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Beatrice “Bebe” Vio: “Non è campione chi vince una medaglia ma chi lotta per i propri sogni e li realizza”

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Reduce dai trionfi delle Paralimipiadi di Rio de Janeiro (1 oro individuale ed un 1 bronzo a squadre nel fioretto), Beatrice “Bebe” Vio è felice di poter festeggiare il Natale, ricordando col sorriso tutte le vittorie conquistate in questa stagione fantastica, sulla pedana brasiliana, ma anche i tanti riconoscimenti, mediatici e non, ricevuti  per le qualità di atleta  e persona speciale. Bebe, intervistata da Avvenire, ricorda quel 2008 quando aveva 11 anni ed una meningite fulminante rischiò di porre fine alla sua vita. Le conseguenze di un’infezione ed di una necrosi ad avambracci e gambe porta all’amputazione degli arti. Per molti, questa sarebbe stata la fine ma per la ragazzina veneta no. “La mia vita non è la mia malattia” e per questo vede nel fioretto e nell’Associazone art4sport, creata dai suoi genitori per ragazzi portatori di handicap, una via d’uscita.

All’inizio l’unico membro ero io ed ora siamo in 18 ed a breve saliremo a venti“- ricorda la Vio. Una lezione di vita che ha avuto il suo apice a Rio e sono tanti i ricordi che l’azzurra ha dell’esperienza brasiliana: “Indubbiamente l’ingresso al Maracana sventolando il tricolore durante la cerimonia di chiusura rimane uno dei ricordi più belli insieme alla vacanza post Paralimpiadi che ho fatto con tre miei compagni di squadra!”.

Una Bebe a 360° che guarda ai trionfi personali ottenuti ma soprattutto a quello che c’è da fare per far sì che il movimento paralimpico possa crescere sempre di più: Londra 2012 ha aperto la strada e Rio ne ha seguito la scia. Per rendersene conto basta pensare allo spazio mediatico che hanno avuto le Paralimpiadi anche nel nostro Paese. Purtroppo, però, molto spesso non c’è conoscenza delle possibilità esistenti nell’ambito paralimpico, capita che i genitori stessi non sappiano che esistono un sacco di sport che il loro figlio potrebbe praticare. Questo è uno dei punti di vista su cui si deve lavorare – sottolinea la 19enne di Mogliano Veneto (TV) che aggiunge: “Il problema vero non è la mancanza di impianti o di attrezzature, ma di conoscenza nel mondo paralimpico. Abbattere le barriere vuol dire prima di tutto abbattere le paure dei ragazzi e dei loro genitori.

La veneta confessa, poi, di vivere bene il suo essere personaggio pubblico ammettendo di avere, lei stessa, dei punti di riferimento chiari: “Ce ne sono tantissimi. Solo per citarne alcuni penso ad Alex Zanardi e Martina Caironi, tra i paralimpici, ed il “Dream Team” (Valentina Vezzali, Arianna Errigo ed Elisa Di Francisca) per la scherma olimpica, perchè ciascuna delle azzurre mi ha sempre ispirato“. Altro particolare importante sottolineato è l’incontro con Margherita di art4sport: “A soli dieci anni mi ha ha insegnato che non diventa campione chi vince una medaglia ma diventa campione chi lotta per i propri sogni e li realizza nonostante tutto. Margherita, infatti, che pratica taekwondo, voleva iscriversi a una gara insieme a dei bambini normodati, ma non volevano inserirla. Alla fine è riuscita a partecipare ed a conquistare il terzo posto, nonostante abbia gareggiato nell’under 11 contro maschi e femmine. Un mito“.

A chiosa, sugli obiettivi futuri l’azzurra non ha dubbi: “Le Paralimpiadi di Tokyo nel 2020. Prima però c’è la Coppa del Mondo ad Eger (Ungheria) il prossimo febbraio”:

giandomenico.tiseo@oasport.it

Twitter: @Giandomatrix

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Foto da Federscherma

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