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Il 2016 del rugby italiano: la filosofia di Conor O’Shea la base da cui ripartire in vista del Sei Nazioni, Eccellenza possibile vivaio. Troppe ombre per Zebre e Benetton

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Il 2016 volge ormai al termine ed è già tempo di fare bilanci relativamente alla stagione rugbistica appena trascorsa. Non sono certamente mancate le delusioni nell’ambito di un movimento ormai in crisi da troppi anni, a cui si aggiunge anche una cultura di questa disciplina non troppo radicata nel nostro Paese, un fattore che finisce sovente per costituire un serio ostacolo allo sviluppo dello sport medesimo sul territorio nazionale. Allo stesso tempo, tuttavia, non si possono non sottolineare con gioia alcuni passi avanti realizzati nel corso dell’annata, la cui conferma nel futuro prossimo rappresenta una discriminante decisiva al fine di comprendere quale 2017 dobbiamo aspettarci sia nel settore azzurro sia in quello dei club.

L’approdo del ct irlandese Conor O’Shea sulla panchina dell’Italia costituisce di certo una base molto interessante, con l’esperto coach britannico chiamato a risollevare l’andamento e le motivazioni di un gruppo reduce dalla fallimentare gestione guidata dal tecnico francese Brunel. La filosofia di O’Shea ha già fatto intravedere ottimi riscontri sul piano pratico, e non c’è dubbio che quanto osservato nel corso dei Test Match di novembre si configuri come un buon viatico sul quale proseguire. Nei 240 minuti di rugby azzurro internazionale si sono viste cose positive e altre in cui ancora c’è molto da lavorare. Tra le prime spunta sicuramente l’esordio di molte giovani promesse che hanno ben figurato, a testimonianza di un movimento comunque in grado di proporre nuovi talenti in procinto di sbocciare. Dall’altro lato, la sconfitta patita nell’ultimo incontro all’Euganeo di Padova contro Tonga, appena una settimana dopo lo storico successo ottenuto ai danni del Sudafrica in quel di Firenze, ha avuto il merito di palesare una lezione importante: non si era fenomeni una settimana prima, come ha ricordato George Biagi, non si è scarsi oggi. L’importante è, appunto, imparare la lezione. Capire cosa non ha funzionato all’Euganeo e capire dove si è sbagliato come collettivo o individualmente. E porsi un nuovo obiettivo ambizioso – ma realistico – in vista del prossimo 6 Nazioni. A novembre si è fallito quello dei due successi, pur conquistando una vittoria storica, e dalla sconfitta gli azzurri sapranno sicuramente ripartire per quella crescita che è nel progetto di Conor O’Shea. E’ certo, però, che il primo passo da compiere al fine di affermare il proprio nome nell’èlite di questo sport sia l’ingresso nella Top 10 del ranking internazionale, obiettivo irraggiungibile se non si trova la continuità necessaria per vincere le partite alla nostra portata. Nella speranza che il gioco a tratti positivo e propositivo visto in Nazionale si rifletta ora anche nelle franchigie.

Proprio da quest’ultimo ambito arrivano forse le note più dolenti, se si considera che nel fine settimana andrà in scena il derby tra Zebre e Benetton Treviso valido per il prestigioso Guinness Pro12, non fosse altro che stiamo parlando delle ultime due squadre della graduatori con un bilancio davvero pessimo. Almeno, si potrebbe dire, questa volta un’italiana porterà a casa la vittoria. Eppure, a stupire ancora di più è il fatto che questa sfida sia stata presentata a Milano in pompa magna qualche giorno fa, nonostante la situazione di evidente difficoltà nella quale versano entrambe le protagoniste.

Due vittorie in tutto, una a testa, per Zebre e Benetton Treviso, che anche quest’anno non sembrano in grado di fare il salto di qualità. Un derby che vede i bianconeri presentarsi con due punti di vantaggio in classifica, ma gli ultimi due weekend di rugby europeo hanno sorriso alla Benetton, reduce dalle due vittorie contro Bayonne, mentre per le Zebre lo score contro Tolosa è stato pesantemente negativo. E, poi, ci sono i problemi fuori dal campo a non lasciar tranquille le due franchigie. Da un lato c’è la Benetton, stufa di far da comparsa in un torneo che non dà soddisfazioni e che, ancora una volta, nelle scorse settimane ha paventato la possibilità di dire addio e di tornare all’Eccellenza. Dall’altro ci sono le Zebre, dove le tensioni non si allenano (stipendio pagato in ritardo e polemica sarcastica sui social da parte di Venditti, ndr.), mentre si parla di un rapporto compromesso tra la dirigenza e la FIR, con il futuro dei bianconeri sempre più a dubbio.

Qualche nota lieta proviene infine dall’Eccellenza, vero e proprio vivaio per il rugby azzurro come dichiarato da Conor O’Shea: “In Eccellenza ci sono giocatori molto interessanti che possono diventare un valore aggiunto per la Nazionale – ha dichiarato O’Shea – il nostro obiettivo è però non solo conoscere i giocatori, quanto l’ambiente e la realtà del rugby italiano perché sono le strutture a fare la differenza».

I margini di miglioramento ci sono dunque, anche se il movimento non potrà mai eguagliare quello di altri paesi ben più attrezzati, ma prendere coscienza degli errori effettuati nel 2016 è di certo il primo passo da compiere per un 2017 che si spera possa riavvicinare gli appassionati ad uno sport troppo spesso ridotto nella sua visibilità a pochi appuntamenti, nei quali spesso nemmeno si è fatta una degna figura.

simone.brugnoli@oasport.it

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Foto: Profilo Twitter FIR

 

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