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Australian Open 2022: Andreas Seppi, mister 66 Slam consecutivi. Superato anche Roger Federer, solo in due meglio dell’altoatesino

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Facendo i dovuti scongiuri, dal momento che da qui a lunedì prossimo può ancora succedere di tutto, specialmente in questo periodo, Andreas Seppi sta vedendo materializzarsi qualcosa in cui potrà dire di essere migliore di Roger Federer. Gli Australian Open 2022 rappresenteranno, infatti, il suo 66° torneo del Grande Slam consecutivo. Uno in più dello svizzero, che si è fermato a 65 interrompendo la serie con il Roland Garros 2016, nell’anno dei problemi alla schiena ricorrenti. Si parla in questo caso, ovviamente, di tabellone principale: tale statistica, in altre parole, non prende in considerazione le qualificazioni, per Seppi come per Federer, altrimenti i numeri sarebbero più elevati.

Sono solo in due ad avere una striscia di Slam giocati di fila più ampia di quelle di Seppi. Uno è Fernando Verdasco: il madrileno si è fermato a quota 67 non partecipando al Roland Garros 2020. Feliciano Lopez, invece, continua a partecipare imperterrito a qualsiasi Slam dal Roland Garros 2002, e sta per assommare la presenza consecutiva numero 78, praticamente impossibile da raggiungere in qualsiasi epoca.

Saranno invece 67 le presenze complessive del nativo di Caldaro, prendendo in considerazione quell’unica volta, delle sei pre-Wimbledon 2005, in cui passò le qualificazioni, e su cui si tornerà in tempo breve. Tale dato lo pone tra i primi sette nella storia, con il sorpasso pronto nei confronti di Lleyton Hewitt, al quale l’altoatesino è legato da varie storie incrociate.

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Andreas Seppi da Caldaro, dopo aver mancato due volte la qualificazione al turno decisivo e un’altra al secondo, nel 2004 riuscì finalmente a qualificarsi per il primo Slam in carriera. US Open, Flushing Meadows, New York. Un anno prima proprio lì aveva lasciato Pete Sampras e Andy Roddick si era preso la prima grande gioia della sua carriera, che sarebbe rimasta anche l’ultima per “colpa” di uno svizzero che poi incrociò sempre nelle restanti finali raggiunte.

L’altoatesino, al tempo, era da pochi mesi entrato nei primi 200 del mondo e aveva debuttato in Coppa Davis (Gruppo II zona Euro-Africana, di fatto l’equivalente della Serie C) con la Georgia, trascinando al quinto set Irakli Labadze e battendo nel quinto match Lado Chikladze. A New York riuscì a eliminare in sequenza il russo Igor Kunitsyn (poi divenuto buon giocatore con un titolo ATP a Mosca), l’argentino Juan Pablo Guzman (al massimo numero 100) e Uros Vico, romano di Spalato ed ex allievo di Riccardo Piatti che è stato per un breve periodo allenatore di Marco Cecchinato.

Nel tabellone principale, Seppi si trovò subito con un ostacolo duro di fronte: Rainer Schuettler, numero 12 del mondo al tempo. Il tedesco non sapeva dell’osso duro in arrivo: l’azzurro rimontò due set di svantaggio e, nel quinto, fiaccò definitivamente colui che, pochi mesi prima, lo aveva battuto dopo aver annullato 10 match point in quel di Kitzbühel. Lo stop arrivò subito dopo, con Michael Llodra, francese che per tutta la carriera ha giocato serve&volley senza mezze misure.

Entrato per la prima volta in un tabellone Slam per classifica a Wimbledon 2005, per un po’ non riuscì a incidere particolarmente nei quattro tornei maggiori. Gli scalpi arrivavano altrove, ed erano anche pesanti: ne seppero qualcosa, tra il 2005 e il 2006, Feliciano Lopez, Joachim Johansson (a Roma; lo svedese, al tempo, era 12° nel ranking), Guillermo Canas, Ivan Ljubicic, Tommy Robredo, Juan Carlos Ferrero (in Coppa Davis a Torre del Greco), James Blake, Lleyton Hewitt (a Sydney), un acerbo Andy Murray. A Wimbledon 2006 fu l’ultimo avversario ad essere battuto da Andre Agassi, che pochi mesi più tardi si sarebbe ritirato nello stesso luogo di Sampras: l’Arthur Ashe Stadium di New York. Il Kid in campo, Pistol Pete con una cerimonia.

2008: l’anno in cui Seppi sconfisse Rafael Nadal (a Rotterdam) e si prese l’unica semifinale in un Masters Series (un anno prima che diventassero 1000) ad Amburgo fu anche quello dei primi terzi turni Slam. Accadde a Wimbledon, con una bellissima partita, pur persa, contro un risorto Marat Safin, e agli US Open, dove fu Andy Roddick a farlo cadere. Nel 2009 fu bersagliato dalla sfortuna nei sorteggi (Federer subito agli Australian Open come vetta), ma ripeté il terzo turno a Wimbledon battendo di nuovo Blake.

