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Sci di fondo, Caterina Ganz unico segnale sullo schermo radar del disperso movimento italiano femminile

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“Se non potete parlare bene di una persona, non parlatene” è una frase attribuita a Rosa Falasca, madre di Giulio Andreotti. Proprio per questo, nell’effettuare un’analisi della prima parte della stagione dell’Italia dello sci di fondo femminile, ci si limiterà a parlare di una sola azzurra, ovvero Caterina Ganz.

La ventisettenne trentina ha ribadito di essere diventata la nuova leader del movimento e rappresenta l’unica per cui si può davvero spezzare una lancia. Soprattutto perché non si è accontentata, ma ha cominciato l’inverno evidenziando quello che può essere definito un progresso rispetto al 2021-22. Non tanto per i piazzamenti, sulla cui valutazione bisogna sempre tenere presente la tara rappresentata dall’assenza della Russia, quanto per il distacco dalle primissime posizioni.

Ganz ha saputo chiudere leggermente la forbice rispetto a chi lotta per le vittorie e i podi. L’angolo generato dalle due lame in questo inizio di 2022-23 è più acuto di quello del passato. Va bene così, non si può pretendere la Luna da chi non ha i mezzi per raggiungere la “velocità di fuga” pari a mach 32,6. Quelli li hanno solo le fuoriclasse. A Caterina si può chiedere di raggiungere una determinata quota e di mantenere un costante volo subsonico in grado di portarla alla meta prefissata. È quello che sta facendo e magari arriverà anche più lontano del previsto. Non è poco per chi, non più tardi di un paio di anni fa, era stata messa a terra dal “programma spaziale” del fondo italiano. Kῦδος.

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Sarcasmo a parte, bisognerebbe effettuare una riflessione sul come e sul perché una ragazza agonisticamente gettata nel secchio dell’umido a 26 anni abbia saputo uscirne con le proprie forze, scalando le pareti del cestino sportivo in cui era stata buttata. Una storia peraltro comune ad altri ambiti “cugini”. Non si tornerà sull’argomento, perché lo si è già fatto a ripetizione e non ci sarebbe nulla di nuovo da esprimere.

La realtà dei fatti è che lo sci di fondo italiano, al femminile, è guidato da un’atleta che era stata accantonata. Altre portate in palmo di mano, invece, volano talmente basse da non comparire neppure sugli schermi radar. Anzi, in alcuni casi non decollano neanche.

Inutile dilungarsi sul resto del movimento. Se quanto di meglio può essere espresso dall’Italia del 2022 è rappresentato da donne che, nelle gare con partenza a intervalli, vengono riprese dalle avversarie partite trenta secondi dopo e si agganciano alle loro code sino al traguardo (in alcuni casi senza neppure riuscire a tenerle), come accaduto nella 20 km di Davos, allora significa essere letteralmente ai minimi termini.

Se le avversarie di cui sopra fossero Jessie Diggins, Frida Karlsson, Ebba Andersson o Krista Pärmäkoski non ci sarebbe nulla di scoraggiante. Siccome, però, parliamo di Silje Theodorsen, Eveliina Piippo, Flora Dolci e Lisa Unterweger (con tutto il rispetto per le quattro citate), c’è evidentemente qualcosa che non va.

Ripetere per l’ennesima volta quanto viene espresso da anni equivarrebbe a sparare sulla croce rossa. Non vale la pena di farlo, soprattutto sotto Natale, quando si dovrebbe essere tutti più buoni. Limitiamoci quindi a scrivere una letterina a Santa Claus, chiedendogli di vedere qualche segnale in più sullo schermo radar del fondo femminile italiano, magari dal Tour de Ski. Non si domanda la traccia di un Boeing 747, ma almeno quella di qualche McDonnell Douglas MD-80.

Foto: La Presse