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Biathlon

Biathlon, il giorno in cui l’Italia si fece superpotenza. Quando, ai Mondiali, si sfiorò la tripletta azzurra…

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Wilfried Pallhuber

Oggi è il 1° febbraio, giorno in cui ricorre un significativo anniversario per il biathlon italiano. Il tema è d’attualità, perché gli scherzi del destino riportano l’accaduto alla ribalta sotto due aspetti. In primo luogo perché si avvicinano i Mondiali, ovverosia il contesto nel quale si verificò quanto sta per essere ricordato; in seconda istanza perché il luogo in cui avvennero gli accadimenti è Brezno-Osrblie, teatro nei giorni scorsi degli Europei.

Si deve tornare indietro di 27 anni, al 1° febbraio del 1997. È un sabato e la gara inaugurale della manifestazione iridata slovacca è la sprint maschile. Tutti i riflettori sono puntati su due uomini, il norvegese Ole Einar Bjørndalen e il russo Viktor Maigourov, ritenuti i favoriti per il successo. Terzo incomodo il tedesco Sven Fischer, mentre le principali alternative sono connazionali dei due atleti più accreditati (Frode Andresen e Pavel Rostovtsev).

Tra i primissimi a partire (pettorale numero 2) c’è Wilfried Pallhuber, che una vittoria quell’anno l’avrebbe anche ottenuta. In un altro format, però, la prediletta individuale. L’altoatesino trova lo zero al poligono, ma nessuno ritiene che la sua performance possa essere degna di una medaglia. Invece la sprint comincia ad assumere connotati inaspettati.

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Il poligono diventa una trappola per tanti protagonisti annunciati, che sbagliano a ripetizione. C’è chi lo fa a terra, chi in piedi, chi in ambedue le sessioni. La competizione è lunga, i big sono diluiti nella lista di partenza, però la piazzola punisce tutti e Pallhuber resiste in testa alla classifica. Chi mette più paura al sudtirolese è il bielorusso Oleg Ryzhenkov, un fulmine nel fondo, ma due penalità lo relegano alle spalle dell’azzurro.

Per l’Italia comincia a prendere corpo un risultato clamoroso. Non solo Willy the Kid respinge qualsiasi assalto altrui, ma Patrick Favre occupa la terza posizione provvisoria! Doppia medaglia, compresa quella del metallo più pregiato? Bisogna aspettare, gli avversari non mancano.

Però, quello, è il giorno degli azzurri. Con un pettorale alto, Renè Cattarinussi si inventa lo zero in piedi dopo aver mancato un bersaglio a terra. Il friulano si infila addirittura in seconda posizione, consentendo di accarezzare l’idea di una clamorosa doppietta. L’ultimo pericolo è il tedesco Frank Luck, il quale però commette un errore in piedi e finisce settimo.

Brezno-Osrblie assume tinte tricolori. Pallhuber oro, Cattarinussi argento, Favre quarto. A quest’ultimo mancano tre secondi e mezzo, altrimenti si sarebbe materializzata una sensazionale tripletta. È comunque storia, l’uno-due in una sprint iridata è materia sino a quel momento insegnata solo da tedeschi e russi (i norvegesi dovranno aspettare il 2009!). Tre uomini fra i primi quattro sono roba da superpotenza.

L’Italia del biathlon è stata anche questo, seppur solo per un giorno. Giusto ricordarlo in vista degli imminenti Mondiali e degli incroci proposti dal calendario, nel sogno che quel fatato sabato slovacco possa essere, prima o poi, rivissuto.

Foto: La Presse