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Nuoto

Gabriele Detti: “Ho un rimpianto e mezzo nella mia carriera. Le acque libere mi interessano”

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Detti / Lapresse

Gabriele Detti è stato l’ospite speciale dell’ultima puntata di SwimZone, trasmissione visibile sul canale Youtube di OA Sport. Il 31enne toscano ha saputo lasciare il segno nella storia del nuoto italiano, ottenendo due medaglie di bronzo ai Giochi Olimpici di Rio 2016 (nei 400 e nei 1500 metri) e conquistando uno strepitoso titolo mondiale a Budapest 2017 negli 800. Dopo alcuni anni molto difficili, anche per via di alcuni problemi di salute, l’azzurro sta provando a risalire la china esplorando anche nuovi orizzonti come la knockout in acque libere.

Sul magnifico terzo posto olimpico nei 400: “Ne ho tanti di bei momenti, ma anche un po’ meno belli su quel 400 lì. Da fuori poteva sembrare una serie tv drammatica, perché all’inizio sono ultimo poi pian piano accelero e recupero, ma da dentro è stata totalmente drammatica…Poi per carità, è andata bene e ho toccato terzo, però durante la gara è stata davvero una bella sfida perché trovarsi sesto o settimo ai 300 metri è un bel colpo. Sono sempre stato cosciente del fatto di avere una buona chiusura e poi le cose sono andate bene, ma di aneddoti ce ne sarebbero tanti partendo già dalla mattina. Dopo la batteria entro in finale con il terzo tempo e mi rendo conto che potrei giocarmi qualcosa di grosso. Muto. Io dopo la batteria del 400 fino a venti minuti prima della finale non ho aperto bocca. Mi ricordo che probabilmente è stata una delle pochissime volte in vita mia che quando sono arrivato in piscina al pomeriggio avevo le cuffiette. Non era da me. Comunque sicuramente è un bel ricordo. Tra qualche mese è anche il decennale di quella gara“.

Mi ricordo due cose in particolare di Budapest. Uno dei primi giorni quando siamo arrivati stavamo facendo i classici riscaldamenti in vasca gare, io alzo lo sguardo e nel maxischermo c’era Tom Daley, il tuffatore della mia età che aveva vinto, ed io tre me e me pensavo: ‘Però, chissà cosa si prova a vincere un oro mondiale’. Poi dopo la batteria degli 800 arriva il giorno della finale e la mattina andiamo a fare un bagno. Il pomeriggio dopo pranzo mi ricordo che stavamo riposando in camera io e Greg. Quando mi sveglio prendo il telefono, mando un messaggio ai miei e dico: ‘Oggi vinco io’. Mai fatto in vita mia… Era una frase sbagliatissima, infatti non ho avuto risposta. Poi abbiamo gareggiato, è andata bene e la sera quando prendo il telefono c’era un messaggio dei miei che non posso ripetere: ‘Cosa ti metti a dire ste cose?’. Avevo lavorato talmente tanto bene, sapevo di stare talmente tanto bene…“, racconta Detti.

Ho un rammarico e mezzo nella mia carriera probabilmente. Uno è la mancanza dell’800 a Rio, ma quella è una cosa che va oltre l’immaginario collettivo e la possibilità di farlo o non farlo. Poi il rinvio di un anno, purtroppo per cause di forza maggiore, delle Olimpiadi di Tokyo. A Tokyo poi ci sono arrivato con malattia in corso, tutto quel che è, non è andata come sarebbe dovuta andare, ma se fosse stato l’anno prima staremmo parlando di tutt’altro, e questa è una convinzione che non mi toglierà mai nessuno. D’altra parte sono abituato e ho abituato chi mi ha sempre seguito a periodi alti e periodi bassi, fa parte del gioco ed è andata così. Questo rammarico e mezzo lo avrò per sempre, ma fortunatamente negli anni sono riuscito ad andare avanti e ad accettare la cosa. Non so di che colore, ma secondo me a Rio potevo prenderne tre di medaglie invece che due se ci fosse stato l’800“, prosegue il nativo di Livorno.

