Los Angeles 2028Triathlon
Verena Steinhauser: “La Senna a Parigi fu un trauma. Voglio riprovarci a Los Angeles”
Parola d’ordine: riprovarci. Nonostante già due esperienze a cinque cerchi, Verena Steinhauser sogna di prendere parte ai Giochi Olimpici di Los Angeles 2028. A confermarlo è stata la stessa specialista del triathlon ai microfoni di Focus, rubrica di approfondimento in onda sul canale YouTube di OA Sport a cura di Alice Liverani, dove ha svelato inoltre tante curiosità sulla sua vita da agonista e sportiva.
In prima battuta, l’atleta ha raccontato il motivo per cui ha scelto una sport sui generis come il triathlon: “È lui che ha scelto me, non viceversa – ha detto Steinhauser – Da quando sono piccola ho sempre fatto atletica, ho sempre corso. Poi ho iniziato a nuotare per problemi di scoliosi; ancora oggi con il nuoto non siamo amici, però ce lo facciamo piacere. Ho unito un po’ le cose. Io sono nata e cresciuta a Bressanone, dove la bici fa parte della vita quotidiana. Due discipline già le avevo, la terza l’ho dovuta aggiungere per forza, ed eccomi qui“.
Tra le tre discipline, la più apprezzata dall’altoatesina è senza dubbio quella sulle due ruote: “Forse è anche quella che mi viene più facile, ed è quella che amo di più. Mi permette anche di vedere di più. Con la corsa tocca fare tanta fatica per vedere qualcosa, in bici con poco arrivi lontano. La cosa più bella che ho visto in carriera? Non posso dire cosa sia stato più bello o più brutto, ma mi ha permesso di vedere tantissimi posti; andando alle gare spesso non hai tanta possibilità di visitare i luoghi in cui sei, però la bici ti permette di vedere qualcosina al di fuori del nostro piccolo mondo“.
La nativa di Bressanone lo scorso anno ha concluso al trentanovesimo posto le Olimpiadi di Parigi 2024, in una gara individuale compromessa dalla controversa prova in acque libere nella Senna: “Già con il nuoto non siamo amici, con la Senna siamo diventati proprio nemici; per me è stata un dramma, con delle condizioni che erano fuori dalla mia portata. Gli uomini sono stati posticipati, per noi ogni giorno era un punto di domanda, alla fine si è nuotato qualsiasi fosse la condizione, e alla fine forse è stato meglio non saperla. Ne siamo usciti tutti vivi, è stata un’esperienza unica. Io ho fatto Tokyo 2020 durante la pandemia, è stata un’Olimpiade diversa. A Parigi con tutto questo pubblico, nonostante l’individuale non sia andato come speravo, è stata un’emozione da brividi. Ho trovato la fede di Tamberi sulla Senna? Non si vedeva granché, devo essere sincera“.
Non è la prima volta che Steinhauser si ritrova a fronteggiare una situazione difficile sull’acqua; il pensiero è ad esempio la World Cup di Roma: “Nel 2024 è stata una gara bagnata. Devo dire che nel 2024 ci sono state tante gare difficili sotto la pioggia, ma se piove per me piove anche per le altre. Tra le tre la discipline, la più difficile da affrontare con condizioni meteo avverse è la bici. Noi pedaliamo con la bici da strada, la pioggia rende l’asfalto scivoloso, il 90% delle gare viene fatto in centro città su un percorso multilap, quindi con le curve e contro curve sul bagnato è difficile stare in piedi“.
Da ormai tanti anni, il triathlon è diventato un vero e proprio lavoro: “Non sono una di quelle bambine cresciute nel segno del sogno olimpico. Non è andata così. Ci sono cascata dentro nel triathlon, così come nel professionismo. Il triathlon diventa agonistico dai 14 anni in poi. Prima è solo un gioco, e grazie a Dio posso dire che fino ai 18 anni, fino agli anni scolastici, l’ho vissuto come un divertimento; per mamma e papà la scuola arrivava prima. Lo sport era una distrazione; poi nell’età Junior, quindi verso i 17-18 anni, ho vinto il primo titolo italiano individuale: lì inizi a sentire il profumo della medaglia, cosa che fa gola. Poi è diventato effettivamente un lavoro quando sono entrata nel Gruppo Sportivo della Polizia che mi ha permesso di farlo stabilmente. In sport minori come il mio il guadagno c’è, ma non ti permette di vivere o di farlo con una tranquillità tale da poterti dedicare al 100%. Io arrivo anche a 35 ore settimanali di allenamento, pensare di fare un altro lavoro part-time diventa faticoso. Devo tanto al Gruppo Sportivo e non è mai abbastanza dire grazie“.
