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F1, I piloti immortali: Mika Hakkinen, l’incubo di Schumacher e della Ferrari a fine anni ’90

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Mika Hakkinen, il grande rivale di Michael Schumacher sul finire degli anni ’90. Un duello che segnò a lungo la Formula Uno. Parliamo del pilota che negò due titoli alla Ferrari con la sua McLaren e che ha saputo trionfare in un’epoca nella quale il duello tra le due scuderie era davvero a livelli altissimi. Un grande pilota, che ha fatto di velocità e costanza le sue armi migliori, trovando il massimo della propria carriera ben oltre i 30 anni di età. Il finlandese, nato a Vantaa il 28 settembre del 1968, si avvicinò al mondo dei motori già da piccolo. A cinque anni gli fu regalato il primo kart, a 10 vinse il primo titolo regionale, mentre nel 1981 conquistò il Finnish Karting Championship, nella categoria F-mini series, titolo ripetuto anche nei 5 anni successivi. Dopodiché intraprese la carriera nelle categorie minori, preso per mano dal manager Keke Rosberg (padre di Nico, e campione del mondo di F1 nel 1982) che lo portò fino alla massima categoria del motorsport.

L’esordio in Formula Uno arrivò, infatti, il 10 marzo 1991 con il Gran Premio degli Stati Uniti sul circuito cittadino di Phoenix. Il finnico era al volante della Lotus 102B e fu costretto al ritiro per colpa del motore dopo 59 giri. Dopo quell’amaro esordio Hakkinen fu nono in Brasile, quindi quinto a Imola. Da quel momento la sua annata si trasformò in un calvario. Sei ritiri, non qualificato a Magny-Cours in Francia, quindi un solo piazzamento nella prime 10 posizioni in Messico. La seconda annata andò solo leggermente meglio, merito di due quarti posti tra Francia e Ungheria, ma sei ritiri (e la non qualificazione di Imola) non gli permisero di andare oltre l’ottavo posto in classifica generale e, soprattutto, di trovare un sedile per il 1993. O, per meglio dire, non in maniera ufficiale. La McLaren propose a Häkkinen un ingaggio, ma la sua effettiva partecipazione in gara era subordinata alla decisione di Ayrton Senna di continuare a correre con la McLaren, o meno. Il finlandese, quindi, rimase nel ruolo di collaudatore fino alle ultime 3 gare, quando prese il posto di Michael Andretti, che era ormai tornato a correre negli Stati Uniti. Iniziò quindi con il ritiro nel Gran Premio del Portogallo l’epopea di Hakkinen con il team di Woking. La seconda gara lo vide addirittura sul podio a Suzuka, un brillante terzo posto alle spalle di Ayrton Senna e Alain Prost.

Il primo anno effettivo con la McLaren si rivelò davvero complicato. Sei ritiri nelle prime sette uscite (inframmezzati dal terzo posto di Imola), quindi un altro terzo posto a Silverstone prima dell’incidente di Hockenheim che gli costò la squalifica per il Gran Premio di Ungheria. Dopo quella penalità Hakkinen cambiò registro e fu secondo a Spa alle spalle di Damon Hill, quindi terzo a Monza, Portogallo e Jerez de la Frontera, prima di due piazzamenti interlocutori tra Giappone e Australia. La graduatoria generale, in una annata funestata dalla morte di Ayrton Senna e Roland Ratzenberger, lo vide comunque quarto con 26 punti, a debita distanza da Michael Schumacher che centrò il suo primo alloro iridato. Un nome, quello del tedesco, che torneremo a sentire nei prossimi anni…

Se il 1994 aveva fatto ben sperare, il 1995 si rivelerà il peggiore anno della sua carriera, fino a quasi rischiare la vita ad Adelaide. Per il finlandese i ritiri sono ben 9, più una non partecipazione nel Gran Premio del Pacifico di Aida per infortunio, quindi una per il terribile incidente nelle prove libere del Gran Premio di Australia. Per colpa di una foratura al posteriore, la sua MP4/10B decollò su un cordolo ad oltre 200kmh, andando a schiantarsi lateralmente contro la classica pila di gomme che, per fortuna, gli salvò la vita. Il pilota entrò però in coma, rimanendovi per due giorni, avendo riportando il taglio della lingua, la perdita di numerosi denti, una frattura allo zigomo e una alla base del cranio. Inoltre, in seguito a questo incidente riportò un problema di udito all’orecchio destro.

