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Evoluzione ed involuzione: le due facce della canoa italiana dopo i Mondiali

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Carlo Tacchini

I Mondiali di canoa velocità si sono conclusi senza medaglie per l’Italia nelle specialità olimpiche. Una triste consuetudine che si ripete ormai da un decennio: l’ultimo alloro risale infatti al 2009, quando Josefa Idem conquistò il bronzo nell’amato K1 500 metri.

Il ritorno di Oreste Perri, ct dell’epoca d’oro di questo sport a cavallo tra gli anni ’90 e ’00, non ha prodotto miracoli e, oggettivamente, appariva utopistico credere ad una brusca inversione di rotta in poco meno di un anno. Qualche tangibile passo avanti si è intravisto nel settore del kayak, mentre la canadese deve fare i conti con una decisa involuzione. Donne, purtroppo, non pervenute.

Una rassegna iridata a due facce, dunque, per i colori azzurri. Evoluzione ed involuzione sono andate a braccetto, spalancando nel complesso anche un paio di intriganti spiragli in vista delle Olimpiadi di Tokyo 2020.

Gli unici due pass olimpici sono giunti dal kayak, in particolare con il K2 1000 metri ed il K1 200. In Ungheria si sono intravisti lampi del talento cristallino di Samuele Burgo. Classe 1998 e fratello d’arte (la sorella Irene, grande promessa, non è riuscita a compiere il salto di qualità nelle distanze olimpiche), il giovane siracusano faceva parte del K4 1000 metri che si laureò campione del mondo juniores nel 2015. Pur non dotato di un fisico statuario, a differenza della maggior parte dei rivali stranieri (1,83 metri per 73 kg), riesce a fare la differenza con una elegante tecnica di pagaiata e, soprattutto, con una resistenza allo sforzo da fenomeno. Insieme al quasi 22enne Luca Beccaro ha dato vita ad un K2 che progredisce di competizione in competizione. Un duo che, a nostro avviso, in condizioni di vento contrario sin da ora può giocarsi una medaglia in qualsiasi contesto (ed il sesto posto ai Mondiali lo dimostra) e, con un anno di esperienza in più sulle spalle, potrà presentarsi in Giappone da autentica mina vagante. Diverso il discorso delle gare che si svolgono con vento favorevole: in questo caso gli azzurri pagano ancora dazio nei confronti dei rivali sotto il profilo puramente muscolare.

Il quinto posto di Manfredi Rizza nel K1 200 metri certifica lo status di big della specialità, peraltro in una distanza imprevedibile che si presta a sorprese e colpi di scena: pensate che un titolo olimpico o mondiale viene assegnato in meno di 35 secondi…Sotto la guida di Oreste Perri, Rizza sembra più consapevole dei propri mezzi, peraltro dopo aver ulteriormente modellato un fisico già scolpito. Sinora è mancato solo l’acuto per consacrarsi campione a tutti gli effetti: chissà che non possa materializzarsi proprio nell’occasione che conterà di più…

Il grande rimpianto per il settore del kayak proviene dall’ammiraglia. Il K4 500 metri, quarto nella sua batteria, è stato eliminato dalla finale (mancando la qualificazione olimpica) nonostante il sesto crono complessivo delle semifinali! Una vera disdetta per il quartetto composto da Nicola Ripamonti, Mauro Pra Floriani, Andrea Domenico Di Liberto e Alessandro Gnecchi. Molto probabile che, con l’inserimento di Burgo-Beccaro, l’esito si sarebbe rivelato differente. Il dt Perri, tuttavia, ha optato per una scelta che ci sentiamo di condividere: ogni atleta è stato schierato in una sola gara olimpica, senza sdoppiarsi in più distanze (con conseguente dispendio di energie aggiuntivo). Resta la chance di vedere comunque a Tokyo 2020 il K4: dipenderà dal sistema delle riallocazioni dei pass a cinque cerchi.

