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Ciclismo, Mondiali 2020: il bilancio italiano. Ganna e Longo Borghini due certezze assolute, per il resto si poteva fare molto di più

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Si conclude a metà il Mondiale italiano di Imola 2020, a cavallo tra le gioie verbanesi dell’oro a cronometro di Filippo Ganna e il bronzo in linea di Elisa Longo Borghini, e la resa azzurra nella prova di iridata di ieri, che ha registrato il trionfo cercato e più che meritato di Julian Alaphilippe, degno campione del mondo della rassegna emiliano-romagnola. Dietro al transalpino, tutti i grandi favoriti, ma non l’Italia, costretta ad accontentarsi di un decimo posto che lascia l’amaro in bocca, in quel Mondiale di casa che avremmo dovuto onorare un po’ di più, e che in realtà è rimasto pressoché incompiuto. 

Filippo Ganna era il favorito numero uno della cronometro iridata, e ha confermato anzi, superato, le aspettative della vigilia. È il ragazzo d’oro del ciclismo azzurro, la speranza e la sicurezza più bella del presente e del futuro del nostro movimento. Un orgoglio da preservare nel tempo, un atleta di grande carattere, cresciuto giorno dopo giorno e arrivato a livelli mai raggiunti dai nostri corridori in questa disciplina della prove contro il tempo. Ha esaltato, ha fatto la storia, e tutti noi gliene siamo grati.

La sua conterranea Elisa Longo Borghini merita solo applausi. È stata l’unica atleta del parterre a contrastare la corazzata olandese. Fa quasi paura vedere la top 4 del Mondiale donne con tre Orange e la nostra piccola grande azzurra in mezzo a loro, con Anna Van der Breggen che si prende tutto, Annemiek Van Vleuten che resiste e supera se stessa nonostante l’infortunio subito al polso, e Marianne Vos, regina delle veterane. Elisa era la punta dell’Italia, e ha svolto al meglio il suo compito. Ha onorato al meglio il tricolore agli Europei, lo ha fatto anche al Giro Rosa, e si è confermata ancor di più la certezza più bella del movimento in rosa del Bel Paese nella rassegna imolese.

Per quanto riguarda la prova regina della gara in linea degli uomini, forse l’Italia non avrebbe dovuto permettersi di presentarsi ad Imola già con l’intenzione di difendersi, e con la certezza di dover partire da sfavorita in mezzo a belgi, francesi e danesi. Forse avrebbe dovuto fare molto di più, ma oramai è troppo tardi. Nella Nazionale di Davide Cassani è mancato l’uomo esplosivo di turno in grado di attaccare pesantemente nel finale di gara assieme agli altri big. Ed ha subito quello che già si aspettava sin dalla vigilia. Anche se fa male vedersi al limite della top ten con Damiano Caruso che ha dato tutto quello che poteva dare, confermando ciò che di buono ha fatto al Tour de France. Il capitano Vincenzo Nibali ci ha messo testa e cuore come sempre, ma sono mancate le gambe per restare con i primi. Lo sapeva anche lui che questo non era il suo percorso, e si è visto.

Molto bene i giovani Andrea Bagioli e Fausto Masnada, che hanno fatto esperienza e bagaglio per il futuro. Hanno dimostrato una certa dose di personalità: una prova più che dignitosa. E’ mancato tutto il resto della Nazionale: ci si aspettava molto da Diego Ulissi ed Alberto Bettiol, ma non avevano la medesima forza di Alaphilippe, Van Aert, Hirschi e gli altri che hanno attaccato nel finale. Un ritmo troppo elevato per loro. Forse Giovanni Visconti e Gianluca Brambilla avrebbero dovuto cercare di scremare un po’ il gruppo, ma adesso non si può fare nulla.

L’Italia incassa un duro colpo, e questo è innegabile, perché non avere l’uomo giusto per la rassegna iridata di casa è da mangiarsi le mani. In ogni caso non avremmo dovuto permetterci di subire la corsa fino all’ultimo giro, quando oramai era troppo tardi. La Francia, la Svizzera ed il Belgio hanno fatto il loro dovere, e sono stati premiati nella maniera migliore possibile. L’Italia ha subito l’inevitabile.

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Foto: Lapresse

1 Commento

1 Commento

  1. Andry84

    28 Settembre 2020 at 09:22

    Mi dispiace mo non è una lettura corretta della gara, qualora l’ Italia avesse scremato il gruppo lontano dal traguardo con il risultato finale che oggettivamente non sarebbe cambiato, ci sarebbero state giustamente le critiche del perchè non si fosse fatta fare la selezione a Belgio , Francia e Danimarca, le squadre con i 3 uomini più forti su questo tipo di percorso.
    Su un percorso come questo, che occorre ricordarlo non è per scalatori, i percorsi per scalatori sono quelli con salite da ripetere più volte di almeno 7 o 8 km con pendenze abbastanza regolari, non si poteva ottenere risultato migliore di un piazzamento e tutti gli addetti ai lavori lo sapevano bene, ed inoltre per attaccare da lontano bisogna ricordare che servono le gambe; ieri uno che le gambe le ha migliori di tutti gli italiani messi insieme ci ha provato ad attaccare da lontano, attacco che ha fatto il solletico alle squadre dei favoriti, certo è servito ad isolare i capitani, i quali sarebbero comunque rimasti soli sull’ ultima salita.
    Ulissi non è uomo di punta per percorsi così lunghi e lo si è capito ormai da anni e Bettiol non può essere competitivo su pendenze così estreme da ripetere per di più tante volte durante la giornata.Caruso e Nibali hanno fatto quello che si chiedeva loro ovvero provare a stare con i 5 o 6 capitani delle altre nazionali e qualora non ci fossero riuscito, cosa pressochè certa, arrivare subito nel gruppetto dietro.Giriamola come vogliamo ma oltre un buon piazzamento non si poteva andare con le gambe degli italiani, è più facile mischiare le carte su percorsi di media durezza, ma su percorsi come questo la differenza la fanno i fuoriclasse , e l’Italia,per questo tipo di corse, non ne ha, non lo scopriamo certo oggi

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