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Golf

Ryder Cup 2025: il percorso e le 18 buche del Bethpage Black Course di Farmingdale. Warning! Storia e difficoltà

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Bethpage Black Course Warning
Warning / Mike Egerton / PA Wire/PA Images / IPA Sport

All’ingresso del Bethpage Black Course di Farmingdale, New York, c’è un cartello che da decenni ha fatto la storia del golf. Recita: “WARNING! The Black Course Is An Extremely Difficult Course Which We Recommend Only For Highly Skilled Golfers”. Traduzione: il Black Course (percorso nero) è un percorso estremamente difficile che raccomandiamo soltanto ai golfisti più qualificati”. Già solo questo fa capire una parte delle ragioni per cui si tratta di uno dei luoghi più affascinanti e ambiti della disciplina.

Ed è quasi incredibile che ospiti soltanto adesso la sua prima Ryder Cup. Disegnato da Joseph H. Burbeck e realizzato con la collaborazione dell’architetto Albert Warren “Tillie” Tillinghast, il Black Course si trova all’interno del Bethpage State Park, che è tra i maggiori parchi pubblici di Long Island, New York. Andiamo a scoprire le 18 buche del percorso. Che, quando è aperto al pubblico, costa dagli 80 ai 160 dollari: un’inezia, se si pensa ad altri luoghi.

Buca 1, par 4, 393 metri – Si comincia da qui, da un par 4 che parte da un tee shot sopraelevato e poi va verso destra, e proprio questo piegamento è ciò che rende complicata questa buca iniziale. Vero è, comunque, che qui si arriva quasi sempre in fairway col primo colpo, anche se è meglio atterrare a sinistra.

Buca 2, par 4, 356 metri – Si procede sempre in mezzo agli alberi in uno degli unici due par 4 che, nelle misure del mondo anglofono, è sotto le 400 iarde. Anche qui tee shot alto, ma viene generalmente sconsigliato il drive a favore, in genere, di un ferro lungo per arrivare in fairway. L’accuratezza, in breve, è la chiave: qui al PGA Championship 2019 ci sono stati 91 bogey, nettamente in misura maggiore rispetto ai birdie. Il green è protetto da due bunker che caratterizzano la netta separazione tra fairway e green.

Buca 3, par 3, 210 metri – Primo par 3 del percorso, a seconda del piazzamento della bandiera può essere più o meno difficile. Ma il vero fattore è legato al fatto che il tee shot non è piazzato davanti al green stesso, bensì con un’inclinazione verso sinistra che, complici anche i due bunker a sinistra del green stesso, rende la valutazione del primo colpo fondamentale. Qui, in breve, può accadere di tutto.

Buca 4, par 5, 473 metri – Primo par 5, anche se non è proprio dei più lunghi in circolazione. Qui si lascerà molto spazio alle decisioni dei golfisti per due motivi: dal tee shot si può arrivare un po’ ovunque tra la parte più centrale del fairway e quella più vicina al limite del rough, e poi il green è praticamente cieco, nonché protetto da alcuni bunker pericolosi. Teoricamente si può anche arrivare sul green in due, ma con vento favorevole, di certo non contrario. Buca più facile del percorso, in base alle statistiche. Non è a torto che la si definisce come la più “fotogenica” del percorso.

Buca 5, par 4, 437 metri – Obiettivo numero uno: superare i bunker dal tee shot per arrivare in fairway. Un obiettivo che non sempre si riesce a raggiungere, anche perché c’è un’altra difficoltà: andare a sinistra significa automaticamente mettersi nei guai, se si va in rough, pure se lì di bunker non ce ne sono. Non è un caso che qui siano in tanti a non centrare subito il fairway; ulteriore criticità è un green piccolo, sopraelevato e anche con bunker ovunque attorno.

Buca 6, par 4, 373 metri – Paradosso dei paradossi, qui si manca il fairway nel 44% delle occasioni, ma non è una buca così punitiva rispetto alle altre (in questo senso è la quarta meno penalizzante se si sbaglia il tee shot). Buca parzialmente in discesa, nella quale si arriva a un green stretto nel quale la percentuale di birdie o migliori è del 9% dai 4,5 ai 9 metri, del 47% da meno di 4,5 metri.

Buca 7, par 4, 479 metri – Questa buca, nella sua versione pubblica, è un par 5, ma per i pro è un par 4. Servono due lunghi colpi per arrivare fino in green in quello che è un sinistra-destra nella prima parte (e vari bunker da superare) e destra-sinistra nella seconda. Anche per questo si capisce come da queste parti ci sia un 46% di green in regulation (per i non golfisti, è il modo in cui si definisce la situazione nella quale si arriva sul green con due colpi in un par 4, con tre in un par 5, con uno in un par 3, lasciandosi cioè due putt per salvare il par). I birdie o meglio, però, sono pochi.

