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Golf
Golf, le Olimpiadi confermano il trend di crescita dell’Italia. Ma il gap resta ampio tra le donne. E per Parigi 2024…
Si sono ormai conclusi tutti gli appuntamenti olimpici per quel che riguarda il golf, alla sua seconda volta in questo contesto, in termini di ritorno, dopo il complicato (soprattutto al maschile) esordio di Rio 2016. Rispetto all’edizione brasiliana, però, sono migliorate molto le cose per quanto riguarda gli uomini.
Il riferimento, naturalmente, è al discorso assenze, perché fatto salvo il numero 1 del mondo, lo spagnolo Jon Rahm, fermato dal Covid-19, il numero 2, l’americano Dustin Johnson, e una certa fetta del blocco britannico, stavolta il field è risultato di competitività anche maggiore rispetto a cinque anni fa. Un simile discorso si applica ben poco al femminile, dove le migliori sono andate praticamente in blocco. Dominio a stelle e strisce: da una parte Xander Schauffele, che prima o poi un Major lo vincerà (di piazzamenti nei primi tre ne ha già quattro), dall’altra Nelly Korda, la numero 1 del ranking e dominatrice assoluta del 2021.
In chiave italiana, si può dire che queste Olimpiadi abbiano offerto più di una sfaccettatura. La principale riguarda Guido Migliozzi, che dopo un primo giro sostanzialmente nella norma è riuscito a tirare fuori un gran secondo che lo ha spinto in zona top ten, dov’è rimasto per tutte le terze 18 buche prima di calare di domenica. Si è confermato, ad ogni modo, che il vicentino a questi alti livelli ci può stare: è ancora all’inizio di questo genere di parabola, ha una gran quantità di tempo per assestarsi verso l’alto.
Per quel che concerne invece Renato Paratore, la sua versione migliore, dopo un torneo vissuto tutto senza particolari acuti, si è vista nell’ultimo giorno, in cui si è a sua volta portato vicinissimo alla top ten prima di avere un calo che lo ha riportato indietro. Il romano veniva da una stagione che, anche per colpe non sue, non poteva essere la migliore in carriera.
Parliamo in ogni caso di due uomini dal futuro più che valido: l’uno è del 1997, l’altro del 1996. E questo non è soltanto merito dei risultati di Francesco Molinari in tempi recenti, ma anche di qualcosa che va molto più indietro nel tempo, perché non è difficile immaginare che, se “Chicco” (e il fratello Edoardo per un periodo) non avessero percorso la strada tracciata da Costantino Rocca, forse oggi sarebbe complesso stare a parlare di Open Championship, di un ventiquattrenne quarto allo US Open, e anche, perché no, di un movimento che da dietro sta cominciando a esprimere altri nomi di buon rilievo per i quali, se non Parigi 2024, l’obiettivo può diventare Los Angeles 2028. Ma già per la terra francese, dove si girerà sullo stesso percorso della Ryder Cup 2018 (il Le Golf National), ci sarà lotta.
Sono tanti i fattori da considerare: la permanenza ad alti livelli di Francesco Molinari, Matteo Manassero che sta provando a risalire la china (quest’anno si è rapidamente liberato dell’Alpine Tour per tornare con costanza sul Challenge, e a proposito di Alpine vanno fatti vari applausi a Jacopo Vecchi Fossa che, a 27 anni, a suon di risultati in questo circuito sta scalando la classifica ed è entrato nei 500), la scalata dei giovani. Che potrebbero essere ancora più futuribili: la generazione di Andrea Romano e compagnia potrebbe emergere non tanto per Parigi 2024, quanto per Los Angeles 2028 ed edizioni successive. Il tutto nella speranza di vedere ancora un buon Francesco Laporta e, soprattutto, Andrea Pavan risolvere una crisi dalla quale sta faticando veramente tanto a uscire.
Passiamo ora al settore femminile, che pur avendo un vertice meno spiccato rispetto al maschile può vantare tutta una serie di giocatrici che, sul medio-lungo termine, potrebbe dare soddisfazioni. Andando però con ordine, va visto il risultato delle due italiane presenti a Tokyo. Per Giulia Molinaro, escludendo la parte finale del primo giro e quella iniziale del secondo, le cose non sono andate nemmeno in maniera così negativa. Il problema è che lo score comprende tutto, e dunque paga quel momento di calo. Il 46° posto non può, e non deve, cancellare il fatto che si stia assistendo al miglior anno della sua carriera, quello in cui è riuscita a dimostrare, in maniera definitiva, che il tour LPGA può vederla protagonista.
Per quanto riguarda Lucrezia Colombotto Rosso, la torinese è una valida giocatrice, ma quest’anno è stata frenata da problemi fisici nella prima parte dell’anno e, più in generale, deve ancora arrivare al livello che serve per competere con field come questi. Ed è proprio il suo obiettivo, quello di potersi confrontare con le stelle del circuito americano potendo realmente giocarsi le chance.
L’Italia, al femminile, ha però una situazione che può portarla a essere protagonista, più che a Parigi, tra sette anni, negli States. C’è tutto un gruppo giovane, da Alessia Nobilio ed Emilie Paltrinieri in giù, che sta cercando di emergere con forza (e del quale, soprattutto dopo gli anni dell’università in America, sentiremo parlare). E negli ultimi tempi, peraltro, sta facendo capolino anche il nome della ventiseienne Roberta Liti, il cui tentativo di sfondare sul Symetra Tour (per intenderci, è come il Korn Ferry per il PGA o il Challenge per l’European) ha prodotto un guadagno di 200 posti abbondanti in classifica, unito al settimo posto al rientrante Open d’Italia. E, tornando alle giovani, attenzione alla scalata di Carolina Melgrati, ventesima a 18 anni proprio all’Open d’Italia e autrice di buoni risultati da amateur. Le cose, in sostanza, si muovono.
Foto: LaPresse