Tiro a segno
Danilo Dennis Sollazzo: “Conta vincere, il resto è un contentino. A Los Angeles non voglio ripetere la figura di Parigi”
Danilo Dennis Sollazzo ha rilasciato una lunga intervista nel corso dell’ultima puntata di OA Focus, trasmissione visibile sul canale Youtube di OA Sport. Due settimane dopo aver firmato il nuovo record mondiale di finale nella carabina ad aria compressa dai 10 metri in Coppa del Mondo a Ningbo, il fenomenale azzurro ha ripercorso le tappe principali della sua carriera svelando alcuni aneddoti interessanti e tornando anche sul suo debutto olimpico a Parigi 2024.
“Ho iniziato all’età di 11 anni e mezzo, ma la mia passione per il tiro era cominciata già quando avevo 10 anni. Ero con mio padre in vacanza in Sicilia e c’era una fiera in cui mi ha portato a sparare alle lattine. Prima volta a 10 anni mi ha spiegato come mettere le tacche della pistola ed è stato molto divertente. Ho fatto 40 lattine su 40 e da lì volevo continuare perché proprio mi piaceva da morire, e per risparmiare un attimino mio padre mi disse: ‘Quando torniamo a casa ti porto al poligono. Basta adesso, che costa troppo’ (ride, ndr). Poi però la passione è diventata per la carabina. Un anno e mezzo dopo mi ha portato in un poligono, perché quello dove dovevo andare era bruciato da poco, sennò avrei iniziato anche prima. E in quest’altro poligono volevo fare pistola, proprio perché iniziai così al baraccone, però non era la mia strada. A parte che spari con un braccio solo ed è un tiro a zona, con la carabina ho trovato un feeling veramente allucinante. La carabina addosso, il fatto di allineare tutti gli organi di mira e guardare al centro, e dove miravo andava il colpo, era una sensazione allucinante e per me è stato stupendo. È stato subito amore“, racconta il lombardo classe 2002.
“Ho provato un po’ tutti gli sport da piccolo. Ho provato pallavolo, calcio, basket, rugby, ma nessuno mi ha mai preso come il tiro, anche perché comunque sono alto 1,63 e in qualsiasi altro sport fisico in cui serve l’altezza, ammetto che non avrei mai trovato uno sbocco, rimanevo sempre fuori squadra, e quindi ho trovato la mia pace interiore in uno sport individuale in cui ero soltanto io contro me stesso. Verso il secondo anno ragazzi, che era più o meno a 14-15 anni, feci quinto posto ai Campionati Italiani di categoria e da lì mi chiamarono per un provino nazionale da cui sono rimasto lì fino ad ora. Sono rimasto all’interno della Nazionale da quando ho 15-16 anni“, dichiara Sollazzo.
“Io provo proprio una passione, un piacere nell’adrenalina di gara che in molti provano quasi fastidioso, però a me è una sensazione che piace da morire. Infatti per esempio nell’ultima finale in Cina a Ningbo ammetto che ero entrato un po’ con la mentalità di essere carne da macello, però me la volevo godere perché sparare con tiratori di altissimo livello che al singolo errore che fai sei fuori, è un qualcosa che mi eccita da morire. Nel nostro sport possiamo dire che è un 70% di come funziona la tua testa e un 30% tecnica. Se anche la tecnica fosse perfetta, se non riesci a gestire le tue emozioni, i ritmi, i pensieri ed i passaggi della tecnica, non riuscirai mai a fare dei tiri di alto livello, o perlomeno se capita sono molto casuali, non sono replicabili. Io ho fatto un percorso di disciplina mentale molto intenso. Vengo seguito regolarmente dallo psicologo della Nazionale Massimiliano Di Liborio, una persona eccezionale. Sono veramente contento che la Nazionale abbia scelto lui per seguire noi come atleti. Ci vuole tanta voglia di fare, perché se tu ti spaventi, butti nel cesso tutto quello che hai fatto. Devi goderti la finale e mettere in pratica ciò che hai imparato, senza avere pensieri complessi. Non puoi andare a pensare di inventarti qualcosa, devi semplicemente replicare quello che hai imparato negli allenamenti e nelle competizioni precedenti, facendo errori ,sì, e crescendo ancora di più“, aggiunge il tiratore italiano.
