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Basket, Riccardo Rossato: “Spero un giorno arrivi la chiamata di Pozzecco. Scafati punta ai playoff”

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Riccardo Rossato
Rossato / Credit: Ciamillo

Riccardo Rossato è, non solo per acclamazione, il capitano indiscusso della Givova Scafati. Alla sua sesta stagione campana, la guardia del club gialloblu sta continuando a rivestire non soltanto il ruolo di guida della sua squadra, ma anche quello di importante risorsa in qualsiasi situazione, tanto in quintetto quanto in uscita dalla panchina. 8,8 i suoi punti di media a gara, nonché una mano notevole da tre (con il 38,9% è il sesto miglior italiano del campionato da oltre l’arco). In quest’intervista racconta tanto della sua Scafati, ma anche del suo rapporto con la pallacanestro.

Come hai trascorso la pausa?

Nella scorsa settimana abbiamo avuto 5 giorni liberi che sono stati fondamentali per staccare un po’ la spina e riposarci. Già da sabato abbiamo ricominciato ad allenarci con la parte atletica, per avere più benzina per lo sprint finale“.

Uno sprint finale che vi vede partire dalla zona settimo-ottavo-nono posto. Quanto credete in una stagione che finora v’ha portato molto bene?

Lascerebbe tutti con l’amaro in bocca trovarsi ora nella zona playoff e tra 10 giornate trovarsi fuori, ma in Serie A può cambiare tutto veramente nell’ordine di un paio di giornate. Dobbiamo concentrarci partita per partita, poi se saremo stati bravi ci batteremo tra le prime otto“.

Soprattutto in questa Serie A che, come non accadeva da parecchi anni, si sta mostrando particolarmente incerta.

Assolutamente“.

Hai già fatto capire che c’è una generale soddisfazione per la stagione di squadra, ma il tuo bilancio personale qual è?

Di squadra siamo abbastanza soddisfatti, abbiamo lasciato qualche punto di troppo in giro secondo me, in trasferta potevamo fare meglio, ma in casa non potevamo recriminare nulla. Abbiamo ottenuto vittorie importanti con Reggio Emilia, Milano, Trento, Napoli. In casa stiamo seguendo il nostro cammino. In trasferta stiamo un po’ faticando. A livello personale sto giocando in maniera sufficiente, posso fare molto meglio“.

Parli di calendario: ci saranno tre giornate non semplici. Venezia in casa, Brescia fuori e Tortona in casa.

Sono tre partite difficilissime, ma quando fai questo tipo di partite sai che se riesci ha vincere ti da gran morale. Sono tre squadre veramente di alta classifica e forti. Tortona si è ripresa ultimamente. Le affrontiamo a testa alta, perché sappiamo che in casa giochiamo bene e possiamo provare a vincerle“.

Tu vivi l’ambiente campano da molti anni, e adesso sembra che stia esplodendo verso un livello altissimo. Come sono stati percepiti l’andamento di Scafati in campionato e la vittoria di Napoli in Coppa Italia?

Se così si può dire, è risorto. Gli ultimi anni sono stati un po’ carenti nel basket campano, l’anno scorso noi e Napoli eravamo a giocarci la salvezza. Vedere che quest’anno una squadra vince la Coppa Italia e lotta per i primi posti e l’altra, noi, che lotta per i playoff può solo far piacere e generare grande entusiasmo“.

Come sono cambiati gli equilibri di squadra con il ritiro di David Logan e come si è sentito il fatto all’interno del gruppo?

David era una pedina fondamentale di questa squadra. Non giocava 30 minuti tutte le partite, ma sapevi che partendo dalla panchina poteva cambiarle in corsa. In attacco era il nostro punto di riferimento. Senza di lui abbiamo dovuto cambiare tutto, sono emersi nuovi leader offensivi. Stiamo trovando il nostro ritmo, ma ci vorrà un po’ di tempo. Con Janik Strelnieks che è anche lui andato via bisogna riadattarci“.

Il ruolo di Alessandro Gentile com’è evoluto in questi mesi?

Sta giocando anche da play, ma per me quando la gente può sentire Alessandro Gentile play e dice ‘aiuto’, la cosa in realtà non mi sorprende più di tanto. L’ho sempre visto come uno che può giocare pick&roll, mettere in ritmo tutti i compagni, ha una visione di gioco di un altro livello. Per tutta la sua carriera è sempre stato un playmaker aggiunto a livello di gioco offensivo. Quest’anno si è ritrovato questo ruolo, e secondo me gli calza a pennello. E’ sempre bravo a trovare il compagno più libero“.

Sei oramai da quasi sei anni a Scafati, radicato nella città. Cosa ti ha spinto a legarti così tanto a questo ambiente?

Non mi ha spinto qualcosa, ma è stato un processo. Mi sono trovato inizialmente benino, nel primo anno, e poi sempre a crescere creando amicizie e legami fino a quando non abbiamo vinto il campionato due anni fa. Sei un po’ più riconosciuto in tutto il territorio. Poi mi sento a casa mia“.

