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Jannik Sinner sbriga la pratica Martinez e avanza agli ottavi a Wimbledon

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Jannik Sinner
Sinner / LaPresse

Nessun problema per Jannik Sinner nel terzo turno di Wimbledon. Il numero 1 del mondo approda per la quarta volta consecutiva agli ottavi dei Championships demolendo per 6-1 6-3 6-1 lo spagnolo Pedro Martinez, che le prova tutte per avere qualche arma soprattutto nel secondo set, ma oggi non è proprio il giorno in cui può impensierire il numero 1 del mondo. Prossima sfida quella con uno tra il bulgaro Grigor Dimitrov e il sorprendente austriaco Sebastian Ofner.

Si inizia con il Centre Court coperto, e ci vogliono appena sette minuti affinché Sinner trovi il primo break del match, sovrastando di potenza Martinez. Il tutto sotto occhi speciali, visto che nel Royal Box ci sono, tra gli altri, Andy Roddick, Billie Jean King e Steve Redgrave. Non si placa Jannik, che riesce a leggere spesso in anticipo i piani dello spagnolo: 4-0 e poi 5-0, anche se va detto che Martinez appare meno incisivo del solito (e della sfida con Navone) a livello fisico. Nulla che tolga credito al numero 1 del mondo, questo è vero, ma sul 5-0 i sospetti di molti (dati da un servizio che va molto più piano del solito) diventano realtà: Martinez chiama medical timeout perché qualcosa non va alla spalla destra. Di qui in avanti lo spagnolo riesce a vincere sei punti di fila, giocandosi pure qualche jolly, ma Sinner è attento e porta a casa il 6-1 in 32 minuti (sarebbe qualcuno in meno, in virtù dell’intervallo medico).

Un paio di game senza reali ordini di emozioni, i primi del secondo set, anche se si vede un Martinez che cerca in qualsiasi modo di variare il gioco (e se la cava in maniera molto valida). Sull’1-2 Sinner è costretto a difendersi sul 15-30 e seconda, ma lo spagnolo affossa a metà rete la risposta. il resto lo fa Jannik, che nel giro di pochi minuti si riattiva in maniera significativa e strappa la battuta all’iberico. Una chance del 5-2 se ne va con Martinez che, ad ogni modo, continua a giocare cercando di variare il più possibile. Un attimo di distrazione e il numero 1 del mondo finisce sotto 0-30 sul 4-3; un altro dritto mal giocato sul 30-30 vale la palla del controbreak a Martinez, annullata con una combinazione servizio-dritto in avanzamento. Di salvataggi Sinner ne deve effettuare altri tre: su due lo spagnolo regala, sul terzo c’è l’ace. E poi, per salire sul 5-3, tira fuori dal cilindro un numero vicino alla rete. Arriva in risposta il set point, che se ne va con un rovescio largo, ma è il secondo a regalare spettacolo: dritto agganciato in corsa sulla volée di Martinez, palla che resta dentro e 6-3.

Il terzo parziale inizia sostanzialmente con il primo, con un break che arriva da parte di Sinner stavolta in otto minuti e non in sette, ma la sostanza è sempre quella: 2-0. Di fatto la partita è molto indirizzata, con l’azzurro che si ritrova omaggiato (da caduto) di un paio di ulteriori di palle break per rendere il discorso conclusivo in modo definitivo. La seconda vede Jannik giocare lo schema palla corta-pallonetto-smash con totale sicurezza: è un 4-0 che di fatto chiude i conti. E l’azzurro non ha nemmeno una gran voglia di concedere un game a Martinez, visto che va a guadagnarsi due match point non consecutivi. Complice qualche palla fuori misura del numero 1 lo spagnolo quel gioco lo vince, prolungando di qualche minuto la permanenza sul Centre Court. Sinner la chiude con due ace e una prima vincente: 6-1, un’ora e 55 minuti.

Tutto molto tranquillo per il numero 1 del mondo: 46-31 il rapporto vincenti-errori gratuiti contro il 12-23 di Martinez, anche se resta da far salire il 58% di prime in campo (vero è che i punti vinti sono il 79% con la prima e il 61% con la seconda). E c’è un record particolare: in Era Open mai nessuno compreso tra le maggiori teste di serie aveva concesso meno game nei primi tre turni a Wimbledon. Sinner ne ha persi 17, il primatista era Roger Federer nel 2004 con 19. Allargando il discorso si può comunque trovare Jan Kodes nel 1972 che cedette anche lui soli 17 game: era numero 5 del seeding (e l’anno dopo, quello del boicottaggio, fu lui a vincere il torneo).

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