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F1, Red Bull, qual è il tuo vero volto? Conviene essere un team costruito solo attorno a Max Verstappen?

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Alla luce di quanto visto a Zeltweg, sia nel Gran Premio d’Austria che in quello di Stiria, si è notato un fatto interessante. Nella stragrande maggioranza dei team le prestazioni velocistiche di entrambi i piloti sono state comparabili. Certo, non sempre abbiamo assistito a equilibrio assoluto, poiché qualcuno è stato più efficace del compagno di squadra, ma in ogni caso non si sono registrate enormi differenze nelle performance. Fa eccezione la Red Bull. Qui, infatti, Alexander Albon è stato completamente sovrastato da Max Verstappen.

In particolare, quanto accaduto nella giornata del 12 luglio, è stato eclatante. Quando l’olandese ha effettuato il suo primo pit-stop è rientrato in pista appena davanti al thailandese. Erano passate solamente ventiquattro tornate, eppure Max aveva già costruito sul compagno di squadra un margine tale da potersi permettere una sosta ai box. Non a caso, Verstappen girava costantemente un secondo più rapido rispetto ad Albon. La situazione si è ripetuta nel finale, quando l’olandese, dopo essere stato sorpassato da Bottas, si è nuovamente fermato per montare gomme morbide allo scopo di cercare il giro veloce, senza temere di perdere la posizione.

Francamente, ieri è sembrato di rivedere il film della prima parte della stagione 2019, durante la quale Pierre Gasly veniva sovente preso a bastonate dell’ingombrante team mate. Fortunatamente per il thailandese di Londra, la Ferrari è ben lontana dalla competitività dell’anno passato e, al contempo, la qualifica bagnata ha fatto sì che le Racing Point partissero dalle retrovie, anziché nelle primissime posizioni. Se le “Mercedes rosa” fossero scattate davanti, allora Albon avrebbe rischiato di trovarsi in una situazione imbarazzante, ovvero quella di essere incapace di tenere il ritmo di Perez e forse anche quello di Stroll.

Questa stridente differenza di prestazioni fa sorgere spontanea una domanda. Qual è il vero volto della Red Bull? Si tratta di una vettura in grado di tenere testa alle Mercedes, come dimostrato da Verstappen, oppure l’olandese sopperisce in maniera clamorosa alle mancanze di una monoposto che non è all’altezza delle W11 e vale poco più delle Racing Point e delle McLaren? Con tutto il rispetto per Albon, che nella seconda parte del 2019 ha comunque convinto più di quanto fatto da Gasly prima di lui e che domenica 5 luglio ha lottato per il podio nel GP condizionato dal ripetuto ingresso della safety car grazie a una brillante strategia con gli pneumatici, l’impressione è che effettivamente il reale valore della Red Bull sia principalmente quello espresso dall’olandese.

Il thailandese ha l’opportunità di gareggiare in un top team, ma al tempo stesso non sta vivendo una situazione facile. Infatti non dobbiamo dimenticare che esattamente due anni fa, proprio in questo periodo, Daniel Ricciardo maturò la decisione di abbandonare la Red Bull per trasferirsi alla Renault. Una mossa che sorprese moltissimi osservatori e addetti ai lavori, ma giustificata dalla situazione in cui si ritrovò l’australiano. Il pilota di Perth sentiva infatti che il team orbitava ormai attorno a Verstappen e, piuttosto che vedersi ridotto a seconda guida di fatto, preferì cambiare aria.

Ebbene, finché Daniel e Max sono stati compagni di squadra, i risultati dei due sono stati assolutamente comparabili. Nei quasi tre anni di convivenza, il team di Milton Keynes ha vinto 9 Gran Premi e ottenuto 40 podi. Traguardi divisi pressoché equamente (5 successi e 22 top-three per l’olandese, 4 affermazioni e 18 podi per l’australiano). La musica però è cambiata dal momento in cui Ricciardo se ne è andato. La Red Bull si trasformata in un one-man team, con tutti i risultati di grido raccolti da Verstappen.

Viene da chiedersi se questa politica sia produttiva. Da un lato, sicuramente, permette al pilota olandese di essere prima guida indiscussa e di poter avere tutta la squadra al suo servizio. Al tempo stesso, però, avere un’unica punta può essere deleterio per il team stesso. Innanzitutto perché con una “formazione” di questo tipo, diventa decisamente più complicato, per non dire impossibile, lottare per il Mondiale costruttori. In secondo luogo perché, nel caso Verstappen possa davvero dire la sua per il titolo piloti, rischierebbe di trovarsi da solo contro le due Mercedes, che dal canto loro potrebbero effettuare giochi strategici, prendendo l’olandese tra due fuochi. Opzione che invece non avrebbe la Red Bull.

Dunque avere due piloti su un livello simile converrebbe sicuramente alla squadra Christian Horner, ma probabilmente anche a Verstappen. Forse una “spalla” degna di questo nome potrebbe essere proprio Albon. Sappiamo come la vicinanza prolungata a un punto di riferimento di primissimo piano possa permettere di crescere e migliorare a chi si trova su un livello inferiore. Affinché questo possa avvenire, però, sono necessarie stabilità e fiducia incondizionata da parte del management anche nei momenti difficili. Due caratteristiche che la dirigenza di Milton Keynes non sembra avere granché. Citofonare Gasly per delucidazioni in merito…

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paone_francesco[at]yahoo.it

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Foto: La Presse

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