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Sochi 2014: Olimpiadi di luci e ombre azzurre

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Siamo un paese alpino, eppure le Olimpiadi invernali sono percepite in misura senz’altro inferiore rispetto a quelle estive. Forse perché la Penisola, in quanto tale, s’affaccia per tre quarti sul mare e dunque neve e montagne possono apparire piuttosto distanti. Ma un buon numero di persone segue ugualmente le discipline invernali, sport del resto emozionanti tanto quanto quelli estivi, e di conseguenza anche i giochi di Sochi hanno scatenato la passione di tanti tifosi.

L’Italia ha partecipato con 113 atleti, delegazione non paragonabile a quelle di Stati Uniti (230), Russia (225) e Canada (221), nazioni senz’altro agevolate da una maggiore presenza negli sport di squadra. Il bilancio finale parla di otto medaglie, due argenti e sei bronzi: dodicesimo paese in termini assoluti come numero di allori, appena ventiduesimo nel medagliere vista l’assenza di uno o più ori. Rispetto a Vancouver 2010 si ha una crescita quantitativa (in Canada appena cinque medaglie), ma una decrescita qualitativa, perché là l’oro in extremis di Giuliano Razzoli mise a posto tante cose. Non ha troppo senso, invece, fare un paragone con i successi di Torino 2006, perché un’Olimpiade in casa porta (quasi) sempre un numero nettamente maggiore di podi rispetto alla media. Dunque, che giudizio si può dare sull’Italia di Sochi?

Tutto sta al peso che si attribuisce all’oro. Certo, si parla di “medaglia più ambita” non a caso, perché un campione olimpico viene ricordato in eterno. In fin dei conti, la vera domanda può essere: si preferisce un paese che conquista magari due medaglie d’oro e basta , o un paese che porta a casa un numero maggiore di medaglie ma sfiora soltanto il successo più prestigioso? Anche qui, si tratta di un ragionamento estremamente soggettivo. Chi scrive preferisce la seconda ipotesi: ovviamente fa male, malissimo non aver potuto intonare il Canto degli Italiani davanti alla televisione o anche solo, dal punto di vista giornalistico, non aver potuto scrivere un articolo completamente celebrativo di un successo totale, pieno, esaltante come solo un oro sa essere.



Però otto medaglie testimoniano uno stato di salute sicuramente almeno buono degli sport invernali azzurri. E non apriamo il capitolo quarti posti, esattamente otto: centesimi, attimi, frazioni che separano un atleta dalla storia dello sport, ma aggiungono, tra i mille rimpianti, dimostrazioni di qualità e di valore della nazionale azzurra.

Perché lo sport, appunto, è spietato e va accettato in quanto tale: e le Olimpiadi da questo punto di vista lo sono ancora di più. Premiano atleti sempre e comunque meritevoli, ma non necessariamente i più forti in quella disciplina, perché le mille variabili di una gara secca sono dietro l’angolo; tante volte queste variabili, in inverno come d’estate, hanno sorriso all’Italia. E lasciano giù dal podio, tra lacrime amare che non sono mancate, chi meriterebbe ancora di più di salirci su quel podio, per la propria carriera, per la propria costanza di rendimento, per la propria storia personale. Prendere o lasciare, lo sport è così. E Sochi, dal punto di vista azzurro, ha avuto tante luci quante ombre.

foto: credit Fisi

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marco.regazzoni@olimpiazzurra.com

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