Seguici su
LEGGI OA SPORT SENZA PUBBLICITÀ
ABBONATI

Tennis

Lorenzo Giustino: “Sinner e Alcaraz Big2, c’è un motivo per il boom del tennis italiano. La Davis ha perso la sua essenza”

Pubblicato

il

Lorenzo Giustino
Lorenzo Giustino / Federico Rossini

Lorenzo Giustino si è reso protagonista di una buona stagione, culminata con la vittoria di quattro tornei: M25 di Badalona, M25 di Gijon, M25 di Saragozza e il Challenger di Monastir. Il tennista 34enne occupa il 220mo posto nel ranking ATP e in carriera ha raggiunto la 127ma piazza della classifica internazionale il 12 agosto 2019. Il nativo di Napoli si è raccontato a OA Sport, analizzando anche la situazione del movimento tricolore.

Cosa hai provato nel riassaporare l’ebbrezza della vittoria al Challenger di Monastir?
“Quest’anno ho vinto quattro tornei. Avevo già vinto quindi tre tornei, erano tre M25. Monastir era invece un Challenger 50. Alla fine un torneo vinto è sempre una bella sensazione. Diciamo che ero un po’ abituato a vincere, come ho vinto altri tornei. A volte uno si abitua a perdere. Bisogna un po’ abituarsi anche a vincere di nuovo”. 

A 34 anni stai vivendo una seconda giovinezza: dove trovi le motivazioni per continuare questa avventura?
“Alla fine a me piace giocare a tennis. Non ho mai smesso di lavorare e non ho mai smesso di crederci. Da quando ho avuto la bambina, anche quest’anno mi sono detto ‘dai quest’estate viaggio con la bambina e mia moglie e cerco di mettermi di nuovo al massimo’. Allenandomi anche fisicamente e tutto. Comunque mi è andata bene”. 

Sei stato al massimo n.127 del mondo: hai rimpianti per non aver mai raggiunto la top100? Cosa ti è mancato? 
“Nel momento in cui ero al best ranking e sembrava che potessi entrare nei primi 100 ho avuto una terribile caduta e mi sono fratturato il gomito durante una partita. Avevo provato di nuovo, ma purtroppo quell’anno non ero riuscito più a giocare per colpa del gomito. Ero dovuto stare fermo. L’anno dopo nel 2020 iniziai bene superando le qualificazioni in Australia, ma poi è arrivato il Covid. Dopodiché mi ha rotto un po’ il ritmo e da lì non sono riuscito più a ritrovare la strada dopo quella caduta”. 

Hai fissato una data di scadenza riguardo al tuo ritiro o pensi di poter avvicinare i 40 anni?
“No, non ne ho fissata nessuna. Capisco che la mia età non è quella di un giovincello e so che ogni torneo potrebbe essere l’ultimo. Se avessi un infortunio grave che mi lascerebbe per un anno fermo, per esempio, non potrei più rientrare nel circuito”. 

Il tennis oggi è diventato molto più fisico. Questo fa sì che carriere longeve come quelle di Federer, Wawrinka o Djokovic saranno casi sempre più isolati?
“Il tennis non penso che sia diventato molto più fisico. Ci si allena di più. Prima magari non gli si dava tanta importanza. Ci sono più soldi, quindi si investe di più in tutto: a livello di fisioterapia, di preparazione fisica, mental coach e c’è più informazione. In generale in tutti gli sport ci sono carriere più longeve grazie agli avanzi della medicina e quanto si investe in se stessi per riuscire a stare sempre in ottima forma”. 

Sinner e Alcaraz sono sullo stesso piano dei Big3?
“Sì, in questo caso li chiamerei Big2. Non vedo altri giocatori che riescano a fargli fronte. Almeno quest’anno è stato abbastanza palese che nessun giocatore sia riuscito a fare qualcosa nei Grandi Slam contro loro due. Hanno giocato sempre loro le finali”. 

Alcaraz è in vantaggio 6-4 su Sinner per numero di Slam vinti. Chi pensi che prevarrà nel lungo periodo?
“Nel lungo periodo puoi vedere anche le carriere di Djokovic, Federer e Nadal. La cosa più importante è rimanere sani, non avere infortuni e poter avere la possibilità di giocare ogni singolo Grande Slam in questo caso. Per esempio Nadal in percentuale di Grand Slam giocati e vinti credo sia quello che ha la percentuale più alta. Djokovic però ne ha vinti di più perché ne ha giocati più. Ha avuto meno infortuni. Quindi se riesci a giocare le due settimane c’è l’opportunità di vincere ovviamente. Se sei sempre fermo per problemi fisici non è la stessa cosa. Sul lungo periodo la cosa più importante è la continuità”. 

