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Superbike, Mondiale 2019: Marco Melandri cerca il rilancio in un team satellite della Yamaha. Una nuova sfida a 36 anni

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Il primo Gran Premio del Mondiale Superbike è ormai alle porte e c’è tanta curiosità nell’ambiente per capire quanto potrà essere competitivo Marco Melandri nella sua nuova esperienza con il Team GRT, una squadra satellite della Yamaha. Il 36enne ravennate è reduce da due buone stagioni in Ducati in cui ha portato a casa tre vittorie di manche e 23 podi complessivi, non riuscendo però quasi mai ad essere competitivo allo stesso livello del compagno di squadra Chaz Davies terminando il campionato in quarta (nel 2017) e quinta posizione (l’anno scorso) a distanza siderale rispetto al dominatore Jonathan Rea.

Melandri è stato appiedato dalla scuderia di Borgo Panigale in favore dell’iberico Alvaro Bautista, perciò l’azzurro ha scelto di intraprendere un nuovo percorso con il debuttante team GRT, per mezzo del quale avrà a disposizione nel 2019 una Yamaha YZF-R1. Il nostro portacolori proverà a dimostrare a sé stesso e ai detrattori di poter ancora dire la sua in Superbike, ma per farlo dovrà far valere la sua esperienza andando più forte del compagno di squadra tedesco Sandro Cortese, un buon pilota capace di vincere l’ultimo Mondiale Supersport ma sulla carta alla portata del ravennate.

La moto presumibilmente non permetterà a Marco di competere per il Mondiale, ma con un buon lavoro di messa a punto e di sviluppo del mezzo si potrà togliere diverse soddisfazioni magari fin dalla prima tappa di Phillip Island. Il Campione del Mondo 2002 della classe 250 proverà infatti a bissare la doppietta ottenuta nella passata stagione in Australia in sella alla Ducati, ma la concorrenza sarà sempre più agguerrita e non sarà semplice avvicinare il podio all’esordio assoluto nel nuovo team. Il talento del pilota è fuori discussione ma dovrà ancora una volta dimostrarlo sul campo in questa nuova, stimolante e rischiosa avventura di una carriera ormai ventennale che proverà ad arricchire ulteriormente nei prossimi mesi.

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Foto: Valerio Origo

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