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Sollevamento Pesi

Olimpiadi. L’eroe turco che cambiò nazione e nome pur di sollevare il mondo: Naim Suleymanoglu e i tre ori olimpici nei Pesi

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Il sogno olimpico val bene un cambio di nazionalità e anche di nome. E’ la storia di Naim Suleimanov che nasce il 23 gennaio 1967 a Ptichar, un villaggio di montagna della provincia di Kardzhali, in Bulgaria, dove più della metà degli abitanti è di origine turca, come lui, e forma la maggioranza assoluta. Il padre è un minatore di zinco alto poco più di un metro e mezzo, la madre lavora in una serra e non supera il metro e 45 centimetri.

Comincia a sollevare pesi da quando ha 9 anni: 30 chili distribuiti su poco più di un metro. A 10 anni vince la sua prima gara, a 12 la rinomata scuola bulgara di pesistica si accorge che è nato per fare il sollevatore: tre anni più tardi fa segnare il suo primo record. A 16 anni diventa il secondo di soli sette atleti a sollevare di slancio tre volte il suo peso. La sua statura aumenta, ma non supererà mai il metro e 52. L’occasione olimpica gli sfugge una prima volta nel 1984, quando la Bulgaria si unisce all’Unione Sovietica nel boicottaggio delle Olimpiadi americane: in quella stessa estate solleva 30 kg più del campione olimpico.

Il fatto di essere stati i “padroni”, conquistatori e invasori durante l’impero ottomano, rendeva i turchi indigesti alla nazione bulgara, che ebbe rapporti sempre conflittuali con quella minoranza straniera e musulmana. L’ondata di emigrazione più grande si ebbe nel 1989, quando 310.000 turchi lasciarono il regime comunista di Todor Zhivkov proprio a causa di quel programma di repressione cominciato nel 1984 che prevedeva la bulgarizzazione della minoranza turca con la rinuncia forzosa a nomi ed usanze musulmane.

Proprio nel dicembre del 1984 Suleimanov, di ritorno a Momchilgrad per trovare i parenti, scopre che una manifestazione turca è stata repressa violentemente dalle autorità bulgare. La campagna anti-turca si intensifica: le moschee vengono chiuse, le tradizioni musulmane bandite, così come lingua e vestiti turchi. Chi non rispetta le regole viene arrestato o addirittura giustiziato. È questo il clima che nel 1985 accompagna il sollevatore ad un raduno di allenamento di dieci giorni a Melbourne, dove viene avvicinato da disertori bulgari di origine turca che gli propongono di fare lo stesso gesto. Naim rifiuta, ma li avverte che se il governo bulgaro gli dovesse imporre il cambio di nome, come già successo ad altri turchi, allora si ricrederebbe.

Al ritorno in Bulgaria gli viene confiscato il passaporto, sostituito da uno nuovo fiammante con scritto Naum Shalamanov; come se non bastasse di lì a poco esce su un giornale una finta intervista che gli attribuisce un sentimento di orgoglio per aver ripreso il suo “vero nome bulgaro”. L’anno successivo Naim/Naum torna a Melbourne per i Mondiali di sollevamento pesi: alla fine del torneo si unisce al resto della squadra bulgara per un banchetto al ristorante Leonda, nel sobborgo di Hawthorn; durante il ritrovo si scusa e raggiunge i bagni scomparendo nel nulla. Dopo essersi nascosto per quattro giorni riappare al consolato turco chiedendo asilo: viene fatto salire su un volo per Londra, dove trova ad attenderlo il jet privato del primo ministro turco Turgut Özal diretto in Turchia. Una volta sbarcato, bacia il suolo turco diventando immediatamente eroe nazionale.

