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CiclismoStrada

Lorenzo Germani: “In Italia mancano opportunità di calendario e di crescita. Consapevolezza diversa dopo la Veneto Classic”

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Lorenzo Germani
Lorenzo Germani / Lapresse

Dopo una stagione in costante crescita, Lorenzo Germani chiude il 2025 con sensazioni molto positive. Il 23enne corridore della Groupama-FDJ ha mostrato maturità e continuità, culminate con una prova convincente alla Veneto Classic, dove ha corso con grande determinazione, dimostrando di poter ambire a traguardi importanti. Germani guarda già al futuro con entusiasmo e fiducia, consapevole del proprio percorso e del valore dell’esperienza accumulata tra i professionisti.

Hai raggiunto la tua miglior condizione proprio sul finire di stagione: sei soddisfatto nel complesso di questo 2025?
“Sì, sono soddisfatto perché sono riuscito a mantenere una buona regolarità durante tutto l’anno. È stata una stagione lunga e impegnativa, ma credo di aver fatto un passo avanti importante sotto molti punti di vista. Sono particolarmente contento del Giro d’Italia che ho disputato: è stata un’esperienza che mi ha fatto crescere tanto, sia fisicamente che mentalmente. E poi la Veneto Classic è stata una bella chiusura, una gara che mi ha lasciato ottime sensazioni e che considero di buon auspicio per la prossima stagione.”

La Veneto Classic potrebbe aver rappresentato una svolta nella tua carriera?
“Direi di sì, perché mi ha dato una grande consapevolezza nei miei mezzi. Non pensavo di poter puntare al risultato, l’obiettivo iniziale era aiutare Romain (Grègoire, ndr), ma durante la corsa ho capito che stavo bene e che potevo restare davanti fino alla fine. Queste situazioni ti fanno capire che puoi davvero essere competitivo, e da lì nasce una fiducia diversa. È una spinta importante per affrontare il 2026 con ancora più convinzione.”

Ognuno ha i suoi tempi, e per te l’adattamento da U23 a professionista non è stato immediato: che difficoltà hai incontrato?
“L’adattamento è sempre una fase delicata. Il livello tra gli Under 23 e i professionisti è altissimo, e appena arrivato mi sono trovato subito a correre un calendario molto impegnativo, con tante gare World Tour. Più che vere e proprie difficoltà, direi che sto seguendo il mio percorso naturale di crescita. La squadra mi ha sempre supportato, senza mettermi pressione, ma dandoci fiducia reciproca. Nel ciclismo ognuno ha i suoi tempi di maturazione: c’è chi esplode subito e chi, come me, ha bisogno di un po’ più di tempo per consolidarsi. L’importante è continuare a crescere passo dopo passo, e credo di essere sulla strada giusta.”

Qual è il tuo punto di forza e quale quello più debole?
“Penso che il mio punto di forza sia la capacità di adattarmi a diverse situazioni di corsa. Il mio punto debole, paradossalmente, è proprio il fatto di non avere ancora un punto di forza definito, una caratteristica dominante.”

Per le tue caratteristiche, quali sono le corse più adatte?
“Credo che i percorsi vallonati siano quelli che più si adattino a me. Mi piace l’idea di entrare in una fuga di giornata e potermi giocare le mie carte, anche se oggi il livello è altissimo e nulla è semplice. Ma in gare di quel tipo posso esprimermi bene e, magari, cercare di portare a casa un bel risultato.”

Anche nel 2026 i Mondiali si svolgeranno su un percorso impegnativo: la maglia dell’Italia è un tuo obiettivo?
“La maglia azzurra è sempre un onore e un’emozione unica. Ogni volta che si rappresenta l’Italia è qualcosa di speciale. Però, realisticamente, non è il mio primo obiettivo per la prossima stagione, detto questo se arrivasse una convocazione sarebbe sicuramente un grande orgoglio.”

Quale obiettivo vorresti realizzare nel 2026?
“Mi piacerebbe vincere una corsa, indipendentemente dal livello, perché sarebbe la conferma di tutto il lavoro fatto finora. E poi voglio fare un bel Giro d’Italia, essere protagonista, aiutare la squadra e, chissà, magari provare qualcosa di importante. Il Giro rimane una corsa speciale per ogni italiano.”

Per fare il corridore sei dovuto andare all’estero da giovanissimo: una strada ormai obbligata in Italia?
“Sì. All’estero ci sono strutture e formazioni che investono tantissimo nei giovani, con programmi internazionali che ti permettono di crescere e confrontarti subito con i migliori. In Italia ci sono realtà valide, ma purtroppo spesso mancano le stesse opportunità di calendario e di crescita. Rifarei esattamente le stesse scelte, perché ha permesso di diventare il corridore che sono oggi.”

E il sogno della tua carriera?
“Senza dubbio vincere una tappa al Giro d’Italia. È il sogno che porto dentro da quando ho iniziato a correre”. 

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