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Ciclismo

Francesco Moser e Giuseppe Saronni: l’ultima grande rivalità a tinte italiane. Duelli che hanno fatto la storia

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La rivalità tra Giuseppe Saronni e lo Sceriffo Francesco Moser è stata un unicum nella storia del ciclismo italiano. Tra i due campioni del pedale azzurro di fine anni ’70/inizio anni ’80, infatti, non c’era solo un mero dualismo sportivo, ma un’autentica e forte antipatia a livello personale. Non si sopportavano. E quest’inimicizia si rifletteva anche sulle tifoserie dei due fuoriclasse. Le due fazioni, infatti, erano molto calorose, fin troppo calorose. Più che i supporter di due corridori, i Saronniani e i Moseriani sembravano gli aficionados di River Plate e Boca Junior.

Questa contrapposizione tra Saronni e Moser, due grandissimi talenti protagonisti in praticamente qualsiasi gara, finì per oscurare interamente tutto ciò che li circondava. Per gran parte della stampa e gran parte dei tifosi, il resto del gruppo non esisteva più. La stessa organizzazione del Giro d’Italia, nel periodo a cavallo tra gli anni ’70 e gli anni ’80, disegnò le edizioni della Corsa Rosa più semplici di sempre dal punto di vista altimetrico in modo da favorire due atleti che avevano il loro tallone d’achille proprio nella salite più lunghe e dure.

Moser era un passista fortissimo a cronometro e in possesso di doti regali sul pavé. Insieme a Octave Lapize è l’unico corridore a essere stato capace di conquistare tre Parigi-Roubaix consecutive. Era dotato anche di un buonissimo spunto veloce. Tuttavia, Saronni gli era nettamente superiore allo sprint. Il lombardo, infatti, era financo capace di imporsi con costanza negli arrivi a ranghi compatti. Beppe era un atleta più esplosivo di Francesco, si esaltava particolarmente sui percorsi vallonati ove poteva detonare la dinamite che aveva nelle gambe. Memorabile la fucilata con cui vinse il Mondiale di Goodwood nel 1982.

I due ebbero anche due carriere diametralmente opposte. Moser fu un atleta particolarmente longevo. Fiorì presto, a 22 anni ancora da compiere vinse la prima tappa al Giro e a 23 conquistò otto corse in una stagione inclusa la Parigi-Tours, e tramontò tardi. La parabola del trentino durò dal 1974 al 1986. Al contrario Saronni, ancora più precoce, andò incontro a un declino prematuro. A 19 anni conquistò sei gare tra i professionisti. A 20 furono diciotto. Tra i 21 e i 25 non scese mai sotto i venti trionfi stagionali con il picco dei 27 del 1982. Nel 1983 arrivò la doppietta Milano-Sanremo e Giro d’Italia (il suo secondo). Dopodiché, iniziò un periodo buio nel quale fece registrare qualche bagliore, come il secondo posto al Giro del 1986, ma in cui non toccò neanche lontanamente i picchi della sua gioventù.

Due furono, in particolare, gli episodi chiave di questa rivalità. Il primo avvenne nella puntata del 2 giugno di “Tutti al Giro”, una trasmissione che si teneva dopo la tappa durante il Giro d’Italia del 1979. Quel giorno si era svolta la Treviso – Pieve di Cadore che aveva visto cadere il norvegese Knut Knudsen, rivale di Saronni per la maglia rosa. Beppe accusò Moser di non avergli dato una mano a guadagnare su Knudsen, cosa che, a suo dire, avrebbe dovuto fare poiché era terzo in classifica e per solidarietà tra italiani. Il trentino, dal canto suo, controbatté seccato perché il lombardo continuava a provocarlo. I due si lanciarono frecciatine per circa dieci minuti, mentre la situazione diventava sempre più incandescente.

L’altro grande capitolo di questa faida, invece, è quello che riguarda il Campionato Italiano del 1981. Saronni è il campione uscente e alla partenza dichiara di non preoccuparsi di Moser e di ritenere Giovanni Battaglin, fresco vincitore del Giro d’Italia, il suo rivale più temibile. Francesco, indispettito, inasprisce la gara mandando all’attacco i suoi gregari. La cosa non va a genio a Saronni e i due arrivano al punto di litigare in corsa. Il lombardo accusa il trentino di non essere nemmeno più capace di andare in bicicletta. Lo Sceriffo, però, anziché farsi trascinare nella polemica, si carica con quelle parole e si prenderà la rivincità. A 7 km dalla fine Moser porta il suo attacco, stacca il rivale e gli sfila la maglia tricolore.

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luca.saugo@oasport.it

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Foto: Lapresse

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