TennisUS Open
Jannik Sinner, corsa notturna verso la finale agli US Open contro Auger-Aliassime. Alcaraz-Djokovic nella sera italiana
Sono diversi i motivi d’interesse legati alle due semifinali degli US Open 2025. Il principale, in casa Italia, si lega inevitabilmente al nome di Jannik Sinner. Il numero 1 del mondo, che arriva dal derby vinto con grandissimo merito contro Lorenzo Musetti, è atteso a continuare la rincorsa al bis in quel di New York. Dall’altra parte della rete ci sarà, nella notte della Grande Mela, Felix Auger-Aliassime.
Per il canadese, che era riuscito a mettere insieme due ottimi mesi all’inizio dell’anno, a favore ci sono i precedenti, in cui è avanti ancora 1-2. Il problema, però, per lui è proprio quell’1. Sinner, infatti, ha letteralmente demolito il giocatore di Montreal per 6-0 6-2 nei quarti di finale del Masters 1000 di Cincinnati solo poche settimane fa. Condizioni diverse, situazione ambientale anche con poco di comparabile rispetto a New York, ma nel mezzo l’impressione di un Auger-Aliassime non più in grado, rispetto al 2022, di trovare armi per contrastare qualunque colpo proposto da Sinner.
E del resto il canadese ha dovuto penare parecchio per riuscire ad avere ragione di Alex de Minaur nei quarti. Contro l’australiano, ad ogni modo, è arrivata una vittoria di notevole importanza, benché ottenuta al limitare delle quattro ore e con un carico di tensione evidente sia per l’uno che per l’altro. Si tratta del suo ritorno in semifinale a quattro anni dal 2021, quando sulla strada ebbe il Bautista Agut di allora, Tiafoe ed il primo Alcaraz (che si ritirò a metà secondo set) prima di perdere da Medvedev. Di Montreal è anche Greg Rusedski, ma siccome lui è arrivato in finale nel 1997 quando già rappresentava il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, ecco che Auger-Aliassime può diventare il primo battente bandiera canadese a raggiungere l’ultimo atto a New York.
Certo, dall’altra parte c’è un Sinner che, dopo la giornata difficile vissuta con Shapovalov, o meglio nei primi due set e mezzo, è diventato un’autentica macchina che tutto si porta via e nulla lascia d’intentato. La continua corsa parallela con Alcaraz, il tentativo di chiudere la stagione Slam con un altro successo, la sfida infinita per il numero 1 che al momento è a distanza e tanti altri sono gli argomenti. Prima, però, c’è da affrontare questo che può essere il penultimo ostacolo: un giocatore che nelle sue giornate migliori sa colpire di dritto come pochi e soprattutto sa come mettere pressione e anche come girare lo scambio a proprio favore
Jannik dovrà tenere alto il ritmo e garantirsi quella combinazione di profondità e anticipo sulla palla che è stata caratterizzante sia contro Bublik che, in certa misura, anche contro Musetti. Sarebbe la sua seconda volta in una finale-bis negli Slam, ed è già a quota otto semifinali negli ultimi dieci, un ruolino di marcia tenuto dal solo Djokovic (Alcaraz è a 7). E poi c’è un’altra, particolare corsa: dalla cinquina 2004-2008 di Federer nessuno si è più ripetuto in anni consecutivi. Qui la corsa è ancora aperta.
Nel pomeriggio newyorkese, o meglio nella serata italiana, ci sarà l’altra semifinale, quella che molti attendevano e anche speravano di vedere dal momento del sorteggio: quella tra Novak Djokovic e Carlos Alcaraz. Bisogna subito essere molto chiari: per quello che si è visto nel torneo lo spagnolo è favorito. Non ha perso un set, ha tenuto ritmi insostenibili per molti, ha mantenuto una costanza che finora non era mai stata la sua qualità principale. In breve, sta cercando di aggiungere al proprio repertorio la qualità che ormai è spesso associata a Sinner. E anche, perché no, di realizzare qualcosa di mai accaduto: nessun giocatore nella storia ha mai vinto gli US Open senza perdere alcun set.
C’è però un problema, e neanche di poco conto: non è solo il tennis di Djokovic (che pure di set ne ha persi tre sulla strada) a crear problemi ad Alcaraz, ma anche la capacità di giocare di mente da parte del serbo. Se la finale olimpica giocata al Roland Garros è stata soprattutto una sfida di tennis, forse (finora) l’ultima prestazione concretamente grande dell’ex numero 1 del mondo, il quarto di finale degli Australian Open ha avuto una vita diversa. Una vita che parla di Djokovic capace di irretire pian piano Alcaraz, di confonderlo, di non fargli capire più quale tattica adottare in qualsiasi condizione. La sintesi di molti è forse anche ben riuscita: si fosse trattato di Sinner, Djokovic avrebbe avuto meno chance per diversi motivi, mentre con Alcaraz riesce a giocarsela di più perché è in grado di entrare nella mente dello spagnolo. O almeno lo è stato fino a Melbourne: ora chissà.
Certo è che i precedenti dicono 5-3 per il serbo e, finora, di partite nette tra i due se ne sono viste poche. L’esplosività tipica del murciano si confronterà con una versione del serbo che conta sia sulla solidità e sull’arma più grande che ha, l’anticipo sulla risposta, sia su qualcosa che l’ex numero 1 ha da sempre: la capacità di saper imporre la propria personalità. Un piano, questo, sul quale sono stati in pochissimi a poter competere: Federer, Nadal e Murray in primis, almeno per quel che riguarda il fatto costante, e poi Sinner e per certa misura lo stesso Alcaraz. Ma l’impresa rimane comunque notevole per lui: pur non avendo raggiunto alcuna finale, a 38 anni è arrivato in semifinale in tutti gli Slam. E quest’anno la triade Sinner-Alcaraz-Djokovic, negli Slam, ha semplicemente avuto qualcosa in più. Anzi, molto in più.