Buca 8, par 3, 192 metri – Tee shot da posizione sopraelevata, c’è un laghetto prima del green che entra in gioco soprattutto quando si gioca il primo colpo da parecchio indietro. Si può giocare con le pendenze soprattutto della parte frontale del green, e soprattutto se la buca si trova nella parte bassa. Questo perché, su quella alta, iniziano spesso i problemi (e i bogey sono molto più frequenti).

Buca 9, par 4, 421 metri – Dalla 9 alla 12 comincia una serie che, all’atto pratico, è come se dividesse le categorie di golfisti. Soprattutto quando c’è vento. Se si colpisce il fairway (e accade nell’80% dei casi), dal tee shot, pochi problemi. Se non si colpisce, però, questa buca è la più penalizzante del percorso. Qui il tasso di green in regulation è del 52%, per quella che è una situazione in cui si va dritti e poi a sinistra. Due i bunker davanti al green.

Buca 10, par 4, 459 metri – Buca più dritta di altre, ma con tante trappole qui e là. Andare a sinistra con il tee shot vuol dire rischiare di prendere bunker o l’erbaccia peggiore dell’erbaccia, la qual cosa crea delle difficoltà quando si deve cercare di recuperare colpi. Green piuttosto piatto, ma difeso da due bunker e da un avvallamento che crea problemi se non si è precisi nell’arrivare a destinazione.

Buca 11, par 4, 398 metri – Tee shot cieco in questa situazione, nella quale è piuttosto facile sbagliare. Errore per errore, è meglio andare a finire a destra, dove c’è un solo (sebbene largo) bunker, rispetto alla sinistra, dove ce ne sono tre per quello che, se preso correttamente, è un tratto di percorso fondamentalmente dritto. Ancora più punitive sono le parti a sinistra del green, con le quali il rischio di perdere un colpo è particolarmente elevato. Il tutto nonostante questa sia una buca nella quale il colpo lo si tende a guadagnare.

Buca 12, par 4, 471 metri – Qui c’è il più difficile tra tutti i colpi d’apertura del percorso, ma anche un green particolarmente ondulato, una caratteristica non usuale per il Black Course. Praticamente obbligato tentare di stare a destra o sorpassare i bunker per quella che è la seconda più difficile buca del percorso. Sono pochissimi i birdie qui (6% al PGA Championship 2019).

Buca 13, par 5, 556 metri – La buca più lunga del percorso ha anche, logicamente, le sue complessità. Se le condizioni sono ottime si può arrivare al green finanche in due colpi. Il fatto è, però, che tale possibilità ha percentuali che si contano quasi sulle dita di una mano. Leggero destra-sinistra e poi sinistra-destra; c’è una serie di tre bunker prima del green che è un problema forse meno importante di altri, ma va comunque tenuto presente. Il green rimane però attaccabilissimo, e una volta che ci si è dentro non si devono temere troppo le pendenze.

Buca 14, par 3, 147 metri – La buca più corta del percorso ha un tee shot piazzato su una piccola valle dove ci sono state delle modifiche per creare un allargamento. Qui c’è però uno dei più grandi problemi del percorso: il green in quanto tale, sia per le pendenze che per i bunker davanti. Nel 78% delle occasioni il singolo colpo per arrivarci basta, ma subito dopo arriva il test vero.

Buca 15, par 4, 443 metri – Per definizione, è la più difficile buca del percorso. Bunker sui fairway: zero. Bunker attorno al green: tre. Ma la grande difficoltà è una: gli ultimi 165 metri sono tutti in salita, anche dura. Tradotto: mancare il fairway al primo colpo è sentenza sicura di condanna quantomeno al bogey. Condizione che, in effetti, si verifica nel 40% dei casi. Se c’è una buca che ha praticamente del bestiale, è questa.

Buca 16, par 4, 449 metri – Dal tee shot al fairway passano quasi 20 metri di dislivello per una buca che va leggermente da destra verso sinistra, almeno fin all’inizio del green, che è di nuovo verso destra con tre bunker a proteggerlo. E, per una volta, è anche collegato al fairway. Il rischio di centrare i bunker è molto elevato, e quelli sono garanzia quasi sicura di perdere il colpo più che altrove. E, già di suo, questa buca è da 45% di green in regulation.

Buca 17, par 3, 189 metri – L’ultimo, e anche molto fascinoso, par 3 è anche quello in cui c’è un green largo 40 metri circondato da bunker molto profondi. Qui entriamo nel territorio di ciò che non è facile vedere in Ryder Cup, perché il 40,7% dei match (dal 1985) termina prima della 17. Ci si dovesse arrivare, però, qui potremmo vedere numerosi salvataggi spettacolari.

Buca 18, par 4, 376 metri – Tra le poche buche con vere opportunità di birdie sul Black Course, in virtù del layout dritto con green sì protetto dai bunker, ma anche facilmente attaccabile, sarà un test per pochi: l’ultima buca, dal 1985, è stata raggiunta nel 38,7% dei casi. Si può riuscire a salvare il par anche se si centra il rough, anche se non è un’operazione facile. Chiaramente massima attenzione ai bunker laterali, che sono tanti.

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