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Basket

NBA: Simone Fontecchio, l’ora giusta? A Miami nuova fiducia da Spoelstra

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Simone Fontecchio
Fontecchio / Marty Jean-Louis/Sipa USA / IPA Sport

Che sia forse giunta, dopo i momenti davvero poco felici ai Detroit Pistons, l’ora buona per Simone Fontecchio? Può essere. Dopo le prime due partite della stagione regolare NBA Erik Spoelstra (non proprio uno di quei nomi leggerissimi) ha dimostrato di volergli dare fiducia nei suoi Miami Heat e lui l’ha ripagata. 13 punti nella prima partita, 14 nella seconda.

Ne mancano 80, questo è vero, ma potremmo trovarci di fronte a una nuova svolta per il classe 1995 che, lo scorso anno, tanta fatica ha fatto a trovare spazio nella Motor City. Del resto, nelle svariate interviste estive di cui è stato protagonista non ha mai smesso di rimarcare quanto la considerazione di lui fosse stata scarsa. E come, in altre parole, fosse stato sostanzialmente reso un elemento di poca utilità, dopo che invece a Detroit si era deciso di puntare su di lui nello scambio con gli Utah Jazz e ancor più dopo altre vicende della franchigia.

Tant’è: le cose in NBA sono capaci di cambiare in un attimo, e non solo per i giocatori che navigano nella fascia di Fontecchio (leggere alla voce Luka Doncic per credere: a proposito, a Dallas sono ricominciati i cori contro Nico Harrison). Sebbene in estate si fossero paventate delle possibilità di taglio, mai c’è stata la vera sensazione che il pescarese potesse uscire dal roster e prendere un’altra strada (Eurolega, potenzialmente). La realtà è che sia da una parte che dall’altra l’approdo è stato vissuto bene: Fontecchio conosce bene la trentennale cultura degli Heat, gli Heat sanno cosa aspettarsi da Fontecchio e soprattutto come ritrovare qualcuno che ha le qualità cestistiche giuste.

Non è soltanto l’ammontare di punti a restituire fiducia sul conto dell’italiano. Ma c’è anche un altro discorso: minutaggio, modo di stare in campo, possibilità che gli vengono date dai compagni. E adesso, peraltro, potrà farsi trovare ben più che pronto in un momento in cui Miami le difficoltà le ha e avrà per un po’, perché la possente indagine FBI sui legami di alcuni elementi della NBA con la mafia e le scommesse ha tolto di mezzo Terry Rozier (e, a tal proposito, la lega dovrebbe interrogarsi sui come e sui perché dell’arrivo a tal punto, visto un certo tipo e numero di sponsor). In questo contesto far bene è possibile, ancor più se si considera che, a parte Bam Adebayo e Andrew Wiggins, non è che si stia parlando di una squadra di superstar. Il contesto ideale per darsi quella dimensione che ai Jazz era parsa più che meritata, e che ai Pistons pareva persa perché c’era stata l’illusione del finale di annata 2023-2024, frustrata da un 2024-2025 vissuto ai margini. Stavolta, però, il piede sembra molto più del tempo dell’ingresso in NBA.

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