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Calcio, Carolina Morace: “Il mio coming-out per le donne e per le giovani giocatrici, in un mondo con troppi pregiudizi”

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In un mondo, quello del calcio, che sta abbattendo tanti muri (non senza fatica, sia ben chiaro) ma che ha ancora troppi silenzi e paletti, Carolina Morace prova a scuotere il sistema nella maniera migliore. L’ex attaccante della Nazionale femminile ha voluto aprirsi al Corriere della Sera (prima dell’uscita del suo libero “Fuori dagli schemi” fissata per domani), facendo coming-out e rivelando tutto il suo amore per la compagna Jane. Un “calcio” vero e proprio ai pregiudizi fatto nel suo stile, all’attacco, ma anche con tanta consapevolezza di sé e del mondo del quale fa parte.

Parole di altissimo livello, che devono servire da monito ma anche da guida per lo sport, e per la vita in generale, da ora e nei prossimi anni. “Il calcio è pieno di pregiudizi e di omofobia – ha sottolineato con amarezza – Non biasimo chi non fa coming out. Per molti uomini il non farlo è una forma di protezione. Credo che sia giusto farlo quando si è pronti, quando si è sicuri di poter togliere la maschera e non rimetterla più. Come mai ho deciso di farlo proprio ora? Nella vita penso ci siano dei momenti in cui certe cose diventano naturali e necessarie. Poi, un giorno, le parole nascono con una spontaneità nuova per dare coraggio a chi non lo ha”.

Le motivazioni, come spiega la cinquantaseienne nativa di Venezia, sono inevitabili: “L’ho fatto naturalmente per le più giovani, ma l’ho fatto anche per molte mie amiche quarantenni o cinquantenni che ancora non trovano il coraggio di raccontarsi”. Di sicuro Carolina Morace e la sua compagna australiana Nicola Jane Williams non hanno avuto paura. “La nostra storia è nata da una gaffe. Eravamo in Giappone e la chiamai con il secondo nome, Jane, mi sembrava più “da donna”, e lei, guardandomi intensamente, mi disse: “Perché mi chiami Jane?”. Da allora non ci siamo più separate. Sposate due volte, abbiamo preso decine di aerei per trascorrere del tempo assieme, ora abbiamo finalmente costruito un amore solido e puro con tanta pazienza. La proposta gliel’ho fatta nel giorno del mio quarantottesimo compleanno. Avevo comprato gli anelli, avevo ripassato per ore la frase “vuoi sposarmi?”. Ci siamo sposate una prima volta a Bristol, quindi in Australia”. 

A questo punto si inizierà a pensare ad un figlio? “Sì, lo desideriamo. Lei ha già una figlia ed è una bravissima madre, mi commuovo nel vederla parlare così intensamente con la sua bambina, il tempo che le dedica e il modo con cui sta seguendo la sua crescita. Non sarà facile per noi, specie in questo periodo in cui spostarsi per il mondo è complicato a causa della pandemia”.

Ultima battuta sullo sport che tanto ama: il calcio. Carolina Morace dice la sua sul movimento femminile. Prima esisteva ma, sostanzialmente “non c’era”. Centinaia di donne giocavano ma erano circondate da pregiudizi, considerate come maschi mancati. L’unico modo per motivare le bambine, dar loro l’ambizione di diventare campionesse vuol dire restituire al calcio femminile la giusta dignità e smettere di considerarlo un parente povero. Se le bambine saranno motivate potrà aumentare il numero delle praticanti e diventerà, forse, uno sport di massa. Il punto è squisitamente culturale: da noi il calcio femminile è soffocato da stereotipi che lo rendono poco appetibile, sì, parlo anche di sponsorizzazioni. Si deve cominciare a scuola, e ci vuole qualità: il calcio femminile si merita gente intelligente, colta e preparata. Non gli scarti di un mondo, quello maschile, che non li vuole.”

 

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alessandro.passanti@oasport.it

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Foto: Lapresse

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