La triathleta ha inoltre parlato del suo approccio: “Sono molto tedesca, quindi molto inquadrata, tanto che quando cambia qualcosa vado un po’ in crisi. Però con gli anni sono migliorata, ho cercato di lasciare andare perché non è sempre facile. Il triathlon si fa all’aperto, non gareggi da solo, quindi ci sono magari altre 60 ragazze con cui devi fare i conti, poi le condizioni ambientali non si possono programmare. Cerco quindi di tenere tutto sotto controllo, ma non funziona sempre“. Caratteristica dello sport è quella di condividere le competizioni con gli amatori: “Secondo me vedere un amatore spesso insegna tanto anche a noi. L’amatore si sveglia la mattina e va a nuotare, poi va a lavoro, e magari per ora di pranzo fa un altro allenamento. Noi facciamo tra virgolette la bella vita in tal senso. La forza di volontà di un amatore spesso è molto più forte della nostra. Uno sport che non farei? Il nuoto, ma fa parte del gioco. Mi piacciono tutti gli sport, da ragazzina ho provato di tutto, compresi sci e danza classica. Sono amante dello sport in generale. Uno che mi piacerebbe provare è la scherma, mi ha sempre affascinata, tanto che alle Olimpiadi di Parigi sono andata a vedere qualche incontro. Mi affascina molto anche se sono ignorante in materia”.
‘Verna’ ha poi aggiunto una toccante riflessione su cosa significa essere atleti: “Ci sono tanti che meritano, non solo campioni, ma anche chi nel suo piccolo ha fatto tanto. Noi vediamo sempre solo i vincitori, ma spesso c’è anche chi ha avuto una grande storia, una grande difficoltà ed è riuscito comunque a raggiungere non per forza le Olimpiadi o una medaglia, ma un suo personale obiettivo che spesso vale di più di un metallo. Credo che in generale ci siano tante persone che raggiungono obiettivi che tanti di noi lascerebbero perdere a metà strada. Un nome? Non lo voglio dare ma solo perché sono troppi gli atleti che meritano un riconoscimento del genere. Non mi sembra giusto escluderne altri“.
E sul futuro, Steinhauser non ha dubbi:“Mi piacerebbe restare nello sport. A me ha dato tanto, non per forza il triathlon ma in generale. È una passione che mi piacerebbe passare anche a chi verrà dopo di me. Secondo me insegna tanto, mi dispiacerebbe vedere tanti piccoli futuri campioni lasciare perdere perché non ci credono abbastanza. Vorrei rimanere per spiegare che ce la puoi fare anche se non sei un bambino prodigio. A me lo sport mi ha insegnato a non mollare. Sono tanti anni che lo faccio ad alti livelli, ho avuto tanti momenti no, ma non ho mai mollato, sono ancora qui e ne vado fiera”. Nel mirino, così come anticipato in apertura, ci sono i Giochi del 2028: “Dove sarò tra tre anni? Io mi sono promessa di riprovarci fino a Los Angeles. Il mio obiettivo saranno le Olimpiadi 2028: non sarà facile, non sono la più giovane e tre anni sono lunghi. Ho fatto già due Olimpiadi: da un punto di vista sono contenta del percorso intrapreso e della strada che ho fatto, dall’altro voglio riprovarci perché Parigi mi ha lasciato l’amaro in bocca. Secondo me potevo fare di più, la Senna è stata un trauma, mi sono tuffata nel riscaldamento e ho capito che non era aria, con delle condizioni estreme ed anche esagerate per come si era messa. Uno si allena per anni per quell’obiettivo, che per me era chiaro. Stavo bene, mi è dispiaciuto averla quasi buttata per il nuoto. Nel triathlon le gare le puoi perdere nel nuoto, ma non le vinci nel nuoto. Io l’ho persa lì. Poi le condizioni meteorologiche non hanno aiutato, ma non voglio trovare scusanti. Non è andata come volevo, ero pronta, volevo dimostrare di più, ma devo accettare che è andata così. Intanto dobbiamo provare la qualifica, ho cambiato qualche allenamento di nuoto, così come altri. Fisicamente sono cambiata, sono più pronta per certi tipi di allenamenti. Ci sto provando“.
Impegno, sacrificio, dedizione. Ma com’è Verena fuori dalla vita da atleta? “C’è poco tempo, sono una ragazza molto normale come tante altre. Faccio una vita normale, mi piace andare a fare shopping, stare fuori; mi sono trasferito a Pescara, quando riesco vado a casa dalla famiglia, ho una nipotina piccola. Mi piace la famiglia e mi piace godermela. A Montesilvano mi trovo bene, è un luogo che mi piace che adesso chiamo casa. Rifarei tutto? Sì la famiglia mi manca, ma non rimpiango nulla”.