Sui problemi fisici che hanno caratterizzato la sua carriera: “Ne ho avute tante nella vita, ma come dicevo prima fa parte del gioco che potesse essere la spalla, l’infezione alle vie urinarie nel 2015, il Citomegalovirus a Tokyo. Andando per logica quella forse è stata un po’ la parte peggiore, perché la spalla sapevo di curarla per una via o per l’altra e l’infezione poi passa. Il Citomegalovirus non sapevo di averlo, anche se sapevo di non star bene perché me ne rendevo conto avendo nuotato 3:49 al Settecolli prima delle Olimpadi con una fatica abominevole. Abbiamo fatto delle analisi basic e sembrava tutto bene, quindi arrivo lì e so di non essere al 100% ma so comunque bene o male di potermi giocare qualcosa. L’anno prima dopo il Covid al Settecolli avevo notato 3:43 con un mese di stop totale, facendo solo un po’ di palestra a secco in garage a casa. Però arrivare lì dopo il 400 la mattina e pensare: ‘Ora cosa mi invento?’. È quel senso di impotenza, che è difficile anche da spiegare magari a chi ti è intorno, che diventa quasi un loop in testa e nel momento in cui ti diventa un loop o comunque non fai altro che pensarci è quasi corrosivo. Ti autoconvinci del fatto che le cose non vanno bene, quindi rimani un attimo fregato, cioè ti freghi da solo fondamentalmente. Ed ecco che in quel momento lì è successo e per liberarmene c’è voluto tanto. Io ne sto uscendo adesso, poi però l’età è andata avanti, diversi tipi di fatiche, le priorità magari cambiano. La priorità comunque è ancora fare questo perché mi diverte, mi piace e nel piccolo mi dà ancora soddisfazioni, però è stato un percorso molto lungo, ho avuto bisogno di più persone e tante persone mi hanno dato una mano, quindi è stato un bel colpo“.

Al di là degli infortuni fisici, quando inizia a intaccare la testa, forse è il momento anche magari di fermarsi un attimo e valutare le situazioni. Io ho avuto la fortuna col tempo di trovare qualcuno che mi aiutasse e le cose sono andate poi bene, ma non da un punto di vista di risultati, proprio da un punto di vista mio umano. Poi non nego che gareggiare per andare più forte mi farebbe piacere, però se nel momento in cui entro in acqua faccio un determinato tempo, è perché è quello. È inutile poi girarci intorno, cercare motivazioni come il cambio allenatore, la fatica, il periodo dell’anno. Evidentemente valgo quello, ok, faccio quello, prendiamo quello e va bene così. Sto a casa, sto a casa, non è un problema. Quel che ho fatto mi ha soddisfatto. Ora mi soddisfa, ma mi piace anche rendermi conto del fatto che le cose vanno avanti“, aggiunge Detti.

Sullo stato di salute del nuoto italiano: “È bellissimo vedere che il movimento del nuoto non si è fermato ai nomi vecchi, ma che le nuove leve stanno volando. In particolare Carlos D’Ambrosio, che abbiamo visto andare molto forte tutto l’anno. Io credo che comunque i vari Luca De Tullio, che comunque nuota sotto 14:50 e 7:44, poi il ragazzo che nuota con me Matteo Diodato è andato sotto i 15 minuti, Giovannoni 14:56. Diamogli un po’ di tempo. Secondo me per preparare distanze del genere non si può improvvisare. Serve tanto lavoro, serve anche tanto tempo. Ora abbiamo tanto tempo da qui alla prossima Olimpiade, quindi io credo che le soddisfazioni arriveranno anche dal mezzofondo“.

Sulla nuova esperienza nelle acque libere:Con questo nuovo format della knockout è una cosa che mi interessa. Io a Golfo Aranci sono andato semplicemente per provare e vedere se potesse piacermi, mi sono divertito quindi è una cosa da tenere in considerazione per questa stagione perché comunque è un qualcosa che mi può fare anche un po’ svagare e non pensare solo alla mia corsia facendo avanti e dietro. È una cosa carina. Intanto devo capire bene come si nuota in mare, devo abituarmi un po’ anche al contatto fisico, alle botte, al giro di boa. Però come dicevo è stata un’esperienza molto bella, anche totalmente nuova. Poi da cosa nasce cosa. Io ho ancora voglia di farlo, quindi vedremo durante la stagione ed in ogni caso non andrà a intaccare a intaccare il metodo di allenamento attuale non essendo una 10 km o un 50 stile. Sono le gare che praticamente preparo, non cambia molto rispetto alla preparazione di un 400 o di un 800. Abbiamo deciso di buttarci in questo mondo e vedere cosa potrà uscirne. La staffetta sarebbe un’altra cosa ancora, potrebbe essere carino e vedremo. Comunque le uniche gare in mare che faccio sono queste…“.

Sulle prospettive per i prossimi anni:Los Angeles 2028 sarà bellissima da guardare dal vivo magari, ma dalle tribune. Avrò 34 anni. Diciamo che vivo giorno per giorno e stagione per stagione. Sarei ipocrita a dire che nuoto per scaldare l’acqua. Alla fine nuoto con i miei obiettivi e ovviamente farò di tutto per realizzarli. Poi se questo dovesse portarmi da qualche parte bene, altrimenti va bene lo stesso. Come abbiamo detto c’è un periodo per ogni cosa, il mio l’ho fatto e spero di continuare a farlo, ma non so dire in che campo. Gli Europei 2026? Dico solo che ho un conto aperto con Parigi, il resto lo lascio intendere“.

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