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MotoGP, Aprilia orgoglio italiano. In Australia la vittoria 300 e la consapevolezza che il Mondiale in top-class non è un sogno

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Marco Bezzecchi
Marco Bezzecchi / MotoGPpress.com

Il Gran Premio d’Australia di MotoGP è stato dominato dall’Aprilia ed è questo il tema principale fornito dal tracciato di Phillip Island, dove peraltro domenica la Casa di Noale ha conseguito la vittoria numero 300 della sua storia nel Motomondiale. Si ragiona, ovviamente, in termini assoluti. Se guardiamo alla classe regina, le affermazioni sono sei.

C’è però una profonda differenza fra quella conseguita domenica 19 ottobre e le cinque precedenti. Quella di Raul Fernandez è giunta con la struttura satellite, messa in piedi in fretta e furia dopo il cappottamento del Sepang Racing Team a fine 2023. Trackhouse racing si gode il successo e un plauso va anche a Davide Brivio, il quale sta assumendo i contorni del ‘Re Mida’. Ovunque metta mano, trasforma in oro quanto viene toccato.

D’accordo, nella MotoGP odierna il confine tra squadra ufficiale e struttura privata si è fatto molto labile, soprattutto se i mezzi utilizzati sono i medesimi. Però, quando a vincere non è il Factory Team, bensì una moto inserita in un’entità satellite, ci si trova di fronte al segnale di come quel progetto sia di qualità.

Aprilia ha vinto e stravinto nelle categorie inferiori, soprattutto negli anni ’90, quando il Motomondiale aveva dinamiche diverse da quelle attuali. La 125cc e la 250cc non erano “classi minori” come le attuali Moto3 e Moto2, bensì differenti espressioni del motociclismo di alto livello. Non valevano la 500cc, ma si parlava di contesti fatti della stessa pasta.

Avendo scomodato ‘Re Mida’ in precedenza, si può affermare che tra la ‘mezzo litro’, la ‘quarto di litro’ e l’’ottavo di litro’ intercorresse la stessa differenza che può esserci fra diverse qualità di oro, cambiavano i carati. Viceversa, l’attuale MotoGP è l’unico contesto aureo, mentre Moto2 e Moto3 sono fatte di metalli meno pregiati.

Aprilia sapeva imporsi in quei contesti, ma al livello più alto faceva la figura del vaso di coccio in mezzo a quelli forgiati con l’acciaio giapponese. La Casa di Noale usciva costantemente in frantumi dal confronto diretto con Honda, Yamaha e Suzuki. Poi, quando arrivò la rivoluzione dei quattro tempi, incappò in un buco nell’acqua, tanto da essere spinta al ritiro.

Il rientro è stato sofferto, ma ormai da un quadriennio si parla di una realtà vincente, almeno sulla gara secca. L’ambizione dichiarata è però quella di diventare davvero grande, di conquistare il Mondiale. Ebbene, quanto stiamo vedendo nel 2025 dimostra come Aprilia ci possa davvero provare.

La moto c’è, i piloti anche, soprattutto se Jorge Martin dovesse mettere “la testa a posto” e tornare quello del biennio 2023-2024. Però Marco Bezzecchi non è da meno, anche lui deve mettere “la testa a posto”, nel senso di maturare definitivamente. Il talento c’è, è unanimemente riconosciuto, bisogna solo metterlo a frutto.

Ci si dimentica troppo facilmente di come Aprilia sia espressione del Gruppo Piaggio, un colosso dell’industria motoristica nostrana. Tutto italiano, senza proprietà di ascendente teutonico, americano od olandese. Un orgoglio tricolore, in tutto e per tutto. MV Agusta è stata il passato, Ducati è il presente. Aprilia sarà il futuro? Magari non domani (2026), ma il dopodomani (2027) è terra incognita, tutta da conquistare. Come lo fu l’Australia in un tempo andato.