Ad uscire con le ossa rotte dai Mondiali è la canadese, in nettissimo regresso dopo aver raggiunto picchi di rendimento sconosciuti negli ultimi anni. Preoccupa, in particolare, Carlo Tacchini, la cui parabola di crescita pare essersi arrestata. Il bronzo agli Europei del 2018 nel C1 1000 metri lasciava presagire un biennio da assoluto protagonista sulla strada verso il Sol Levante. Da allora, tuttavia, il gap dai migliori della disciplina non solo non è stato colmato, ma si è ulteriormente dilatato, come testimonia l’ottavo posto di una rassegna iridata in cui il nativo di Verbania non è mai stato davvero in lizza né per il podio né per il pass olimpico. La sensazione è che il ticket per Tokyo arriverà nel 2020, anche se per il Tacchini attuale l’ipotesi di annusare una medaglia ai Giochi assume i contorni della chimera. Non è andata meglio al C2 1000 metri di Santini-Incollingo, addirittura fuori dalla Finale A e probabilmente la delusione maggiore dell’intera rassegna iridata azzurra: non è detto che questo equipaggio venga riconfermato nel 2020 (i fratelli Craciun scalpitano, senza dimenticare l’ipotesi Tacchini).

Concludiamo con il settore femminile. L’addio di Josefa Idem ha lasciato un paesaggio da terra desolata che non accenna a mutarsi. Non si intravede alcun segnale, neppur minimo, di miglioramento: nessuna azzurra è mai stata neanche in lizza per accedere ad una Finale A (il riferimento è chiaramente alla distanze olimpiche), figuriamoci per i pass olimpici. Ed in questo caso non c’è Oreste Perri o qualunque dt che tenga: nessuno può fare i miracoli e colmare un vuoto ormai decennale (ma, a dire il vero, anche maggiore, se consideriamo che per anni Idem aveva camuffato una crisi di risultati già evidente). Solo un progetto serio e ad ampio raggio sul settore giovanile potrebbe condurre ad una crescita nel lungo periodo (magari per Los Angeles 2028). Non sarà facile per una Federazione che deve fare i conti ogni giorno con il grave problema del reclutamento, soprattutto delle ragazze.

federico.militello@oasport.it

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Foto: Federcanoa

1 Commento

1 Commento

  1. Andry84

    25 Agosto 2019 at 22:56

    Fermo restando che la qualificazione olimpica nella canoa oltre ad essere difficilissima adotta anche un sistema cervellotico e poco chiaro, mi sentirei di poter affermare che purtroppo l unico k4 maschile che dovrebbe rientrare in gioco sia quello francese poiché nel kayak maschile la riallocazione dovrebbe vedere un unico posto (il ceco Dostal), posto che consentirebbe alla Francia, arrivata ottava in finale, di poter schierare 4 specialisti del kayak a Tokyo, quindi 1 in più di quelli conquistati sul campo. La Spagna (unica nazione ad avere qualificato 1 pagaiatore in più del massimo consentito nel kayak maschile) differentemente dovrebbe lasciare vacante la carta del k1 200 e questo dovrebbe consentire il ripescaggio dello svedese sesto classificato. L’unico modo che ha l’Italia di schierare un k4 sarebbe quello di qualificare il quarto uomo nel kayak nel k1 1000 l’anno prossimo, ipotesi che sinceramente avrebbe del miracoloso vista la gente che è rimasta fuori.
    Venendo alla canadese rischia di non mettersi benissimo per Tacchini poiché alla qualificazione continentale dell’anno prossimo ci saranno comunque avversari competitivi per un unico posto e oltre a questo ci sarà la concorrenza interna del c2 che molto probabilmente, non potendo qualificare entrambe le barche, avrà la precedenza in caso di doppia qualificazione italiana, ed a quel punto rimarrebbe l’ultima possibilità nella prova di Coppa del mondo in Germania.

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