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Ciclismo

Giro d’Italia 2020, figuraccia colossale in mondovisione. Il ciclismo ha perso. Protesta ingiustificata: non è da professionisti

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Una protesta insensata, incomprensibile, immotivata. Braccia incrociate senza motivo al Giro d’Italia 2020. I corridori non hanno voluto correre interamente una tappa di 258 km totalmente pianeggianti (non c’era un metro di salita!), parzialmente sotto la pioggia e con una temperatura tutt’altro che impossibile di 14 °C. Hanno inscenato uno sciopero ingiustificabile per dei professionisti: è vero che si era reduci dal tappone con Stelvio e Laghi di Cancano, è vero che domani è prevista la frazione con la triplice scalata del Sestriere (non così ardua), è vero che siamo al termine di tre settimane molto complicate, ma non è accettabile che atleti di questo calibro e levatura non accettino di pedalare in queste condizioni.

Una figuraccia“. Questo sono le amare parole del direttore di corsa Mauro Vegni. Così è. Si è fatto di tutto per disputare la Corsa Rosa in una situazione di grandissima emergenza sanitaria, si è riusciti a salvare l’evento e si arriverà anche a Milano nonostante tutto, ma poi si è scivolati su una buccia di banana e quanto successo stamattina a Morbegno ha fatto e farà il giro del mondo, rovinando quanto fatto di buono durante queste tre settimane. Da un anno si sapeva che questa tappa aveva un chilometraggio di questo calibro, da mesi si sapeva che si sarebbe corso a ottobre, da giorni si sapeva che sarebbe piovuto (ma con temperature tutt’altro che rigide). Si poteva arrivare a questa decisione quantomeno ieri sera e non questa mattina, quando era tutto già pronto.

Non c’erano gli estremi per tagliare un centinaio di chilometri a questa frazione. Questa tappa passerà tristemente alla storia. I ciclisti sui propri pullman, da Morbegno ad Abbiategrasso, per poi rimontare in sella e dirigersi verso Asti: un’immagine molto triste e che rovina quello che è il ciclismo. Cristian Salvato, Presidente dell’Associazione Italiana Ciclisti, ha dichiarato ai microfoni della Rai che 16 rappresentanti su 18 delle squadre presenti al Giro d’Italia hanno votato su un gruppo Telegram (…) per non partire. La non partenza non è giustificabile. Senza se e senza ma. Tra l’altro con tanti ciclisti che hanno detto di non capire perché non si partisse.

Oggi ha perso il ciclismo, hanno perso i tifosi che non hanno potuto vedere il passaggio del gruppo, ha perso tutto il movimento. Ha perso l’incolpevole Giro d’Italia. Non ha vinto nessuno (e dispiace per il ceco Josef Cerny, primo al traguardo). 130 km in meno nelle gambe valevano davvero tutto questo baccano? Si andrà in tribunale, ed è inevitabile. Mauro Vegni ha annunciato giustamente battaglia ed è imbufalito per quanto successo. Una protesta anacronistica e difesa addirittura dalla maglia rosa Wilco Kelderman. L’olandese alla Rai: “Una buona decisione“. La vicenda si commenta da sola. Di chi è la colpa? La decisione sarebbe del CPA, ma i motivi reali sono ignoti.

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stefano.villa@oasport.it

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Foto: Lapresse

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