Tennis
Jannik Sinner e Carlos Alcaraz, sono sempre loro anche al Six Kings Slam 2025
Non ci si può nascondere: fino ad ora il Six Kings Slam 2025, rispetto al 2024, di spettacolo non ne ha regalato tantissimo. E non è tanto la questione della durata delle partite, perché si può avere alto livello anche in poche decine di minuti. Il fatto è che si è visto un livello, fino a questo momento, per il quale un giocatore in campo si è sempre dimostrato palesemente superiore, vuoi per un motivo vuoi per un altro, all’altro. Chissà se l’ultima giornata renderà tutto questo meno reale.
Ed è un’ultima giornata che, al di là della finale per il 3° posto tra Taylor Fritz e Novak Djokovic, proporrà come piatto forte l’ormai ennesima puntata del duello che caratterizza, e probabilmente caratterizzerà, almeno i prossimi due o tre anni del tennis mondiale. Quello tra Jannik Sinner e Carlos Alcaraz. I due si sono aggiudicati due Slam a testa, Alcaraz è stato più pronto nei Masters 1000, ma su questo dato pesa una cosa: il fatto che Sinner ne abbia saltati ben quattro a causa dello stop di tre mesi. E quattro su nove non sono esattamente pochi.
Quando si incontrano Sinner e Alcaraz, oramai, è come se il tennis si fermasse in toto per scoprire cos’altro può accadere tra i due. Nell’edizione 2024 fu Jannik a prevalere in rimonta, quest’anno il pronostico non può che restare incerto. Il metro della questione lo offre un dato particolare: i due, nelle sfide al meglio dei tre set su cinque (due su tre, come domani, è un discorso già diverso), mai sono riusciti a battersi l’un l’altro senza concedere parziali a chi è dall’altra parte. Sinner ha sconfitto Alcaraz per due volte in quattro set, lo spagnolo ci è riuscito per la prima volta agli US Open quest’anno, per il resto sfide al quinto, a volte anche esaltanti tra US Open e Roland Garros.
Quella di domani, giocoforza, sarà una giornata ben differente, ma non per questo meno tesa. Il fatto è che non ci sono punti in palio, questo è vero, ma ci sono sei milioni di dollari, che ancora non sono stati avvicinati neppure dagli US Open, che quanto a montepremi non lesinano di certo sforzi. E, come ha detto Sinner dopo il match con Tsitsipas, si mentirebbe se non si dicesse che anche quel montepremi un certo peso ce l’ha. E poi c’è anche il campo di partecipazione, che è pur sempre quello che vede in campo praticamente tutti i massimi esponenti del tennis odierno.
In breve, il Six Kings Slam sta facendo su scala più rumorosa, e in piena stagione tennistica, quello che voleva fare anche l’esibizione di Abu Dhabi dal 2009 in avanti: imporsi come un evento all’attenzione di tanti. E anche di quella il format era simile: due quarti, semifinale e finale. La giocarono a più riprese tutti i Big 4, e fece in tempo a disputarla una volta anche Alcaraz. Oggi, però, l’indubbia esposizione del pieno della stagione rispetto al dicembre-gennaio offre un tipo di piattaforma ben diverso. E a garantire il successo è forse proprio questo: una collocazione in cui i giocatori devono, giocoforza, essere in forma in vista del finale di stagione, tra Vienna, Parigi e le Finals. E, per qualcuno, anche la Coppa Davis.