Si dovettero attendere tre anni perché qualcosa di nuovo, a questi livelli, succedesse. Il 2012, va detto, è stato l’anno del cambiamento che ha forse svoltato la carriera dell’altoatesino, con l’ingresso nel team di Dalibor Sirola come preparatore atletico. In realtà, delle cose stavano già cambiando dall’estate precedente: la vittoria a Eastbourne (con ridicola sceneggiata di Janko Tipsarevic), il ritorno alla vittoria su avversari di alta classifica. Ma, se si parla di 2012, si pensa ad alcuni precisi mesi: da aprile a giugno.

Nell’ordine: prima il titolo a Belgrado, su un giovane francese di nome Benoit Paire, poi le magie di Roma, dal 2° turno con John Isner all’ottavo, che l’ATP avrebbe scelto come partita dell’anno, con Stan Wawrinka sul Pietrangeli, che chiunque abbia potuto vedere ricorda con estrema precisione. E poi il Roland Garros: battere un Nikolay Davydenko depotenziato, ma pur sempre Davydenko, poi reagire a cinque duri set con il kazako Mikhail Kukushkin battendo in altri cinque Verdasco non è da tutti. Ma l’ottavo con Novak Djokovic restò nella memoria: uno, due set di vantaggio, e il finale di quarto in cui le cose sembrarono girare in un modo, invece lo fecero in maniera definitiva in un altro.

Fu l’inizio di un’altra consapevolezza, di quel che sarebbe diventato l’ingresso nei primi 20 e di un bel 2013, oltre che della saga infinita con l’uzbeko Denis Istomin (è diventato celebre un detto che, in sintesi, suona come: “Seppi e Istomin uno contro l’altro in uno Slam? Fateli iniziare direttamente dal quinto set!”). A Melbourne, vittoria al terzo turno in cinque parziali con Marin Cilic, ma fu il miglior Jeremy Chardy di sempre a far naufragare i sogni di quarti. A Parigi, ci si mise l’iberico Nicolas Almagro al terzo turno. A Wimbledon, scalpo di Kei Nishikori al terzo turno, ma con Juan Martin del Potro non poté nulla agli ottavi, mancati a New York per causa proprio di Istomin. Al quinto, naturalmente.

Nel 2014 iniziò spegnendo la Rod Laver Arena, battendo Hewitt (con il quale ha chiuso in attivo il confronto in carriera: 4-3). Ma fu l’anno dopo che i pezzi del puzzle si incastrarono in modo clamoroso ancora a Melbourne. Istomin al primo turno: soliti cinque set, vittoria. Chardy al secondo turno: vendetta compiuta. Roger Federer al terzo turno. Ecco, di una sconfitta non si sarebbe stupito nessuno. Invece accadde l’impensabile: un set, due set di vantaggio. Perse il terzo, ma di nuovo successe l’imprevedibile: tie-break del quarto, match point, passante in corsa sulla riga, vittoria storica. Il match point ci fu anche contro Nick Kyrgios, in una Hisense Arena (oggi John Cain Arena) infuocata, ma fu bravo l’australiano a rimontare due parziali a vincere 8-6 al quinto.

I terzi turni continuarono e gli ottavi pure, con continuità e anche con qualche sassolino tolto dalla scarpa. Come nel 2017: al secondo turno si consumò la vendetta, a parti esattamente invertite, con Kyrgios: 10-8 al quinto. Poi arrivarono i tre tie-break di Wawrinka agli ottavi a eliminarlo. Un’altra occasione di quarti Seppi la ebbe nel 2018, ma fu fermato dal britannico Kyle Edmund.

Da allora ancora varie partite lottate, qualcuna vinta, qualcun’altra persa, altri scalpi, un po’ di sfortuna, ma anche qualcuno che l’altoatesino l’ha sottovalutato (Felix Auger-Aliassime al Roland Garros 2021, che originariamente neppure avrebbe dovuto giocare a causa dell’infiltrazione all’anca che ormai due volte all’anno deve eseguire). E, infine, un’altra emozione a New York, con le vittorie da brividi sull’ungherese Marton Fucsovics e sul polacco Hubert Hurkacz, prima che il tedesco Oscar Otte gli impedisse di completare quella collezione di ottavi Slam che avrebbe senz’altro meritato.

Se si va a chiedere in giro, si può trovare solo ogni genere di elogio per Seppi. Professionista sempre serio, mai sopra le righe, esempio di dedizione e di sfruttamento delle proprie capacità. Si parla di un uomo che ha letteralmente attraversato tre generazioni del tennis, riuscendo sempre a competere ad alto livello anche quando in molti non gli pronosticavano più risultati adeguati. I risultati del 2021 gli hanno dato nuova benzina per il 2022, che affronta senza più dover rendere conto a nessuno dei propri risultati. Quelli li ha già ottenuti, e vanno per certi versi anche al di là del puro tennis.

Foto: LaPresse / Olycom