Le regole olimpiche vogliono che un atleta che cambia nazionalità debba aspettare tre anni prima di prendere parte ad una competizione internazionale, a meno che non riceva una liberatoria dalla nazione d’origine. Il governo bulgaro fu lieto di scambiare nel 1988 la liberatoria con un assegno da più di un milione di dollari del governo turco, oltre all’assicurazione che Suleimanov/Shalamanov avrebbe smesso di criticare pubblicamente la loro politica. Finalmente turco, il sollevatore assunse a livello internazionale il nome di Naim Süleymanoğlu, il corrispondente “vero nome turco” del “falso nome bulgaro”.

A Seul nel 1988 Suleymanoglu si presentò da grande favorito e non tradì le attese del popolo turco facendo segnare ben tre record del mondo progressivi, 152,5 kg di slancio e 190 kg di strappo, per un totale di 342,5 kg, un peso che nel 1956 consegnò la medaglia d’oro dei pesi massimi a Paul Anderson che pesava quasi 40 chili in più del turco. Suleymanoglu, soddisfatto per il trionfo olimpico, lasciando Seul era convinto di ritirarsi dalla attività agonistica ma al rientro in Turchia fu accolto in Kizilay Plaza di Istanbul da oltre un milione di tifosi festanti che salutarono come un semi-dio colui che fu in grado di riportare l’oro olimpico in Turchia dopo venti anni di digiuno.

Lui, davanti alle telecamere della Tv di stato, rispose così, mostrando la medaglia d’oro. “Questa non è la mia medaglia, questa è la medaglia del popolo turco“, diventando il vero simbolo della nazione. Non abbandonò l’attività e, quattro anni dopo, a Barcellona, tornò sul gradino più alto del podio, battendo nettamente Nikola Peshalov, guarda caso, bulgaro, unico atleta ad avere inflitto una sconfitta a Suleymanoglu negli otto anni precedenti, in occasione degli Europei del ’92, tre mesi prima delle Olimpiadi.

La incredibile serie di successi di Suleymanoglu non era finita perché nel 1996 ad Atlanta il turco, quasi trentenne, si presentò ancora una volta da grande favorito. A contendergli il titolo fu l’emergente greco Valerios Leonidis, che l’anno prima perse il mondiale, pur sollevando gli stessi chilogrammi del turco, perché pesava 200 grammi in più di Suleymanoglu. Il bi-campione olimpico era talmente potente in patria da possedere 21 case e da non pagare mai in qualsiasi ristorante si presentasse anche con una nutrita compagnia di amici. Per la terza vittoria olimpica il governo turco promise a Suleymanoglu la 22esima casa e 10 kg d’oro e lui, ancora una volta, si fece trovare pronto, nonostante le 50 sigarette al giorno che era solito fumarePer trovare – amava dire – la mia pace interiore”.

Fu una gara durissima con il greco, animata da un tifo indiavolato delle due tifoserie che affollavano il Georgia World Congress Center. A fare la differenza fu lo slancio, 147,5 del turno, 145 del greco che provò a superarsi nello strappo, fermandosi però a 187,5 come l’avversario, con un tentativo molto vicino alla riuscita a quota 190 che gli avrebbe dato l’oro. Oro che andò ancora una volta a Suleymanoglu, che provò quattro anni dopo a Sydney a fare poker di vittorie olimpiche, fallendo però i tre tentativi di ingresso a quota 145 kg nello slancio e lasciando via libera ad un altro ex bulgaro, Peshalov, che nel frattempo, come Suleymanoglu, aveva cambiato nazionalità, trasferendosi in Croazia.

Ancora prima di chiudere la carriera agonistica, si dedicò alla politica senza troppo successo. Alle elezioni generali turche del 1999 si candidò come indipendente a rappresentare la Provincia di Bursa nella Grande Assemblea Nazionale; nel 2002 venne candidato dal Partito del Movimento Nazionalista a sindaco della municipalità di Kıraç (provincia di Istanbul) e rappresentò lo stesso partito alle elezioni generali del 2006. Fallì in tutti i suoi tentativi. Sottoposto a trapianto di fegato a seguito di una cirrosi nell’ottobre 2017, e successivamente colpito da emorragia cerebrale con conseguente edema, è scomparso nel novembre dello stesso anno all’età di 50 anni.

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