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Ciclismo, Sonny Colbrelli: “Riguardo la Roubaix con i miei figli. Punto alla Milano-Sanremo. E Moscon…”

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Un’estate indimenticabile per Sonny Colbrelli. Campione d’Italia, d’Europa e vincitore della Parigi-Roubaix, riportando in Italia un successo che mancava dal 1999, quando a vincere nel velodromo più importante del mondo fu Andrea Tafi. In soli tre mesi il bresciano della Bahrain-Victorious è entrato nella leggenda del ciclismo. Nel momento più sublime della sua carriera Colbrelli era sporco. Sporco come quando tornava dalla fabbrica e doveva ancora uscire in bicicletta a inseguire i suoi sogni. Sua mamma l’ha chiamato Sonny, come il detective protagonista di Miami Vice, arrivato sulle tv italiane alla fine degli anni Ottanta: Sonny Crockett. Nel 2012, anno in cui è passato professionista in maglia Bardiani, è stato il più giovane partecipante al Giro d’Italia, che ha disputato sei volte insieme a cinque Tour de France. Sonny ancora oggi ad ogni corsa porta nel taschino della maglietta la foto di suo nonno Cesarino. E’ lui che non lo ha fatto smettere: “Si perde dopo la linea, non prima”, gli diceva. 

Sonny, come stai?

“Un po’ a tutta ma sto bene. Sono giorni pieni di impegni, ammetto di non essere abituato a tutto questo.” 

Quando hai realizzato ciò che hai fatto nel velodromo più importante al mondo? 

“Ci ho messo un po’ di giorni, sto realizzando adesso. La mia vita però rimane quella di sempre, faccio le stesse cose ma solo con il telefono che squilla di più.” 

Qual è stato il segreto della Parigi-Roubaix? 

“Correre sempre davanti, in tutti i settori e non scendere mai sotto la decima posizione. Un altro fattore importante è stata la mia tranquillità mentale. A 10 km dal traguardo sapevo che il gruppo non sarebbe riuscito a riprenderci e, una volta entrato nel velodromo, ho cercato di impostare la voltata nel modo più corretto possibile.”

Hai conservato tutti i vestiti di quel giorno… 

“Esatto, questa mattina gli ho fatto l’ultimo trattamento con la lacca in modo tale che tutto il fango rimanga ben incollato, per sempre. Ho conservato tutto: occhiali, casco, il body e ovviamente anche la bici.” 

Era la tua prima Parigi-Roubaix: hai corso veramente così leggero o in cuor tuo avevi la consapevolezza di poter far qualcosa? 

“Sapevo di stare bene però ho corso davvero sereno. Non avevamo il cuoco e così la sera prima della corsa abbiamo mangiato in un piccolo ristorante di paese quattro pizze, che ci siamo divisi, la pasta e un po’ di insalata. Questo per farti capire il mio livello di spensieratezza.” 

Hai detto alla tua famiglia di non venire a vederti a Roubaix, giusto? 

“Sì. Solitamente la mia famiglia viene sempre alle gare più importanti ma questa volta sono stato io a dirgli di non venire perché le condizioni meteo non erano delle migliori e che comunque mi sarei fermato…” 

Quanto è importante la figura del mental coach al fianco di un atleta?

“Per me è molto importante, ma magari non per tutti. Da quando ho iniziato a lavorare con Paola è stato tutto un crescendo sia a livello psicologico che di risultati. Per me è fondamentale per ricordarmi la persone ed il corridore che sono nel bene e nel male.” 

La sera come hai festeggiato? 

“Siamo stati in un bar di un hotel vicino al nostro. Ero insieme ai miei compagni, molti di loro si sono fermati per festeggiare e vorrei ringraziarli dal profondo del cuore.”

A chi hai fatto la prima chiamata?

“Alla mia famiglia, ai miei bambini anche se non riuscivo a chiamare perché continuavano ad arrivarmi chiamate che mi bloccavano la videochiamata su WhatsApp.” 

Anche Gianni Moscon ha fatto una gara pazzesca. Che cosa gli hai detto?

“Non l’ho chiamato ma gli ho scritto un messaggio in cui gli facevo i miei più sentiti complimenti. Ha fatto una corsa straordinaria, però è giovane ha ancora tanti anni davanti e sono certo che anche lui un giorno riuscirà a trionfare a Roubaix. Io ormai non sono più così giovane… (ride, ndr)”. 

Quante volte hai riguardato la corsa? 

“Tante, tantissime. La sera con i miei bambini (Vittoria e Tommaso) mentre bevono il biberon riguardiamo gli ultimi sei chilometri e credimi non tolgono gli occhi dalla televisione.” 

Quella di quest’anno è una stagione da incorniciare: al Mondiale cos’è mancato? Hai qualche rimpianto? 

“Julian Alaphilippe al Mondiale era di un altro livello. E’ stato un peccato aver perso due pedine fondamentali come Trentin e Ballerini perché avrebbero potuto fare la differenza. Probabilmente non avremmo vinto l’oro, ma magari riuscivamo a salire sul podio.” 

E’ stata anche l’ultima corsa del ct Davide Cassani. Come lo avete salutato? 

“Con un abbraccio. Davide in questi anni ha fatto tanto e forse molte persone non lo sanno. A tutti noi mancherà ma ha lasciato questo incarico a testa alta. Non sarà facile eguagliare quello che ha fatto il ct Cassani.” 

Quali saranno i tuoi obiettivi per il 2022? 

“Il mio obiettivo più grande sarà quello di riconfermarmi ai livelli di questa stagione. Punterò poi alla Milano-Sanremo dove cercherò di essere al 100% della condizione, sia fisica che mentale.” 

Foto: Lapresse