Sinner a parte, cosa ha portato l’Italia a diventare il movimento di riferimento nel tennis mondiale?
“L’Italia secondo me sta investendo tanto nel tennis da molti anni. Nel senso che ci sono tanti tornei, che è la cosa più importante. Ci sono tanti, tantissimi tornei in Italia. Questo dà l’opportunità ai giocatori. Il problema è che se non hai l’opportunità di giocare, anche a livello economico, pur se sei un talento non riesci a giocare a tennis. Questo sport è molto costoso. Il fatto che tu possa giocare tutto l’anno solamente in Italia viaggiando in macchina o in treno e spendendo poco e c’è la possibilità di giocare tornei internazionali, è un vantaggio gigantesco che ha portato tantissimo al movimento del tennis italiano. Noi infatti abbiamo tantissimi giocatori di tutti i livelli partendo dal n.2000 del mondo fino al n.1. È una conquista iniziata grazie all’idea di creare tantissimi tornei. Altre nazioni che non hanno così tante competizioni, vedono ovviamente molte difficoltà nel far crescere i propri giocatori. Pensa che noi abbiamo tantissimi Challenger dove ci sono tantissime Wild Card ogni settimana, giocatori che non hanno punti o non hanno magari il ranking per riuscire a giocare quei tornei possono disputare quasi tutte le settimane competizioni con Wild Card o con partecipazioni e quindi riescono anche a salire di livello. Vivi nell’ambiente e giochi nell’ambiente con tanti giocatori. Sinner ovviamente è l’apice del tennis italiano, ma è un movimento che è partito tanto tempo fa. Non è solo Sinner adesso. Ovviamente è una gioia incredibile che sia il numero uno al mondo perché ora la gente può parlare anche di tennis e non solo di calcio”. 

Secondo te arriverà prima o poi un n.3 ad insidiare Sinner e Alcaraz? E chi potrà essere?
“Non so chi potrebbe arrivare. Ad oggi vedo solo Sinner e Alcaraz, e non vedo nessun altro. Sicuramente la gente sta lavorando per riuscire ad arrivare al loro a livello. Spero sinceramente che ci siano 3, 4 o 5 giocatori o anche di più che è meglio. Più ce ne sono e più il tennis è competitivo e disputato e fa bene comunque allo sport in generale”. 

Cosa ti aspetti dall’Italia in Davis senza Sinner e Musetti?
“La Davis è un torneo che ormai ha perso valore. Secondo me se la facessero ogni quattro anni, come i Mondiali di calcio, allora sarebbe diverso. Il fatto che sia un torneo che si fa tutti gli anni che è praticamente un Campionato del Mondo, dimmi in quale sport fai i Campionati del Mondo tutti gli anni… il calcio non lo fa, per esempio. Il calcio li fa ogni quattro anni. Secondo me dovrebbe essere appunto ogni quattro anni. Dovrebbe essere un evento più grande e con più singolari. Non solo due e giocarne magari anche quattro, anche al meglio dei cinque set. Dovrebbe essere un evento molto più grande, una specie di Olimpiade. Avrebbe anche molto più valore per i giocatori. Capisco Sinner che ha vinto due volte la Davis e dice ‘quest’anno non la gioco’. Perché ovviamente perde valore. Una volta che la vinci due anni di fila perché devi continuare a giocare la Davis se non ti porta assolutamente nulla?  È come un torneo che ha perso valore. Ai tre set poi per me non ha lo stesso fascino. A me piaceva la Davis a cinque set. Adesso la vedo ai tre set e dico ‘vabbè ha vinto o hanno vinto…’. Non mi sembra che sia un torneo di tanta importanza. Molte persone con cui parlo mi riportano il mio stesso pensiero. Ha perso proprio l’essenza e il valore della Davis. Secondo me dovrebbero ricambiarla di nuovo e magari rifarla come il Mondiale a quattro anni. Sarebbe molto più di valore per i giocatori e sicuramente penso che questi non darebbero forfait in un evento del genere”. 

Google News Rimani aggiornato seguendoci su Google News!
SEGUICI