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Australian Open 2019: nel giorno di Murray le sorprese sono poche tra uomini e donne. I buoni segnali degli italiani

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Un po’ tutta la prima giornata degli Australian Open 2019 è stata contrassegnata da un filo conduttore: quella che potrebbe essere l’ultima partita di Andy Murray su un campo da tennis, e in ogni caso lo è in territorio australiano. Lo scozzese ha tirato fuori un’altra battaglia delle sue contro Roberto Bautista Agut, rimontando due set allo spagnolo prima di soccombere dopo quattro ore. La voglia con cui non s’è arreso al destino e all’anca è stata quella dei giorni migliori, senza la quale non avrebbe mai vinto tre Slam, non sarebbe mai diventato numero uno e non avrebbe portato il tennis britannico a livelli che non si vedevano da decine e decine di anni.

Nelle emozioni di Murray si è vissuta la parte forse più significativa di questo lunedì di Melbourne, dal momento che la massima parte delle partite non ha offerto grandissimi spunti di riflessione. Roger Federer ha girato al ritmo sufficiente per battere Denis Istomin (Uzbekistan) e adesso troverà Daniel Evans, britannico di talento grande quanto la bizzarria della sua storia. Anche se “Evo” possiede un tennis che si lascia guardare, difficilmente sarà un ostacolo per lo svizzero. Cose simili si possono dire per Rafael Nadal, con la differenza che il mancino di Manacor s’è trovato davanti un James Duckworth (Australia) non molto d’accordo sul fatto di lasciargli l’iniziativa: ne è uscita una partita che l’iberico ha bollato come non proprio rispondente al tennis come lo intende lui. Il prossimo turno lo giocherà contro un altro aussie, Matthew Ebden, anche lui con poche probabilità di dargli fastidio. La strada verso un terzo turno con il giovane idolo d’Australia Alex de Minaur sembra ormai tracciata.

Sono state poche le sorprese nel tabellone maschile, la più grande delle quali porta il nome di Reilly Opelka: nel derby americano tra giganti (oltre 4 metri in due) il campione junior di Wimbledon 2015 s’è sbarazzato di John Isner, testa di serie numero 9, in quattro tie-break. Non è invece una sorpresa, ma una conferma del suo ottimo stato di forma in questo inizio di 2019, il pesante successo di Tomas Berdych su Kyle Edmund, numero 13 del tabellone: se il britannico perderà i punti della semifinale del 2018 e oltre 10 posizioni in classifica, il ceco ha posto le basi per un possibile prosieguo del torneo da ruggente protagonista, come nei suoi anni migliori. A proposito di punti persi, il discorso vale anche per Tennys Sandgren: l’americano, a sorpresa nei quarti lo scorso anno, con la sconfitta odierna inflittagli dal giapponese Yoshito Nishioka, ne perderà 350, oltre a più di trenta posti nel ranking ATP. Va anche detto che, finora, tolti gli Australian Open 2018, Sandgren oltre il secondo turno di uno Slam non ci è mai arrivato.

Un discorso simile a quello degli uomini si può fare per le donne: 32 partite, pochi ribaltoni e, quando presenti, non così rumorosi. Tutte le big, da Caroline Wozniacki (Danimarca) ad Angelique Kerber (Germania), da Sloane Stephens (Stati Uniti) a Petra Kvitova (Russia), hanno sofferto ben poco, anche se meno di tutte ha dovuto faticare Maria Sharapova (Russia), che ha regolato con un doppio 6-0 la britannica Harriet Dart.

Solo tre giocatrici inserite tra le teste di serie sono state eliminate subito, anche se non sono uscite di scena giunte del tutto inaspettate: Julia Goerges (Germania) ha perso da Danielle Collins (Stati Uniti), che a 25 anni sta vivendo una fase molto positiva della sua carriera; Jelena Ostapenko (Lettonia), invece, s’è trovata di fronte uno degli ostacoli peggiori che le potessero capitare tra le giocatrici non teste di serie, cioè Maria Sakkari (Grecia), ed ha perso in tre set; infine, Barbora Strycova, trentaduesima ed ultima giocatrice del seeding, ha dovuto cedere di fronte a Yulia Putintseva, il cui tennis, quando funziona, non è semplice da gestire.

Veniamo al capitolo italiani: non c’è stato il pieno di vittorie, ma tutti si sono ben comportati. Andreas Seppi ha confermato il suo ottimo stato di forma battendo Steve Johnson (Stati Uniti), avversario mai battuto prima d’ora, e adesso può giocare da favorito contro il locale Jordan Thompson prima di andare all’assalto, eventualmente, di Kevin Anderson (anche se Frances Tiafoe non è un ostacolo semplice per il sudafricano); Thomas Fabbiano ha sfruttato l’occasione di battere la wild card australiana Jason Kubler e adesso potrà cercare di dare l’assalto al terzo turno contro Opelka, che gli ha tolto di mezzo Isner; Stefano Travaglia ha trovato il giusto feeling con la palla per eliminare Guido Andreozzi (Argentina), e anche se, com’è probabile, il suo viaggio a Melbourne si fermerà contro Nikoloz Basilashvili, georgiano testa di serie numero 19, i punti della qualificazione sommati a quelli del secondo turno di certo non gli saranno sgraditi. L’unico sconfitto, Matteo Berrettini, ha mostrato comunque altri miglioramenti nel match contro Stefanos Tsitsipas, e non è escluso che di battaglie tra i due possano arrivarne tante nel corso degli anni, se ai due indizi forniti dalle qualificazioni degli US Open 2017 e da questo match ne seguirà il proverbiale terzo che fa la prova.

Un pensiero va, infine, ad Andrea Petkovic: la tedesca, nel match contro Irina-Camelia Begu (Romania), è rimasta vittima di un colpo di calore: le immagini di quei momenti sono riservate soltanto a chi ha un cuore piuttosto forte. Sarebbe ora che la sfortuna, che ha già colpito abbastanza la Petkovic, tra i personaggi più simpatici del circuito da tanti anni, smettesse finalmente di darle noie.

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federico.rossini@oasport.it

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Foto: LaPresse

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