Editoriali
Jannik Sinner vittima sacrificale di una viscida vicenda politica: la vittoria di Pirro della WADA

La vicenda legata alla positività al Clostebol di Jannik Sinner si è finalmente conclusa, lasciando un senso di profonda amarezza. Il patteggiamento, in ambito giuridico, non è altro che una pena concordata tra le parti, che in questo modo evitano il dilungarsi delle procedure processuali. Scendendo a patti con la WADA, il n.1 ha ammesso una infrazione. Ovviamente non legata all’uso intenzionale di sostanze dopanti, bensì relativa alla responsabilità oggettiva. Secondo la WADA, Sinner era responsabile del comportamento dei propri dipendenti ed è stato colpevole di non aver vigilato abbastanza. Fin dove può spingersi però la responsabilità oggettiva? Può violare i confini della privacy personale? Sinner, datore di lavoro di Giacomo Naldi, come avrebbe potuto sincerarsi dell’utilizzo o meno di creme da parte del suo preparatore atletico, un professionista, magari all’interno della propria abitazione? Forse piazzando delle telecamere interne? Chiaramente no, si tratta di una mera ed esagerata provocazione. E allora? Di sicuro si crea un precedente molto pericoloso.
A nostro avviso non esisteva alcuna responsabilità oggettiva da parte di Sinner, innocente in tutto e per tutto anche sotto questo profilo, come d’altronde accertato in primo grado dal tribunale indipendente dell’ITIA. È probabile che il fuoriclasse italiano, consigliato dal folto stuolo di legali, abbia propeso per questa soluzione perché c’era il sentore che la vicenda potesse terminare in maniera ancora peggiore, magari con un anno di squalifica sul groppone. D’altronde il classe 2001, suo malgrado, si è ritrovato in mezzo alla più becera e putrida delle questioni politiche.
In questi mesi è in ballo la sopravvivenza stessa della WADA. Un ente finito nell’occhio del ciclone da anni per una gestione sconcertante del sistema antidoping, con una serie di scandali vergognosamente insabbiati come l’Operacion Puerto (scoppiato nel 2006 e legato al doping di Stato in Spagna, i cui nomi degli atleti coinvolti non sono mai stati, volutamente, resi noti) o i 23 nuotatori cinesi risultati positivi prima delle Olimpiadi di Tokyo 2021, graziati con una semplice e figurata pacca sulle spalle. Di recente il neo-presidente americano Donald Trump ha fatto sapere di aver bloccato il pagamento del contributo annuale alla WADA da parte degli Stati Uniti: parliamo di 3,6 milioni di dollari. Suo figlio ha persino ventilato la boutade di organizzare una Olimpiade riservata ai dopati!
Insomma, la WADA doveva pur fare qualcosa per dimostrare al mondo di avere ancora un senso d’esistere. Per questo si è accanita contro Jannik Sinner. E non esiste altro verbo che renda l’idea. Serviva uno scalpo che facesse clamore da poter ostentare al mondo, a tutti i costi e dalla capigliatura rossa. Nessuna pietà, neppure per una vicenda che, dal 2027, non avrebbe portato ad alcun tipo di sanzione, a seguito di una modifica normativa voluta dalla WADA stessa. L’Agenzia Mondiale Antidoping è ben conscia dell’assurdità di quanto accaduto, tanto che ciò l’ha spinta anche ad una evoluzione normativa. Ma Sinner andava squalificato comunque! Era l’agnello sacrificale da immolare per poter affermare pateticamente: “Esistiamo ancora, contiamo per davvero. Con noi i dopati non la fanno franca“. Obiettivo raggiunto o vittoria di Pirro?
Come sarebbe finita se Sinner avesse seguito l’iter processuale al TAS? Sarebbe stato assolto e ne sarebbe uscito senza alcuna ombra? Sull’argomento si era espresso diverse volte Massimiliano Ambesi nel corso delle puntate di Tennis Mania sul canale Youtube di OA Sport. Inoltre diversi casi simili, tra cui quello del calciatore Palomino e della giocatrice di curling Briane Harris, lasciavano propendere per un verdetto inevitabilmente favorevole per l’italiano. Perché dunque non andare sino in fondo? Il peso politico della WADA avrebbe potuto in qualche modo influenzare la decisione dei giudici? Non lo sapremo mai. Sinner stesso ha spiegato di voler mettere la parola ‘fine’ ad un periodo tormentato della sua vita, temendo che la sentenza si facesse attendere magari al crepuscolo del 2025.
Il patteggiamento, di per sé, è una soluzione che va bene a tutti. La WADA pensa di aver salvato la reputazione e sfoderato la forza del proprio bicipite, dimostrandosi inflessibile anche con il n.1 al mondo di uno degli sport più popolari al mondo; Sinner, sforzandosi di guardare il bicchiere mezzo pieno, sconterà la squalifica proprio nel periodo migliore possibile, di fatto rientrando per gli Internazionali d’Italia a Roma e non saltando neppure uno Slam. Resta tuttavia una ferita che solo il tempo potrà rimarginare e un intollerabile senso di ingiustizia da metabolizzare.