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Francesca Clapcich verso il Vendée Globe: “Una sfida personale, non penso ai record”
Francesca Clapcich, protagonista assoluta della vela mondiale, è stata ospite a Mare Aperto, trasmissione condotta da Stefano Vegliani che va in onda sul canale YouTube di OA Sport, dove ha parlato, tra l’altro, della partecipazione, prevista nel 2028, al Vendée Globe, il giro del mondo in solitaria senza scalo.
L’azzurra, che ha anche il passaporto statunitense, gareggerà nell’occasione con la doppia bandiera: “L’obiettivo è quello di averle tutte e due, perché comunque lo sponsor è americano, un’organizzazione di Newport, nel Rhode Island, che è della velista che ha vinto la Barcolana due anni fa, ci sono così tante connessioni, è un mondo piccolo quello della vela. Io sono nata e cresciuta a Trieste, e quindi per me comunque avere la bandiera italiana a bordo della barca è qualcosa di veramente importante. Nessuna donna italiana, ma nemmeno nessuna donna americana ha mai fatto il Vendée Globe nella storia, quindi per me è un grande onore. Per fortuna finalmente ce ne sono di più, fanno risultati molto buoni, anche perché è stato battuto di quasi 10 giorni il record femminile del Vendée Globe nell’ultima, quindi veramente il livello della vela femminile in oceano è di altissimo livello. Veramente anche da parte degli sponsor si vede come la vela femminile, secondo me, attrae molte più, e quindi anche gli sponsor si stanno rendendo conto che è importante avere skipper donne in eventi del genere“.
L’imbarcazione che utilizzerà ha spiccate differenze con le barche usate in passato: “Negli interni tutta la parte ergonomica all’interno delle barche è molto diversa, ma poi anche proprio le linee di carena, i foil e proprio come la barca si muove sull’acqua, ha dei comportamenti completamente diversi. Sicuramente è una barca che non è proprio una barca mediterranea, mettiamola così, nel senso che è forse una delle barche, tra virgolette, più estreme a livello di linee di carena, per quanto riguarda proprio le condizioni di vento molto forte, onda formata. È una barca affidabile, comoda, dove puoi veramente passare anche del tempo stando in piedi, riuscire ad avere un po’ più di comodità a bordo, una barca che comunque in condizioni di vento, di onda fortissima, vento molto forte, onda formata, riesce a performare molto bene perché alla fine in un giro del mondo, una volta che arrivi più o meno a Cape Town, poi un bel pezzo di regata te lo fai in condizioni veramente estreme“.
Sarà l’occasione anche per raccogliere dati e lanciare messaggi importanti: “Prendiamo la misura della temperatura, la salinità, l’acidità dell’acqua, le microplastiche, abbiamo un GPS, ogni volta che i dati vengono raccolti sappiamo esattamente da dove sono stati raccolti, e quella è una parte fondamentale del lavoro che facciamo, perché in certi momenti navighiamo in luoghi che sono talmente remoti, siamo gli unici a raccogliere i dati in quei posti lì. Questo lo fanno quasi tutte le barche, non è obbligatorio, però è una cosa che ovviamente a me personalmente sta a cuore, allo sponsor sta a cuore, quindi vogliamo assolutamente portare avanti. Abbiamo dei messaggi di sostenibilità sociale, come li chiamiamo noi, molto forti, e stiamo cercando di utilizzare lo sport perché è un grandissimo mezzo per riuscire a mandare messaggi molto forti per sensibilizzare su tematiche più sociali, come il cambio climatico e l’inquinamento, che è sempre un problema molto grande per le comunità più disagiate. Noi che stiamo abbastanza bene sentiamo gli effetti ma sono limitati, ma per le comunità marittime che vivono giorno dopo giorno questi effetti, il cambio è stato drammatico, e per rendere questo sport un po’ più accessibile, specialmente a tante minoranze e a molte più donne, a molte più persone che arrivano da comunità meno agiate, dove questo sport è ancora molto elitario, l’accessibilità è limitata, i costi sono molto cari, quindi cercheremo veramente di avere dei progetti all’interno del nostro team, dove abbiamo un programma di stagisti fatto bene, dove vengono pagati per il lavoro che fanno, e cerchiamo di creare collaborazioni molto strette con le organizzazioni, che già stanno facendo molto lavoro“.
Il programma per il 2026: “L’anno prossimo è una stagione, diciamo, incentrata sul solitario, e quindi ovviamente sarà il primo impatto con la barca da sola, ci sarà la prima regata in solitario che farò, quindi per me è ovviamente un grande step, poi ci sarà la regata che parte da New York ed arriva a Barcellona, tra fine agosto ed inizio settembre, ed è una regata in equipaggio misto, quindi 50% donne e 50% uomini a bordo, e poi a fine anno un po’ l’evento clou, che poi è anche la prima qualifica per il Vendée Globe, la transatlantica in solitario, e quella veramente è un po’ l’obiettivo, diciamo, della prossima stagione“.
I prossimi step da affrontare per poter navigare in solitaria: “Ci penso quasi ad ogni manovra che facciamo, ogni tanto ci troviamo in queste situazioni un po’ più complesse di cambi vela, di manovre, e tra farle con quattro persone a bordo rispetto a farle da sola sarà uno step enorme, è questione veramente di tempistiche, e penso che ovviamente quando sei in barca da sola devi riuscire veramente a gestire le tempistiche per essere sempre un passo un pochino in anticipo rispetto a quello che poi succederà, e ovviamente cerchi di spingere sempre la barca al massimo, ma non è mai il livello con cui la spingi in equipaggio. Spesso, magari hai bisogno comunque di tempo per fare tutte queste manovre, quindi quella è la parte forse più importante che devo imparare nei prossimi anni, nei prossimi mesi, e poi la gestione personale a livello comunque di preparazione mentale, preparazione fisica, riposo, micro sonni, quella è una parte ovviamente di performance umana che è fondamentale. Sicuramente le differenze fisiche tra uomo e donna ci sono, non è che uno le può nascondere, tra virgolette, però in realtà ogni tanto guardo anche gli altri skipper e, insomma, non è che siano dei dei marcantoni, sono comunque abbastanza piccoli. Queste barche in realtà sono molto piccole all’interno, quindi anche la parte ergonomica, se sei molto grande, diventa difficile da gestire, però sicuramente ci sono delle differenze fisiche ovvie, ma penso che in una regata come il Vendée Globe le paghi meno, il limite fisico influenza meno la performance“.
Nel caso in cui dovesse portare a termine il Vendée Globe, Clapcich completerebbe una sorta di Grand Slam della vela, avendo già disputato Olimpiadi, Coppa America ed Ocean Race: “Non ho mai fatto niente per i record, l’ho sempre fatto o per passione o comunque per la sfida che c’è dietro. Poi, qualche mese fa, parlando così un po’ con il mio team, mi fanno ‘Guarda che secondo noi nessuno l’ha fatto’. Non lo so, quasi non mi interessava, nel senso che comunque per me il Vendée Globe è una sfida con me stessa, una sfida comunque a livello professionale, a livello anche personale, e non lo faccio per i record, non ho mai fatto niente per i record. Ovviamente sarebbe un onore, qualcosa che entra nel campo delle statistiche, è una statistica, ma le motivazioni dietro sono molto diverse“.
