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Ciclismo

Cassani: “Il ciclismo italiano si sta impoverendo, sempre meno giovani. Tiberi uno dei pochi in cui sperare”

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Davide Cassani

Davide Cassani di vite nel ciclismo ne ha vissute almeno tre: quella da corridore prima, commentatore RAI e infine commissario tecnico della nostra Nazionale. Fondamentale è la passione, sbocciata già nel 1968, quando il papà lo portò a vedere Adorni al Mondiale di Imola. Poi occorre decidere chi sei, saper scegliere gli obiettivi e soprattutto imparare a rialzarsi anche dopo le cadute. Per farlo servono sia fiducia all’interno della squadra (Martini ne aveva in Cassani, come Cassani in Trentin), sia tante altre doti individuali: lucidità, senso della sfida, studio. E poi la spinta maggiore viene dall’attitudine a sorprendere tutti come Colbrelli alla Roubaix, ad azzerare per cominciare una nuova vita, come ha fatto Cassani dopo le Olimpiadi di Tokyo 2021. L’ex commissario tecnico è tra le persone che hanno fortemente voluto portare il Tour de France in Italia nel 2024: ha voluto offrire il suo supporto alla Toscana, all’Emilia Romagna e al Piemonte, convinto che l’Italia del ciclismo e anche quella del turismo, grazie alla storia, alla tradizione e ai grandi campioni, siano in grado di esportare un prodotto di altissima qualità.

L’Italia sarà dunque sotto gli occhi del mondo nel 2024…

“Mi aspetto un po’ più di italiani protagonisti per il 2024. Quest’anno non è stata una stagione fantastica per il nostro movimento, a parte qualche risultato”. 

Gli ultimi a tentare l’accoppiata Giro-Tour erano stati Froome e Contador, senza però centrare la doppietta. Pogacar può essere l’uomo giusto?

“Tadej è uno dei pochi che può puntare ad una doppietta e penso che possa riuscirci. Il Giro, salvo imprevisti, sarà suo, poi bisognerà vedere in quale condizione arriverà al Tour, ma è un campione e penso possa farcela”. 

Vingegaard si presenterà al Tour avendo preparato solo quell’evento; Pogacar, nonostante i 34 giorni tra Giro e Tour, sarà meno fresco. In che modo può pensare di prevalere contro un avversario che lo ha battuto negli ultimi due anni?

“Vingegaard l’ha battuto la prima volta perchè Pogacar pensava di essere il più forte e ha sbagliato sul Galibier, lo scorso anno non era al top della condizione oltre ad avere commesso qualche piccolo errore. A differenza di quest’anno, per la prossima stagione i suoi primi grandi obiettivi saranno i due Grande Giri e quindi penso che farà un avvicinamento ideale per arrivare al 100%”.

Il Giro può essere l’occasione per Ciccone, Pogacar a parte?

“Ciccone per il momento non è mai riuscito a far classifica in un Grande Giro, ha avuto delle giornate molto buone ma anche alcune negative. Potrebbe puntare ad una top5, ma non ha ancora dimostrato la continuità necessaria che è poi fondamentale. Quest’anno è stata una delle sue stagioni migliori di sempre, con anche la maglia a pois al Tour de France, ma non dimentichiamoci che il suo punto debole sono le prove contro il tempo e al Giro 2024 ci saranno parecchi km a cronometro, sarà un Giro meno impegnativo ma non con un percorso adatto ad uno scalatore puro come lui. Bisognerà vedere se deciderà di provare a fare classifica o tentare qualche successo di tappa”. 

Già da quando correva nella categoria juniores, non hai mai nascosto il tuo apprezzamento per Antonio Tiberi. Al Giro proverà a fare classifica ed avrà il suo Virgilio in Damiano Caruso: cosa ti aspetti?

“Da Tiberi mi aspetto quel miglioramento che tutti si aspettano. I numeri li ha e per lui sarà un anno importante per capire se sarà un corridore da corse a tappe oppure no. Penso che sia nella squadra giusta e Damiano (Caruso, ndr) al suo fianco può essergli di grande aiuto. Conosco bene le capacità di Caruso e penso possa insegnarli qualcosa di buono. Tiberi è uno dei pochi su cui si possa riporre qualche speranza per le corse a tappe”. 

Al Giro vedremo all’opera anche due giovani interessanti per le corse a tappe come Giulio Pellizzari e Davide Piganzoli: legittimamente è credibile vederli all’opera come cacciatori di tappe? E cosa possiamo aspettarci per il futuro?

“Hanno dimostrato di avere dei buoni numeri al Tour de l’Avenir, adesso il salto è alto e hanno bisogno di tempo per capire dove potranno arrivare. Noi italiani abbiamo bisogno di più tempo per emergere anche perché il nostro calendario tra gli Under23 è più povero rispetto a quello di altre nazioni e questo può essere anche un bene per dare il giusto tempo ai ragazzi di crescere senza bruciarsi troppo presto. Sarà per entrambi un bel banco di prova, uno dei primi esami universitari a cui andranno incontro”. 

Ti aspetti che l’Italia possa tornare a vincere una Classica Monumento nel 2024?

“Quest’anno ci siamo andati vicini con Ganna alla Sanremo e Bagioli al Lombardia e quindi abbiamo la possibilità di puntare a qualche successo. C’è anche Bettiol che ha vinto un Fiandre e ha i numeri per fare l’exploit, anche se non è più riuscito a ripetersi. Bisognerà anche vedere Milan e Dainese, così come Covi che ha i numeri e secondo me prima o poi lo vedremo protagonista insieme a Baroncini”. 

Ganna a luglio preparerà in maniera specifica le Olimpiadi (pista e cronometro), mentre Evenepoel disputerà il Tour de France: quale percorso può rivelarsi migliore per preparare l’evento? E il giovane Tarling fa paura in vista della cronometro?

“Sicuramente non il Tour perché è troppo a ridosso delle Olimpiadi. Ganna farà un calendario simile al 2021 e quindi penso proprio che affronterà una stagione con il Giro, per poi fare un avvicinamento specifico per puntare ai Giochi Olimpici. Tarling può fare paura a cronometro perché già quest’anno, al primo tra i professionisti, è andato molto forte. E’ un autentico fenomeno e potrebbe anche far parte del quartetto della Gran Bretagna che diventerebbe quindi pericoloso per i nostri”.

Nel mondo il ciclismo genera sempre più investimenti e profitti. Perché questo in Italia non accade? Qual è la nostra difficoltà principale nel tornare ad attirare i grandi sponsor?

“E’ una difficoltà che c’è in tanti sport italiani, la aziende difficilmente investono nello sport. Nel ciclismo stiamo vivendo da anni questo problema, noi siamo sempre stati forti quando le squadre avevano un costo ragionevole, oggi i budget sono aumentati a dismisura e se vuoi fare una squadra di livello devi almeno avere 25 milioni di euro, diventa così complesso per le aziende investire così tanti soldi. Abbiamo anche un grande problema per quando riguarda il ciclismo giovanile con sempre meno ragazzini”. 

Cosa è cambiato oggi nella gestione delle categorie giovanili in Italia rispetto al passato? E’ un problema solo quantitativo o si è rimasti indietro in termini qualitativi?

“A livello giovanile abbiamo sempre meno squadre, i numeri sono incredibilmente più bassi, soprattutto tra gli esordienti, allievi e juniores e questo porta ad un impoverimento del movimento. Mi preoccupa molto questa situazione perché poi tra i professionisti avremo sempre meno ragazzi, quindi o cambiamo qualcosa o saremo relegati ad un ruolo secondario nel ciclismo”. 

Foto: Lapresse