobatica pura, come tante avversarie, ma è un concentrato di artisticità e di vibrazioni, di espressività e di emozioni indescrivibili.

Silivas piantato a terra in prima diagonale, tempo-Tsukahara impeccabile in seconda (inchiodato, su questa diagonale si ruppe il tendine d’Achille ai Mondiali 2017), benissimo la parte artistica che costituisce la parte centrale della sua prova e che risulta gradevole. Doppio raccolto in chiusura per andarsi a prendere un sogno. L’allieva di Enrico Casella spera nella vittoria, ma prima di lei si era esibita la statunitense Jade Carey, tutta acrobatica e poche emozioni: il suo esorbitante D Score di 6.3 l’aveva spedita a 14.366, Vanessa Ferrari ci crede e ci spera, ma manca qualcosina per andare ad arpionare l’oro. Il tabellone recita 14.200 (5.9 la nota di partenza, la differenza con l’americana sta tutta qui): secondo posto provvisorio, ma si capisce subito che la medaglia è quasi sicura e l’argento è a portata di mano. La giapponese Mai Murakami spaventa e aggancia la russa Angelina Melnikova per un bronzo condiviso (14.166), la brasiliana Rebeca Andrade sbaglia ed è quinta con 14.066 (oro al volteggio e argento all-around): l’azzurra festeggia con un sorriso enorme e lacrime nascoste.

Vanessa Ferrari si mette il cuore in pace dopo i dolorosissimi quarti posti di Londra 2012 (pari merito con Aliya Mustafina, ma il bronzo finì al collo soltanto della russa) e di Rio 2016 (errore nel finale e addio sogni di gloria). Sono state proprio quelle delusioni a smuovere il cuore della nostra capitana e a convincerla a proseguire la propria carriera: è risalita dalla rottura del tendine d’Achille (quando quasi tutti la davano per finita), è ripartita dalla Coppa del Mondo, ha dovuto superare il virus, si è qualificata all’ultimo respiro tramite il circuito di Coppa, doveva gareggiare da individualista e invece è stata inserita in squadra, ha sfiorato il podio nel team event e oggi si è consacrata. Una carriera magica e irripetibile, che davvero ha cambiato i connotati della ginnastica artistica alle nostre latitudini e l’ha proiettata in una nuova dimensione.

Quindici anni fa si laureò Campionessa del Mondo, oggi sale sul podio olimpico: in mezzo una vita intera, da film, da favola. Eroina immortale, imperitura memoria, favola dell’Araba Fenice. Ah, l’Italia aveva vinto soltanto una medaglia olimpica nell’artistica femminile prima di oggi: argento nella gara a squadre ad Amsterdam 1928, la bresciana ha fatto sventolare il tricolore dopo 93 anni. Non ci sono più parole, se non un grazie immenso che trascende l’impossibile.

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Foto: Lapresse

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