“È uno sport molto di equilibrio, molto di tecnica, in cui non c’è ancora veramente dietro una scuola e degli studi approfonditi a livello dinamico, tipo scuola dello sport per cui uno sa perfettamente come correre con il metodo giusto più veloce ed economico. Qui è molto andare a tentativi, seguendo i tuoi allenatori che sono passati anche loro attraverso questi step e quindi sanno indirizzarti un po’ di più, facendoti risparmiare tempo in queste prove perché alla fine ognuno ha il proprio stile di tiro. Per quanto quando uno ci guarda da fuori sembriamo tutti molto uguali, se vai a guardare più nel dettaglio vedrai che abbiamo tutti quanti delle posizioni completamente diverse e ognuno ha il suo stile di tiro“, afferma l’argento iridato del 2022.
Sulla delusione per il quinto posto alle Olimpiadi di Parigi: “Ammetto che è ancora una ferita aperta. L’unica cosa che mi viene da dire è che se la finale fosse stata fatta subito dopo la qualifica, probabilmente sarei andato molto meglio. Nell’ultimo periodo avevano deciso che le finali sarebbero state il giorno dopo la qualifica. Io già soffro un po’ di insonnia, poi con tutto lo stress, le aspettative, l’ansia, l’aver potuto parlare con altre persone nel mentre, alla fine ho passato una notte senza dormire e sono arrivato lì con la mia testa era completamente ovattata dai pensieri e dal nervoso. Me la sono mangiata, è il mio unico rammarico quello, però è andata così e ho imparato molto, infatti dopo Parigi ho iniziato a lavorare veramente sodo sotto l’aspetto tecnico e mentale, e questi sono i risultati“.
“A Los Angeles non voglio fare un’altra figura di m…. (ride, ndr). Per me già il secondo posto è il primo di chi non ce l’ha fatta, perché alla fin fine è chi vince che vince. Il resto è un po’ solo un contentino per me, quindi non riuscirò mai ad essere veramente contento al 100%. Un conto è se ad esempio chi ha vinto è qualcuno di sovrumano, come ad esempio Sheng, che in 3 anni di competizioni ad altissimo livello ha già conquistato il mondo. Infatti per me la vittoria più grande non è stata neanche troppo il record, ma è stato riuscire di nuovo ad avere un confronto contro di lui e mettermi in gioco, far vedere che anch’io ce la posso fare. Questa è stata una volta nella vita, molto probabilmente, perché per un risultato simile è come se gli astri si fossero allineati all’improvviso. Il mio livello è quello, ma semplicemente non ho mai fatto questo risultato neanche in allenamento. Quindi posso dirlo sinceramente, questa è stata molto proprio una botta di fortuna, però il mio livello è alto e sono consapevole di me stesso, quindi non sono lì a gioire completamente. Ogni gara è a sé, ogni gara inizia da zero“, dice il nuovo primatista mondiale.
Sul suo approccio alle competizioni: “Mi sento di essere un animale da gara, perché nel momento in cui c’è la gara io riesco a dare tutto me stesso. È come se nella mia testa si aprisse un mondo e la mia concentrazione schizzasse alle stelle. È come se fossi sempre in una costante sensazione di pericolo e dovessi fare tutto perfetto per evitare di essere mangiato. Io sono veramente felice quando le persone mi dicono che la mia finale è stata veramente divertente. A me piace immaginarmi come l’atleta showman. Io voglio far divertire le persone quando mi guardano tirare. Voglio farle emozionare, voglio farle godere di una mia vittoria o dispiacere nel caso di una mia sconfitta, facendo comunque vedere tutto quello che sono“.
