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Atletica, Usain Bolt: “Le scarpe di nuova generazione stanno dando un vantaggio sleale agli atleti, è ridicolo”

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Usain Bolt non ci sta! Il fuoriclasse giamaicano, infatti, dice la sua a pochi giorni dal via delle Olimpiadi di Tokyo, e lo fa con forza, riguardo i progressi nella tecnologia dei chiodi delle scarpe da atletica di nuova generazione, che stanno portando gli atleti a prestazioni notevoli e, di conseguenza, potrebbero aiutare a cancellare i suoi record mondiali che apparivano inavvicinabili fino a poco tempo fa.

Secondo l’otto volte campione olimpico la situazione è chiara: “Queste innovazioni sono ridicole – spiega al The Guardian – Le nuove scarpe danno un vantaggio sleale rispetto agli atleti che non le indossano”. Ai tempi di Usain Bolt gli atleti dovevano gareggiare con scarpe placcate in carbonio e con suole spesse, ma la tecnologia ha mosso passi da gigante e sta andando a scompigliare le carte in tavola nel mondo dell’atletica.

Ora, queste nuove punte chiodate sembrano davvero fare la differenza ed i tempi realizzati anche nelle ultime settimane sembrano confermarlo: “Non posso credere che si sia intrapresa questa direzione – prosegue il nativo di  Sherwood Content, che ad agosto spegnerà 35 candeline – Ormai gli atleti possono raggiungere picchi di rendimento esagerati. Mi dispiace doppiamente perchè in passato diversi colleghi avevano provato a chiedere se si potesse cambiare qualcosa a livello di scarpe, ma era sempre stato vietato dalla Federazione. Ora, invece, siamo veramente al ridicolo”.

Non tutti, ovviamente, sono di questo parere. L’americano Trayvon Bromell è probabilmente il favorito per il titolo dei 100 metri ai Giochi Olimpici di Tokyo, dato che quest’anno è risultato il più veloce al mondo sulla distanza con il ragguardevole crono di 9,77. Ma, la medaglia di bronzo iridata su questa distanza ai Mondiali del 2015 è meno convinta dell’impatto delle scarpe. “Non credo che ci siano molti dati per confermare che stiano permettendo un così grande miglioramento. Come velocista sento ancora che non ci sono abbastanza dati per dimostrarlo davvero”.

Foto: Lapresse

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