Hai dimostrato ampiamente di valere la Serie A. Quanto volevi dimostrare di saper appartenere a questo livello di superiore?

Prima di vincere il campionato anche in A2 pensavo che avrei dovuto lavorare tanto, perché se mi fossi trovato in Serie A non avrei potuto lasciarmi scappare quell’occasione. L’anno scorso era l’occasione in cui potevo dimostrare di saper stare in campo. Quest’anno c’è stata l’occasione di fare parte di un roster più lungo e importante, l’ho colta al volo. Ci tenevo tantissimo a dimostrare in primis a me stesso che potevo starci realmente, e poi a tutti gli altri“.

Hai raccontato più volte che tu sei il capitano, ma in squadra è come se ci fossero tanti capitani. Puoi spiegare meglio il concetto?

C’è una differenza colossale tra l’A2 e l’A. Sia l’anno scorso che quest’anno sono stato fortunato, se fossi stato in una squadra con americani rookie e italiani giovani sarebbe stato diverso. Però ho sempre avuto in questi due anni la fortuna di avere gente che ha vinto campionati in Serie A e anche trofei, oltre a giocare una Serie A di altissimo livello. Penso a Stone l’anno scorso, a gente abituata a stare nella parte alta della classifica. Sono il capitano e sono qui da tanti anni, ma loro aiutano sempre in campo, a volte senza parlare. Sono un esempio, trascinano tutti quanti“.

Il rapporto con Matteo Boniciolli com’è?

L’ho sempre visto in A2 quando era a Bologna e Udine. Ci siamo sfidati qualche volta. Ora l’ho ritrovato qua a Scafati: ha trasmesso subito la sua voglia. L’ho sempre visto con la sua voglia di vincere la partita ad ogni coso, di avere una squadra unita, ‘cazzuta’ nel vero senso della parola. Lui è il capo della banda, che vuole arrivare a tutti i costi a spingerci ai playoff. E’ il vero trascinatore del nostro gruppo. Sono rimasto soddisfatto del suo modo di lavorare“.

Emerge fortemente la sua personalità, diversa da quella di altri allenatori perché nei suoi discorsi non è mai banale.

Ovvio che è bello sentirlo parlare come racconta quello che ha passato, le sue storie. Sembra un’enciclopedia vivente. A noi, però, quel che fa la differenza è che arriva in palestra ed è sempre il più carico di tutti, ogni giorno. Spinge ogni giorno a stare sul pezzo perché bisogna fare i playoff a tutti i costi“.

Come ti sei sentito quando a un certo punto è uscito dalla bocca di Gianmarco Pozzecco il tuo nome in chiave Nazionale?

Sapere che sono arrivato in Serie A, mi sembra l’altro ieri, e che Pozzecco sa chi sei e ti segue fa piacere. Spero che un giorno possa arrivare, con un pizzico di fortuna, la chiamata“.

Qual è stato per te il momento di svolta nella carriera cestistica o nel rapporto con la pallacanestro?

Sicuramente l’anno di A2 della promozione, quando abbiamo finito il girone d’andata in cui eravamo primi, ci siamo detti ‘Qui possiamo veramente farcela, se vinciamo il campionato posso provare a svoltare la carriera, se vinco quest’anno avrò la possibilità di giocare in Serie A e questo mi può cambiare parecchio’. Ed è cambiato anche ad altri. Una volta che ci sono arrivato e ho visto qualche partita che ci può stare, facendo le cose fatte bene, quello che sai fare, ci si può giocare anche in Serie A“.

Le partite che ricordi con più piacere?

Sicuramente gara-5 qui a Scafati con Cantù per salire. Quella è stata un’adrenalina addosso incredibile. Ci giocavamo tutto in una partita. Un’altra uguale quella dell’anno scorso con Brescia, vinta in casa dal -20, qualcosa che non avevo mai provato prima. Se perdevamo eravamo retrocessi. Abbiamo finito il terzo quarto a -18, poi la siamo riusciti a vincere. E poi la vittoria con Milano in casa, quella con la squadra più blasonata che abbiamo mai fatto qui al PalaMangano“.

Come vuoi migliorare sia come giocatore che come persona?

Come giocatore ho ben chiaro ciò che devo fare. Il mio obiettivo è quello di fare più cose possibili in 20′, 15′. Ad alto livello, nelle squadre lunghe, è difficile vedere gente che gioca 35′. Giocando tantissimi minuti fare numeri è un po’ più facile. Il mio ruolo è quello di entrare dalla panchina e provare a cambiare la partita, fare più partite da 4 tiri, 3 canestri, o 8 tiri, 6 canestri, stando sempre su buone percentuali, difendendo sempre forte. Mi piacerebbe giocare in una squadra così forte, lunga e dimostrare di starci“.