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Jannik Sinner, un caso di ingiustizia? Un insider della WADA: “Con le regole del 2027 avrebbe ricevuto una tirata di orecchie”

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Jannik Sinner
Sinner / Olycom LaPresse

Il caso è chiuso, ma fa ancora tanto discutere. Continuano a esserci diverse chiavi di lettura in merito alla vicenda “Clostebol” di Jannik Sinner. La doppia positività alla sostanza citata nei test antidoping effettuati nel Masters1000 di Indian Wells dell’anno passato hanno dato il via a un dibattito legato alla lotta contro chi bara e altera le prestazioni sportive.

Sinner non rientra nel novero dei “dopati” come accertato sia dall’ITIA che dalla WADA, vista anche l’analisi dei risultati nei test di un’intera annata dell’altoatesino effettuata dall’Agenzia mondiale dell’antidoping. Si è dibattuto sul tema della responsabilità oggettiva. WADA per mesi ha puntato sull’applicazione dell’articolo 10.6.2 del Codice. Si parla di un caso in cui l’atleta non presenta colpa o negligenza significativa, ma non possa imputare la positività a un “prodotto contaminato”. Si prevede in tale circostanza una possibile riduzione della pena solamente fino al 50% del massimo previsto, quindi fino a un anno.

In primo grado, invece, il Tribunale Indipendente convocato dall’ITIA si era avvalso di un altro articolo, il 10.5, secondo cui qualsiasi sanzione viene annullata in caso di assenza di colpa o negligenza. Questo perché? Come si legge nel Comment, questa norma può essere usata solo in circostanze eccezionali come in quella di Sinner. Nella misura in cui l’altoatesino non sapeva e non avrebbe potuto ragionevolmente sospettare che il Clostebol fosse presente nel luogo in cui si trovava e il fisioterapista Giacomo Naldi avesse usato il noto Trofodermin per medicare il suo dito (non sapendo che contenesse il principio attivo citato), la sentenza aveva stabilito che il giocatore avesse esercitato la massima cautela e fatto tutto il possibile per evitare una positività, potendosi così avvalere dell’articolo citato.

Ed ecco che è apparso decisamente contraddittoria nell’accordo siglato tra i legali del giocatore e l’Agenzia, la condotta di quest’ultima, avendo deciso di ridimensionare la propria proposta di condanna (3 mesi): “I fatti di questo caso, come delineato nella prima decisione, erano davvero unici e diversi da altri casi che riguardavano la somministrazione da parte del personale di supporto dell’atleta. In effetti, questo non era un caso di somministrazione diretta da parte dell’entourage dell’atleta, ma di assorbimento transdermico perché il massaggiatore dell’atleta (all’insaputa dell’atleta) aveva trattato un taglio sul dito con un prodotto contenente Clostebol“, si legge nel comunicato.

Vien da chiedersi perché non ci si è avvalsi allora del 10.5 in cui, come ricordato dal collega Massimiliano Ambesi, nelle note esplicative si parla di assenza di colpa e negligenza in casi eccezionali (exceptional circumstances). In questo modo si è concretizzata una condanna: “Al fine di difendere l’importante principio secondo cui gli atleti sono effettivamente responsabili delle azioni del loro entourage“.

ARTICOLI CODICE WADA

Comment: “(Gli articoli 10.5 e 10.6) si applicano solo in circostanze eccezionali, ed esempio quando un atleta è in grado di provare che, nonostante tutta la dovuta attenzione, è stato sabotato da un avversario. Al contrario, l’assenza di colpa o negligenza non si applica nelle seguenti circostanze: A) Una positività derivante da una vitamina o un integratore alimentare etichettato in modo errato o contaminato (gli atleti sono responsabili di ciò che ingeriscono). B) La somministrazione di una sostanza proibita da parte del medico o dall’allenatore dell’atleta senza che l’interessato lo sappia (gli atleti sono responsabili della scelta del personale medico e devono avvisarlo del fatto che non possono prendere sostante proibite). C) Sabotaggio di cibo o bevande da parte di un coniuge, allenatore o altre persone nella cerchia professionale dell’atleta (gli atleti sono responsabili di ciò che ingeriscono e della condotta delle persone a cui affidano l’accesso al loro cibo e alle loro bevande). Tuttavia, a seconda dei fatti unici di ogni singolo caso, una delle qualsiasi situazioni a cui si fa riferimento potrebbe comportare una sanzione ridotta ai sensi dell’articolo 10.6, in base a colpa o negligenza non significative“.

 

Ma cosa avrebbe potuto fare di più Sinner? Non lo sapremo mai e nei fatti si deve prendere atto di una sanzione nell’assoluta certezza dell’estraneità dell’atleta in questione a qualsiasi illecito. A questo proposito, stride anche quanto riportato da BBC Sport su Insider dalla WADA: “Sinner avrebbe ricevuto soltanto una tirata di orecchie“, in riferimento al cambiamento di regole dal 2027.

Dal 1° gennaio dell’anno menzionato vi sarà un’estensione del concetto di “Prodotto contaminato”, che diventerà “Fonte di contaminazione”. Una modifica sostanziale in cui si contempla anche la trasmissione accidentale di una sostanza proibita, cosa che attualmente non è prevista nel Codice. La questione legata al pusterese sarebbe stata analizzata, infatti, secondo l’attuale articolo 10.6.1 che consente di ridurre la squalifica anche del 100% in base al livello di colpa o negligenza riscontrato nell’atleta. In altre parole, è altamente probabile che con le modifiche, Jannik non sarebbe andato neanche in giudizio. Siamo quindi in presenza di un atto di ingiustizia, in cui si sacrifica un innocente per la salvaguardia di un sistema fallace?

Chissà se le elezioni per nominare il nuovo n.1 dell’Agenzia (29 maggio 2025) abbiano inciso sull’agire dell’attuale governance, volendo perseguire un nome forte (Sinner) attraverso cui dimostrare la propria esistenza e meritarsi una riconferma.

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