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Ciclismo

Marianne Vos, la macchina perfetta

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Abbiamo già parlato più e più volte della straordinarietà di Marianne Vos, un’atleta che, al netto della difficoltà di fare paragoni tra sportivi di epoche e discipline diverse, sembra davvero avere pochi eguali nella storia dello sport.

Partiamo da un dato non di poco conto: ha 26 anni, dunque, teoricamente, almeno un’altra decina di stagioni davanti a sé per incrementare un palmarès che già ad ora lascia senza aggettivi. Tre titoli mondiali su strada (più cinque argenti), sei volte iridata del ciclocross, due su pista (corsa a punti e scratch), due Olimpiadi (corsa a punti 2008 e corsa in linea 2012): una quantità abnorme di successi in corse di ogni genere, di un solo giorno o a tappe, nei velodromi, nei boschi o in strada, per un totale di circa 240 volte, considerando le varie discipline, nelle quali Marianne Vos ha primeggiato. Senza contare che da quest’anno ha iniziato a fare sul serio anche con la mountain bike, per non farsi mancare proprionulla.

Su strada, poi, si scatena: in volata ha un’unica, vera rivale, ovvero la nostra Giorgia Bronzini, ma Marianne è capace di vincere in ogni modo, attaccando da sola o in gruppo, a 2 come a 60 km dalla conclusione, allo sprint, appunto, o in salita. Limiti? Pochi. Quest’anno al Giro Rosa ha dimostrato di soffrire le salite molto lunghe, non così frequenti nel ciclismo femminile, pagando un pesante dazio sull’arcigno Beigua; inoltre la cronometro non è mai stata la sua specialità prediletta. Ciò non toglie che la Vos sia sempre la favorita numero uno ad ogni corsa, proprio perché capace di esaltarsi su qualsiasi tipo di percorso e di vincere in ogni modo, come si vede, puntualmente, ad ogni edizione dei Campionati del Mondo.

Fermo restando l’eccezionalità del fenomeno, la storia di Marianne Vos insegna anzitutto una cosa, ovvero l’importanza della “polivalenza” nel ciclismo: allenarsi su più settori, sfruttare la pista e il cross aiutano tantissimo a migliorare sul piano tecnico, atletico e tattico anche per la strada. In Italia questo assunto sembra essere stato recepito solo dalle ragazze, grazie anche ad alcuni allenatori “illuminati”: ma l’applicazione tale regola potrebbe fare miracoli anche nel ciclismo maschile.

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foto tratta da cyclingnews.com

marco.regazzoni@olimpiazzurra.com

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