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Tennis: Matteo Berrettini, Gstaad, gli States e le qualità di un’altra categoria

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Matteo Berrettini ha perso la finale a Gstaad contro il norvegese Casper Ruud, ma alla fine dei conti non è quello che importa particolarmente. Certo, c’è stato il calo fisico, e quello può capitare, a maggior ragione dopo una settimana a corrente alternata e successiva al Covid-19. Le cose importanti, però, si sono viste.

Innanzitutto, il romano è stato sconfitto solo e soltanto da un giocatore che, sul rosso, il fatto suo lo sa eccome: un finalista del Roland Garros, e anche recente. Ma c’era anche un altro terraiolo di razza che avrebbe potuto eliminarlo. Pur se in ripresa però, ancora Dominic Thiem non è al livello dell’attuale numero 2 d’Italia, che è fuori dalla top ten solo perché il computer sottrae punti. La realtà è ben diversa, e chiunque abbia messo un piede in campo al fianco, o contro, di lui lo sa benissimo.

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Uno status, quello di Berrettini, confermato una volta di più dal quarto di finale con lo spagnolo Pedro Martinez. Capita a tutti di giocare male alcune volte all’anno. Anche all’allievo di Vincenzo Santopadre, che di partite come questa ne aveva perse in passato. Lo status di campione, però, Matteo non se l’è costruito per caso. Ed eccolo lì, a lottare sotto un set e 1-5 nel tie-break del secondo set, a giocare una palla corta, a iniziare a martellare con il dritto, a ribaltare integralmente la situazione e a far chiedere all’iberico com’è potuto cambiare tutto nel breve volgere di pochi attimi. Sono i giocatori forti quelli che riescono a trasformare le sfortune in fortune. Berrettini è, inevitabilmente, uno di questi.

Il romano ha deciso ora di prendersi una settimana di pausa: niente Austria, si va direttamente nell’America del Nord. Gli obiettivi sono due: confermare i quarti degli US Open (possibilmente avendo una mano dal sorteggio), ma soprattutto dare di nuovo alla classifica una forma utile. Questo perché, per varie ragioni, è palese quanto sia menzognero il numero 14. Berrettini vale molto di più, e l’ha dimostrato. L’accoppiata Montreal-Cincinnati, storicamente poco foriera di fortune per i colori italiani, stavolta giunge in un momento nel quale l’azzurro può legittimamente puntare a fare e guadagnare tanto. Il motivo è semplice: il Masters 1000 canadese non l’ha mai disputato in vita sua, in quello dell’Ohio, invece, al massimo si è spinto fino al terzo turno. In breve, le premesse per spingere sull’acceleratore sono totalmente lì, a portata di mano. Basta poco anche per rientrare nella corsa per le ATP Finals di Torino, con il caso Djokovic che riduce a sette i posti realmente utili.

Foto: LaPresse