Nel 1996 Mika Hakkinen tornò in pista senza problemi e chiuse l’annata al quarto posto assoluto grazie a numerosi podi, ben otto (4 secondi posti e 4 terzi). Un andamento molto simile al 1997 quando concluse ancora una volta al quarto posto generale ma, finalmente, ebbe modo di centrare il primo successo della carriera. Il portacolori della McLaren, infatti, salì sul gradino più alto del podio nella famigerata gara di Jerez, l’ultimo atto della stagione, quella, per intenderci, del celebre contatto tra Michael Schumacher e Jacques Villeneuve. Un segnale che ormai la vettura era divenuta competitiva.

La conferma, prorompente, arrivò nel 1998. Mika Hakkinen conquistò il primo titolo della sua carriera dopo una splendida sfida con Michael Schumacher e la sua Ferrari. Il finlandese iniziò alla grande con la doppietta Australia-Brasile, quindi fu secondo in Argentina, ma fu costretto al ritiro ad Imola. Nelle sette gare successiva dominò la scena con 4 vittorie (Spagna, Monaco, Austria e Germania) ma il tedesco non mollò e si presentò alle due ultime gare ancora in piena lizza. Hakkinen non lasciò scampo con due successi al Nurburgring e Suzuka con il rivale che si ritirò e chiuds a 14 lunghezze di distacco.

Nel 1999 arrivò il bis per il finlandese, in un Mondiale contraddistinto dal grave infortuno di Michael Schumacher a Silverstone. Le sue veci le farà, eccome, Eddie Irvine, che darà grande filo del torcere al pilota della McLaren, fino all’ultima gara. La McLaren si dimostrò una vettura formidabile quanto fragile, con cinque vittorie e altrettanti ritiri. Irvine rimase in scia grazie ad una costanza incredibile, e tutto si decise sul filo di lana a Suzuka nell’ultimo appuntamento. Hakkinen non si fece distrarre dal duo di Maranello e vinse gara e titolo con 76 punti contro i 74 dell’avversario nord-irlandese.

Si passa al 2000, l’anno nel quale Michael Schumacher e Mika Hakkinen portarono il loro scontro al massimo livello. Il tedesco fu protagonista di un avvio di campionato impressionante con 3 successi iniziali consecutivi e, nel complesso, cinque nelle prime sette uscite. Hakkinen, tuttavia, non mollò la presa, inanellò piazzamenti a podio uno dietro l’altro e approfittò dei 4 ritiri del ferrarista tra Monaco, Francia, Austria e Germania. Il finale di campionato si animò, Hakkinen vince in Austria, quindi in Ungheria e provò a mettere in crisi mentale il rivale. Si arrivò a Spa. La gara del clamoroso sorpasso del finlandese sul rettilineo del Kemmel. Schumacher stava conducendo la gara, ma il portacolori della McLaren recuperò secondo su secondo fino a sferrare il sorpasso mentre il tedesco doppiava il brasiliano Ricardo Zonta. Dalle tre vetture appaiate prima della staccata di Les Combes-Malmedy uscì vittoriosa quella del finlandese, che si portò a +6 sul rivale. L’onda lunga della McLaren, tuttavia, si esaurì proprio nelle Ardenne, dato che le ultime 4 prove furono un poker di successi per il ferrarista che andò a spezzare il lunghissimo digiuno della scuderia di Maranello che perdurava dal lontano 1979.

L’ultima stagione di Mika Hakkinen nel Mondiale di Formula Uno fu il 2001, una annata nella quale la Ferrari dominò in lungo ed in largo e per i rivali non rimasero che le briciole. Per il finnico arrivarono i successi a Silverstone e Indianapolis che lo portarono al quinto posto in classifica generale. Viste le numerose difficoltà incontrate decise di terminare la sua carriera ritirandosi. Inizialmente dichiarò di volersi prendere soltanto un anno sabbatico per stare più vicino alla sua famiglia, ma il ritiro fu definitivo esclusa qualche presenza nel campionato DTM. Dopo essersi ritirato il finlandese partecipò occasionalmente ad alcune gare di rally a partire dal 2003, per poi gareggiare nel DTM con la Mercedes dal 2005 al 2007, conquistando tre vittorie. La sua ultima partecipazione in una gara professionistica risale al 2013, quando vinse una gara a Zhuhai.

Mika Hakkinen, quindi, chiuse la sua esperienza nella Formula Uno con 165 Gran Premi disputati, 20 vittorie, 51 podi, 26 pole position, 25 giri veloci e, soprattutto, 2 titoli iridati nel bel mezzo dell’era di Michael Schumacher. Due successi che, quindi, assunsero un valore ulteriore. Tra i due grandi rivali ci furono spesso battaglie serrate ma sempre molto corrette, con un profondo rispetto che è andato anche oltre la pista.

 

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alessandro.passanti@oasport.it

Twitter: @AlePasso

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Foto: Lapresse

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