Basket
Basket, se Italia-Argentina non è una partita come le altre. Il ricordo indelebile di Atene 2004
Oggi dire Italia-Argentina, nel basket, equivale a dire una sola cosa: la finale olimpica di Atene 2004. Nonché, per ampio distacco, la partita di pallacanestro più vista da quando esistono i dati Auditel: fu calcolato che, quella sera, su Rai2 a seguire l’ultimo atto commentato da Franco Lauro e Marco Bonamico furono 6.904.000 con il 46,98% di share. Quasi un italiano su due tra quelli con la tv accesa, per farla breve. E, il giorno prima, con la Lituania c’era appena mezzo milione di persone in meno. Quell’anno la pallacanestro italiana alle Olimpiadi, semplicemente, fu la cosa più seguita tra tutti gli sport con italiani coinvolti, e anche per discreto distacco.
Quello che in non tantissimi ricordano è che quell’anno di Italia-Argentina, nel basket, ce ne furono due. Uno è legato alla finale, l’altro all’ultima partita del primo girone, che allora era a sei squadre con le prime quattro che andavano ai quarti. In quell’occasione l’Italia vinse 76-75, solo che poi l’ultimo atto cambiò padrone e vinse l’Argentina, che pure fino a metà ultimo quarto non aveva poi completamente le mani sulla partita, anzi. E lato ancor più paradossale fu che in tutti e tre gli sport di squadra, al maschile, ci fu un Italia-Argentina. Della palla a spicchi s’è già detto, nei quarti del volley fu 3-1 azzurro e nella semifinale del calcio fu 0-3 albiceleste. Incroci continui, in sostanza.
Restando sul discorso cestistico, quelli olimpici sono stati gli ultimi di quelli che, a oggi e prima del confronto del PalaDozza di Bologna, sono 17 precedenti. Per larga misura questi s’incrociano col periodo in cui l’Argentina non era una potenza, e anzi cercava faticosamente di risalire la china dopo che il succedersi delle dittature militari aveva avuto, tra gli altri effetti, quello di dissolvere una selezione forte, Campione del Mondo nell’edizione d’apertura organizzata proprio in Argentina nel 1950.
L’Italia, di questi precedenti, ne ha vinti 15, rispecchiando i rapporti di forza esistenti per larga parte del periodo 1960-2004. Eppure il primo confronto fu vinto di un punto, nella tournée sudamericana affrontata prima delle Olimpiadi da una squadra che aveva in campo figure poi diventate importantissime, a livello tecnico, come Dado Lombardi e Sandro Gamba. Nel 1962 tris di partite, tutte vinte abbastanza in sicurezza, tra Napoli, Roma e Torino, poi la prima sfida ufficiale ai Mondiali del 1963 a San Paolo, in Brasile: un 73-91 del quale furono protagonisti Paolo Vittori, Franco Bertini, Massimo Masini, Dado Lombardi e Sandro Riminucci.
Di nuovo confronti nel 1972, 1974, 1977 (Coppa Intercontinentale tra Italia e Sudamerica, due volte), poi ancora nel 1983 al torneo dei campioni mondiali a San Paolo (anche qui due volte), fino alla prima sconfitta. Che arrivò nel 1986, a Verona: dell’Argentina che vinse 77-79 si sarebbero poi visti in Italia Hernan Montenegro (Pavia e Brescia). Era un gruppo con larghi blocchi di Obras Sanitarias e Ferro Carril Oeste più Marcelo Milanesio che fu sempre all’Atenas di Cordoba. La cosa particolare fu che l’Italia ritrovò l’Argentina nella seconda fase dei Mondiali e, con Valerio Bianchini in panchina, fu trascinata da Walter Magnifico e Antonello Riva a un brillante 78-70.
Ancora nel 1990 e 1994 (Acropolis in questo secondo caso, con diversi giocatori poi visti in Italia nel roster argentino) ci furono altri precedenti, prima del doppio confronto olimpico. E lì partono ricordi, racconti. S’è detto, scritto e anche non detto e non scritto di tutto su quell’Atene. Nella gara del girone, l’ultima, si scatenarono Gianmarco Pozzecco e Nikola Radulovic, ma anche Massimo Bulleri e Alex Righetti colpirono alla grande in una giornata in cui fu tenuto a riposo Gianluca Basile. Dall’altra parte l’accoppiata Manu Ginobili-Luis Scola faceva i suoi danni, 19 a testa, col primo che aveva appena messo a segno una delle giocate più iconiche della sua vita per battere la Serbia e Montenegro. Si risolse all’ultimo tiro, dal rimbalzo italiano.
La finale, invece, fu ben altra storia. Venne dopo un calendario mai più ripetuto: tre giorni di fila con tre partite una dietro l’altra, un fatto che oggi, fortunatamente, è impossibile si ripeta (anche perché nel frattempo è pure cambiata la formula). Si sognava di ripetere il 18/28 da tre contro la Lituania, ma forse si sapeva che era al limite dell’impossibile. Pozzecco ebbe pochi minuti, ma ne mise 12, Rodolfo Rombaldoni ne fece 10, Teo Soragna scrisse 12, ma oltre i 16 di Ginobili, oltre i 17 di un Alejandro Montecchia privo di freni da tre, a regnare fu Scola. 25, imperiosi, con quel talento che gli avrebbe poi regalato 10 anni di NBA. In otto, di quel team, hanno affrontato la lega professionistica americana. Ginobili ne era già magnifico protagonista. Restando a quella finale, un lato noto o forse no fu che, nelle due squadre, non c’era rivalità. Anzi, c’erano ottimi rapporti, anche perché molti argentini in Italia ci erano passati o ci sarebbero poi arrivati. Questo portò i componenti delle due squadre a festeggiare assieme, con aneddoti emersi di volta in volta negli anni. In fondo, l’Argentina aveva colto un oro olimpico che, in gneerale, non aveva da decenni, e l’Italia aveva realizzato la sua co-miglior performance di sempre.
Nel frattempo, in 21 anni la storia è cambiata. Per l’Italia, perché dopo quell’argento ha abbandonato i vertici europei per almeno 11 anni e, dal 2006 al 2019, le competizioni globali non le ha più affrontate. Per l’Argentina, perché nel frattempo è riuscita a mantenere un livello altissimo almeno fino al 2022, quando ha vinto l’AmeriCup. Oggi la situazione è differente, si potrebbe dire di mezza transizione per la squadra azzurra e di transizione totale per quella albiceleste. In Italia i giovani stanno scalpitando per arrivare, ma nel frattempo è ancora la squadra di Fontecchio, Gallinari e Melli. In Argentina in fatto giovanile è tutto un po’ più difficile, ma è una situazione nella quale sono passate parecchie squadre. A maggior ragione in Sudamerica, dove Argentina e Brasile non di rado si sono passate il testimone, con qualche incursione del Venezuela.
