Seguici su
LEGGI OA SPORT SENZA PUBBLICITÀ
ABBONATI

GP GermaniaMotoGP

MotoGP, per l’Italia c’è una “Lost Generation” di piloti dopo la “Golden Generation” del 1997-1998?

Pubblicato

il

Francesco Bagnaia
Francesco Bagnaia / Valerio Origo

La stagione 2025 del Motomondiale ha raggiunto la doppia cifra di appuntamenti agonistici. Volgendo lo sguardo alle categorie formative, si evince come la scarsità di risultati dei centauri italiani – cominciata lo scorso anno – si stia facendo sempre più pronunciata. Alla vigilia del Sachsenring si contano due podi in Moto2 e tre in Moto3, senza alcuna affermazione.

Il problema è che i piloti del nostro Paese più competitivi nelle classi inferiori sono, purtroppo, ragazzi per il quale si ha l’impressione che “il treno sia già passato”. Tony Arbolino e Celestino Vietti in un recente passato erano stati considerati papabili per la MotoGP. Il primo accostato a Yamaha e al Team Pramac (nel quale è entrato, ma nella sua divisione cadetta); il secondo al Team VR46 e ad Aprilia. Però, l’ingresso in top-class non si è concretizzato e oggi sia l’uno che l’altro vegetano in Moto2, senza particolari prospettive. In Moto3, uno dei tre podi è stato conseguito da Dennis Foggia, tornato al piano più basso dopo essere stato respinto da quello intermedio (il biennio del romano in Moto2 è stato deficitario).

Arbolino sta per compiere 25 anni, Foggia ne ha 24 e Vietti raggiungerà la stessa età fra qualche mese. Nessuno di loro è “vecchio”, ma il loro problema è che di spazi in MotoGP ce ne sono pochi, mancano i risultati e nel frattempo ci sono tanti teenager più appetibili. Intendiamoci, questo problema non riguarda solo gli italiani. Anche Aròn Canet e Albert Arenas, giusto per fare i nomi di due spagnoli, vivono la medesima situazione.

La differenza è che la Spagna produce centauri competitivi in quantità industriale. In Moto3 sta dominando Josè Antonio Rueda, che con i suoi 20 anni da compiere a ottobre fa già la figura di quello “navigato” rispetto agli esordienti (e subito vincenti) Alvaro Carpe (18) e Maximo Quiles (17)! Un’abbondanza, quella iberica, talvolta fine a sé stessa, perché c’è anche chi non arriva mai a lasciare il segno in MotoGP. Oppure ci arriva e fa da comprimario. Però l’abbondanza garantisce ricambio.

Viceversa, dalle nostre parti, c’è molto meno in termini numerici. Si parlava e si parla bene di Luca Lunetta, il quale però non ha ancora lasciato davvero il segno. Matteo Bertelle si stava proponendo come potenziale rivelazione della stagione di Moto3, ma è sopraggiunto un grave infortunio. Vengono riposte grandi aspettative in Guido Pini, ma l’impatto con il Motomondiale non è stato il medesimo dei già citati Carpe e Quiles. Cionondimeno, si tratta di ragazzi nati fra il 2004 e il 2008, le cui carriere devono ancora svilupparsi.

Al contrario, la generazione precedente, quella del 2000-2002, appare ormai persa (a meno di riuscire a riciclarsi con successo altrove, come fatto da Nicolò Bulega). Una sorta di “Lost Generation” venuta subito dopo la “Golden Generation” del 1997-1998 che tanti successi ha mietuto e sta tuttora mietendo in MotoGP con i vari Francesco Bagnaia, Marco Bezzecchi, Enea Bastianini, Fabio Di Giannantonio e Luca Marini.

Google News Rimani aggiornato seguendoci su Google News!
SEGUICI