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Melissa Bettoni: “In Francia giocare a rugby è normale, qui sento ancora battute sulle donne…”

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La tallonatrice del Rennes e dell’Italdonne Melissa Bettoni racconta in un’intervista esclusiva a OA Sport come sta vivendo questo periodo di stop dello sport a causa dell’emergenza sanitaria in Francia. Sottolineando l’importanza dello sport nelle scuole e qual è la forza delle azzurre.

Melissa, prima domanda. Come stai, come hai vissuto questa emergenza in Francia dove vivi e com’è la tua giornata tipo in questo difficile periodo?

“Sto bene, grazie. Noi in Bretagna abbiamo avuti pochi casi rispetto ad altre zone della Francia, o anche rispetto a Milano. Quando sono tornata a Rennes da Milano, dopo la partita annullata con la Scozia, mi sono messa in quarantena perché ero stata un po’ male. Però alla fine io questa situazione l’ho vissuta bene, anche perché ho comprato casa a dicembre e siamo entrati nel nuovo appartamento proprio nella settimana del lockdown, quindi ho avuto tempo per sistemare casa con comodo. Sono stata fortunatissima, anche se mi è spiaciuto interrompere il lavoro che avevo appena iniziato con il club. Mi sono anche allenata con un programma del preparatore della nazionale, con un allenamento al giorno. Era un modo per occupare al tempo, anche se ammetto che nelle ultime settimane, con la stagione ufficialmente annullata, mi sto riposando. Riprenderò a luglio quando avremo il raduno”.

Hai detto che hai dovuto interrompere il lavoro. Oltre al rugby nella vita cosa fai?

“Io sono dipendente del club, mi occupo dello sviluppo del settore giovanile, nell’organizzazione dei progetti scuole e degli open day e alleno l’Under 18. Diciamo 50% organizzazione settore giovanile, 50% allenatrice”.

Tu sei nata a Borgosesia, zona non propriamente rugbistica. Come ti sei avvicinata alla palla ovale?

“Sì, hai ragione, effettivamente non è proprio la patria del rugby. Io mi sono avvicinata alla palla ovale proprio grazie a un progetto scuola. Ma non del mio liceo, ma quello dove andava la mia migliore amica. È stata lei a dirmi di andare con lei, sono andata a provare e non ho più smesso. Anche se poi in zona era difficile, perché come dici tu il rugby non è proprio di casa, e alla fine trovare un gruppo di ragazze per formare la squadra era difficile”.

Com’è il rugby femminile in Francia, quali sono le grandi differenze con quello italiano?

“Qui il rugby fa parte della cultura del Paese, si trova in ogni zona della Francia più o meno. Al Sud è diffusissimo, ma anche qui al Nord sta arrivando. A livello di rugby femminile ci sono numeri importanti, anche grazie alla Coppa del Mondo 2014 che ha avvicinato molte ragazze a questo sport. Ti dico solo che nel campionato ci sono cinque categorie, un’enormità, quindi il livello è alto e c’è tanta quantità. Però credo che anche in Italia si stia lavorando bene”.

Il rugby femminile è quello che negli ultimi anni in Italia sta dando maggiori soddisfazioni, battendo anche la Francia. Come mai secondo te siete così vincenti?

“Oh sì, l’abbiamo battuta la Francia e quando vinciamo contro di loro poi io e Ilaria (Arrighetti, sua compagna di squadra a Rennes, ndr.) ce la tiriamo un casino. Quando perdiamo, invece, decisamente no, torniamo qui con tutt’altro morale. È vero, in questi anni abbiamo dimostrato di poter battere squadre molto preparate e professionistiche. Da noi ci sono buone individualità, sicuramente, ma è il gruppo a fare la forza. È un gruppo molto unito, c’è grande feeling tra di noi che ci dà una marcia in più. Poi Andrea ha fatto veramente un ottimo lavoro in questi anni, ha fiducia in noi e noi fiducia in lui. Sono un insieme di cose che ci portano a fare cose straordinarie. E credo che tutto questo stia cambiando anche l’idea che la gente ha del rugby femminile, c’è più interesse mediatico, veniamo trasmesse in tv, veniamo intervistate. Pochi anni fa era inimmaginabile venir intervistate da qualcuno”.

Cosa servirebbe in Italia per far fare un salto di qualità al rugby (ma anche allo sport in generale) femminile?

“Secondo me è difficile dal punto di vista culturale in Italia. In Francia è normale che una ragazza giochi a rugby, da noi no. Culturalmente siamo un passo indietro. Ancora oggi troppi sono convinti che lo sport, o almeno certi sport anche se vale per quasi tutti, non siano ‘da donne’. Quando sento certe battute sulle ragazze nel rugby mi arrabbio davvero”.

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duccio.fumero@oasport.it

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Foto: Mattia Radoni – LPS

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