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Ciclismo

Domenico Pozzovivo: “Nel 2019 ho avuto paura di morire. Il podio al Giro è un cruccio. Voglio continuare”

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Domenico Pozzovivo ha deciso di avvicinarsi al ciclismo dopo aver provato altri sport, tra cui la ginnastica artistica e il calcio, quest’ultimo su consiglio di suo papà Leonardo. Al ciclismo Pozzovivo si è avvicinato abbastanza tardi, a 11 anni, ma è stato amore a prima vista. Quando parliamo del lucano però è difficile dimenticare quelle immagini dall’elicottero durante il Giro d’Italia 2015 con l’asfalto chiazzato di sangue e il volto tumefatto, dove perse conoscenza. Nel 2018 è stato il miglior italiano alla Corsa Rosa così come al Tour. Al Giro sfuma il sogno del podio finale nella tappa del Colle delle Finestre. E’ stato però uno dei picchi della sua carriera, a 35 anni, chiudendo al quinto posto della generale. Nel 2019 poi, prima della Vuelta mentre si allenava sulle strade del cosentino, fu sbriciolato da un’auto che lo investì ad un incrocio: la diagnosi fu frattura di tibia e perone e frattura pluriframmentata ed esposta del gomito, ma come sempre Pozzovivo è tornato in gruppo. In questa stagione invece è arrivato un altro ritiro per il portacolori della Qhubeka NextHash che non si è presentato alla partenza della settima tappa per via dei postumi della caduta che l’ha coinvolto nella prima parte della sesta frazione. Il 2021 l’ha chiuso con un trentesimo posto al Giro di Lombardia; la prossima stagione, probabilmente, sarà per Domenico l’ultima in gruppo e una volta appesa la bici al chiodo gli piacerebbe fare il preparatore atletico. 

Domenico, come stai? 

“Il Giro di Lombardia è stato faticoso, sono un po’ stanco ma la stagione è finita. Posso tirare un po’ il fiato…” 

Stagione finita, andrai in vacanza?

“Fino a fine mese continuerò a pedalare, anche se a ritmi più blandi, e per divertimento. Magari farò qualche uscita in mountain-bike e poi staccherò la spina per un paio di settimane. Non so ancora se andrò in vacanza, magari rimango a casa a preparare qualche esame universitario.” 

Quanti te ne mancano? 

“Quattro.” 

La prossima stagione?

“Mi auguro che la squadra (la Qhubeka-NextHash, ndr) riesca a continuare e che quindi si possa trovare qualche soluzione. Mi piacerebbe continuare a correre per loro, anche se devo ammettere che è una notizia abbastanza fresca e quindi non ho neanche pensato di cambiare squadra. Sono fiducioso e spero che tutto si possa risolvere.” 

Che voto ti daresti per questa stagione? 

“Un sette. E’ stata una stagione dove ancora una volta sono dovuto ripartire da zero, i risultati non sono arrivati ma sono riuscito a raggiungere un livello più che accettabile.” 

Sabato hai corso il Giro di Lombardia per la 14esima volta. Quali sono le differenze rispetto alla tua prima volta nel 2005 quando a vincere fu Paolo Bettini davanti a Gilberto Simoni? 

“Nel 2005 il mio obiettivo era quello di arrivare al traguardo, e quindi di finire la corsa. L’ho vissuta come una grande fatica ma ero contento. Oggi, a distanza di 14 anni, sono molto riconosciuto dai tifosi e questo fa sempre piacere. Non ero al top della condizione ma ho comunque cercato di essere protagonista.” 

Com’è cambiato il ciclismo rispetto a 15/20 anni fa? 

“Ci sono differenze enormi. Una su tutte? In corse come il Giro di Lombardia oggi non c’è più tempo per scambiare due chiacchiere in gruppo, si va a tutta sin dai primi chilometri e per tutte le sei ore.” 

Quale consiglio daresti ad un giovane che vuole avvicinarsi a questo sport? 

“Quello di riuscire a trovare un buon livello già nelle categorie giovanili ma cercando di avere anche un buon margine di crescita tra i professionisti. Oggi c’è sempre più la tendenza a fare i professionisti già nelle categorie giovanili…” 

Qual è ad oggi il tuo ricordo più bello?

“La mia vittoria durante l’ottava tappa del Giro d’Italia 2012, quella con arrivo al Lago Laceno.” 

E quello più brutto?

“Sicuramente l’incidente nell’agosto 2019 quando mi stavo allenando prima della Vuelta. In quel momento ho avuto paura di morire.” 

Hai qualche rimpianto?

“Devo dire di no, sono sempre stato molto esigente con me stesso e di conseguenza ho sempre cercato di dare il massimo senza mai mollare.” 

In cosa trovi la forza per affrontare i sacrifici che impone la vita da corridore?

“Per me ogni giorno è una continua sfida, cerco sempre di pormi degli obiettivi con lo scopo di far meglio.” 

Non essere riuscito a salire sul podio in un Grande Giro è un cruccio della tua carriera?

“Diciamo di sì, soprattutto perché nel 2018 ci sono andato molto vicino. Questa è una delle cose che non ho ancora digerito (ride, ndr).”

Il tuo rapporto con Nibali? 

“Io e Vincenzo siamo sempre stati avversari sin dalle categorie giovanili. Negli ultimi anni però ci siamo molto avvicinati, abitiamo a pochi chilometri e in bici siamo confidenti l’uno dell’altro. Nei momenti di difficoltà sappiamo come aiutarci, ma siamo molto competitivi. Infatti quando ci alleniamo insieme spesso c’è l’indole a sfidarsi.”

Chi è stato il corridore più forte con cui hai corso in gruppo? 

“Alberto Contador.” 

Hai dei progetti per diffondere il ciclismo nella tua terra, la Basilicata? 

“Seriamente non ci ho ancora pensato, ma la Basilicata sarebbe un territorio ideale per i ciclisti, soprattutto per il poco traffico sulle strade, però bisognerebbe lavorare tanto sulla viabilità.” 

Foto: Lapresse