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Sanremo 2019. La storia. Le più brutte canzoni del Festival: da Jovanotti a Toto Cutugno, tutti gli orrori sanremesi

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La migliore espressione della musica italiana. Almeno per anni, questo è stato il Festival di Sanremo. Ma anche e soprattutto in quegli anni, forse oscurato proprio dalla bellezza di molti brani, è esistito (e mai tramontato) un altro Festival, quasi parallelo. Il Festival degli orrori. Brani finiti (spesso fortunatamente per gli autori) nel più assoluto oblio, che rispolverare diventa uno dei più divertenti esercizi pre-Festival. Sperando, naturalmente, che il Baglioni-bis non ne regali altri. E sperando anche che non si offenda, ma che anzi ringrazi, chi non vedrà comparire il proprio obbrobrio musicale in questa selezione dop di brani da dimenticare.

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IL ‘JOVA’
Ebbene sì, Jovanotti in un’ipotetica classifica delle bruttezze sanremesi può fregiarsi quasi di un record. Nell’anno della terribile “Vasco” (1989), incredibilmente quinta e capace di mettersi alle spalle mostri sacri come Paoli, Vanoni e Di Capri, non contento della performance da autore ‘Jova’ firma anche l’impalpabile “Stella” dell’improbabile duo Benedicta e Brigitta Boccoli, from “Non è la Rai”. Perseverante.

IL (FU) MATIA BAZAR
Carlo Marrale, storico componente dei Matia Bazar, tenta la fortuna da solista nel 1994 firmando un pezzo tra i più dimenticabili del decennio. “L’ascensore” si blocca al 18° posto, e in memoria non rimane neppure il terribile ‘stapadubam’ finale di questa canzoncina alla camomilla. Soporifero.

‘U BABBA’
Nell’agghiacciante 1989 di “Vasco” e “Stella”, si iscrive alla classifica delle canzoni dimenticabili (e per molti fortunatamente dimenticate) anche Marisa Laurito. Per l’attrice napoletana che gioca a far la cantante “Il babà è una cosa seria”. Il babà sì, sarà serio. La canzone, meno. Profanatrice!

CUTUGNO L’AGRESTE
Stanco di secondi posti e di complimenti (spesso meritatissimi), nel 1995 Cutugno si ribella e scrive “Voglio andare a vivere in campagna”, il brano più brutto della sua infinita produzione da autore e cantautore, che riesce incomprensibilmente a mettersi alle spalle addirittura tre brani, giungendo 17esimo. Rimarrà nell’orecchio di tanti, ma noi preferiamo di gran lunga ricordare il Toto di città. Disorientato.

PIANGE IL TELEFONO
Alessandro Canino nel 1993 prova a bissare il successo di Brutta dell’anno precedente ma incappa in questa “Tu tu tu tu”, canzoncina sconsigliabile ai diabetici per eccesso di glucosio con mirabili passaggi come “tutututu cuore occupato che a quest’ora resterò nel tuo pigiama, bottone innamorato”. Per gli amanti del trash consigliabile il video girato tra un autoscontro di un luna park deserto, probabilmente della Barbagia, e una sorta di zattera che naviga in un insano e anonimo affluente del Po. Il regolamento che esclude nove canzoni dei ‘big’ che saranno semplicemente etichettate come ‘non finaliste’ gli evita un ultimo posto certo nella finalona del sabato sera. Graziato.

Claudio Bolognesi

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Foto Shutterstock

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