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Olimpiadi, a Los Angeles 2028 rivedremo il baseball. Sport che, però, ha poco da spartire con il contesto a Cinque cerchi

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Baseball generica

Nella giornata di venerdì 13 ottobre, il Cio ha ufficializzato la presenza del baseball e del softball nel programma dei Giochi olimpici di Los Angeles 2028. Decisione annunciata, alla luce della valenza di cui gode questo sport nella società statunitense. Cionondimeno, è evidente come la disciplina sia un pesce fuor d’acqua nell’ambito a Cinque cerchi. O meglio, rappresenti un accessorio da indossare se l’occasione è propizia.

Avere un’edizione dei Giochi a Los Angeles consente di permettersi quello che per le Olimpiadi è un lusso. Giocare a baseball presuppone avere impianti a esso dedicati. Gli Stati Uniti ne hanno a bizzeffe, così come li aveva il Giappone. Viceversa, la Francia non è attrezzata per la pratica di uno sport che, peraltro, oltralpe non interessa. Ecco la ragione del continuo dentro-fuori. A Tokyo e in California la disciplina è seguita e genera indotto. A Parigi, no.

Non è un caso che il baseball (e la sua controparte femminile) siano presenti nel programma a corrente alternata. Tutto dipende da dove si svolgono i Giochi. Se sono in un Paese dotato di stadi e quel Paese è in grado di riempirli, allora lo si include. Al contrario, lo si esclude. Semplice. Un orpello, appunto. Un “di più” da aggiungere principalmente a uso e consumo di chi, le Olimpiadi, le organizza.

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Verosimilmente, però, gli Usa applicheranno una filosofia tutta loro. Difficile, per non dire impossibile, che la Major League Baseball, ovverosia il campionato americano, venga sospesa per consentire alle stelle di prendere parte ai Giochi. Non accadde nel 1996 ad Atlanta e non si vede perché dovrebbe succedere a Los Angeles nel 2028. I diritti televisivi valgono miliardi di dollari, i professionisti sono profumatamente pagati dalle proprie franchigie di appartenenza e luglio è un mese in cui la MLB è l’unica lega a giocare (le stagioni di NBA ed NHL si chiudono a giugno, quella della NFL comincia a settembre).

Bloccare tutto in favore delle Olimpiadi, stravolgendo un calendario già fitto di per sé, non appare fattibile. Di ridurre il numero di partite di regular season non se ne parla, significherebbe che le 30 franchigie dovrebbero rinunciare a una buona fetta di introiti. “Liberare” solo alcuni giocatori di spicco sarebbe anche peggio, perché falserebbe i valori in campo per diverse settimane. Insomma, pensare che Los Angeles 2028 abbia la priorità sulla MLB è utopia. Anzi, sarebbe concettualmente sbagliato se si ragiona con le dinamiche legate alla disciplina.

Il baseball è uno sport dove, più di tanti altri, conta il lungo periodo. Nonostante ogni squadra giochi 162 partite di regular season, a fine anno spesso e volentieri le classifiche delle varie Division sono tiratissime. In post-season, poi, ogni ipotesi vale il suo contrario. I valori sono fluidi, cambiano di continuo. La regular season serve a stabilire le squadre migliori, dopodiché si elegge una vincitrice. Non necessariamente la più forte, bensì la più in forma a ottobre (il mese tradizionalmente dedicato ai play-off).

Proprio per questo, competizioni come le Olimpiadi o il World Baseball Classic, dove ci si gioca tutto sulla partita secca, hanno poco senso. Per intenderci, è come se nella scherma si assegnassero medaglie olimpiche con assalti sulla stoccata singola anziché arrivare a 15. Oppure è come se nella pallavolo le partite venissero giocate con set al meglio dei 5 punti anziché al meglio dei 25. Avrebbe senso sul piano sportivo? Ben poco.

Ecco perché, piaccia o non piaccia, il baseball poco c’entra con i Giochi olimpici. Non tanto per questioni legate al professionismo, ma per ragioni concettuali nel senso più letterale del termine. Lo abbiamo già visto e lo rivedremo. L’importante è mettere ogni cosa nel giusto contesto. Nel caso di specie è quello dell’intrattenimento e del “di più”.

Foto: La Presse