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Vanessa Ferrari, trascinatrice di un movimento ai vertici mondiali: raccolti i frutti di una semina decennale

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Il tabù è stato sfatato dopo 93 anni: l’Italia della ginnastica artistica femminile è riuscita a conquistare una medaglia alle Olimpiadi. Dall’argento con la squadra ad Amsterdam 1928, quando la Polvere di Magnesio sbarcò ai Giochi anche con la sua versione in rosa, all’argento al corpo libero vinto da Vanessa Ferrari a Tokyo 2020. Un filo rosso dal mero punto di vista statistico, perché sono due situazioni completamente diverse tra loro: quasi un secolo fa erano delle pioniere, in un contesto globale decisamente differente, con una competitività notevolmente inferiore e con difficoltà ginniche in linea con l’espressione fisica del tempo; adesso tutto il mondo è presente, i blocchi di USA, Russia, Cina sono autentiche corazzate, le difficoltà acrobatiche sono ai limiti dell’umano e si gioca sul filo dei centesimi.

Vanessa Ferrari ha completato la sua rincorsa verso l’agognata medaglia a cinque cerchi: dopo gli amari quarti posti di Londra 2012 e Rio 2016, la Farfalla di Orzinuovi ha finalmente avuto la consacrazione che meritava e che inseguiva da un decennio. La carriera della ginnasta italiana più forte di tutti i tempi non poteva chiudersi senza questo sigillo, prontamente arrivato grazie a una memorabile esecuzione di un toccante esercizio al corpo libero, candida espressione della sua eleganza ma anche della sua artisticità della sua caparbietà. La bresciana si è rivelata autentica trascinatrice e la firma sul ritorno sul podio olimpico non poteva che essere sua: Campionessa del Mondo e d’Europa all-around, plurimedagliata iridata e continentale, quattro Olimpiadi alle spalle. Nessuno avrebbe meritato più di lei il riconoscimento e non è detto che sia finita qui.

L’Italia, però, non è più soltanto Vanessa Ferrari. Lei ha contribuito a portare la ginnastica artistica in una nuova dimensione alle nostre latitudini, le sue apoteosi di metà anni 2000 hanno dato quella svolta necessaria e spesso bisognerebbe chiedersi cosa sarebbe stato questo sport al femminile se non ci fossero stati lei, Enrico Casella, Folco Donati, la Brixia Brescia e quel sistema. Ora c’è un movimento florido e ben avviato, ormai ai vertici internazionali: il quarto posto nella gara a squadre, ad appena quattro decimi dal bronzo, è estremamente significativo anche perché il team event è stato istituito proprio per valutare la bontà, la salute e la forma del movimento ginnico di un Paese.

Perché un conto è avere una fuoriclasse isolata, un altro è avere una rosa di spessore su cui poter contare. Il risultato ottenuto in Giappone è la dimostrazione che il bronzo dei Mondiali 2019 non è casuale, le altre Nazioni si sono rafforzate eppure un’Italia arrivata nel Sol Levante tra mille peripezie ha tenuto botta con grande caparbietà. C’è futuro, si può guardare avanti con ottimismo: le Fate e i possibili nuovi rinforzi fanno ben sperare, in attesa di capire cosa deciderà di fare Vanessa Ferrari da “grande”.

Foto: Lapresse

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