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“La chiave del successo di Dorothea Wierer? Il silenzioso miglioramento sugli sci” ‘Bersaglio Mobile’ con René Laurent Vuillermoz

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La Coppa del Mondo di biathlon si è chiusa con una settimana d’anticipo a causa dell’emergenza Coronavirus. A Kontiolahti abbiamo assistito a un finale da cardiopalma, durante il quale Johannes Bø e Dorothea Wierer hanno conquistato la seconda Sfera di cristallo consecutiva. Andiamo dunque ad analizzare quanto è accaduto durante tutto l’inverno nella XV e ultima puntata di Bersaglio Mobile, la rubrica tenuta in compagnia dell’ex biathleta azzurro René Laurent Vuillermoz. Non si dimentica un omaggio, molto particolare, a Martin Fourcade.

René, comincerei chiedendoti di tirare le somme della stagione appena conclusa.
“Hanno vinto i due più forti e più regolari. Fra gli uomini Johannes ha disputato una stagione superlativa, riuscendo a portarsi a casa la Coppa nonostante le assenze. Onore comunque a Martin e a tutti i francesi, perché gli hanno reso la vita difficile sino all’ultimo. In campo femminile, Dorothea ha fatto l’ennesimo numero della carriera, regalandoci qualche brivido a Kontiolahti, dove ha disputato una sprint non alla sua altezza. Anche qui, grazie a Eckhoff, perché ha saputo tenere l’azzurra sul filo del rasoio per tutto l’inverno. Insomma, è stata una bella stagione in entrambi i sessi, con tanti volti nuovi ad affacciarsi nei quartieri alti nel settore maschile e un livello in crescita fra le donne. Speriamo che anche l’anno prossimo le Coppe possano essere altrettanto combattute”.

Hai citato Dorothea Wierer. Ti faccio una domanda secca. Secondo te qual è stato il segreto del suo successo?
 “Ti dico la mia. Sugli sci non è straripante come potevano essere Neuner e Mäkäräinen, però ha fatto un bel passo avanti, arrivando di tanto in tanto a giocarsela ad armi pari con le migliori. Quindi, secondo me, la chiave della sua vittoria nella classifica generale 2019-’20 è stata proprio quella di aver alzato l’asticella nel fondo rispetto al passato”.

Comunque, dobbiamo essere sinceri. Io e te ci aspettavamo entrambi di vedere la Coppa del Mondo arrivare in Italia per il secondo inverno consecutivo. Però eravamo convinti che sarebbe finita a Sappada. Invece, viste le premesse, Lisa Vittozzi è stata probabilmente la delusione principale dell’inverno. D’altronde ha concluso al decimo posto la classifica generale, senza mai rappresentare un fattore nella lotta per la Sfera di cristallo. Tu cosa ne pensi?
“Confermo la tua idea. Lisa è stata la delusione più grossa dell’anno. Lo dico con immenso rammarico, perché credo che la ragione di questa debacle sia stata principalmente psicologica, non fisica. È vero, le polemiche sono uscite prima dei Mondiali, ma quella famosa intervista è partita da molto lontano. Sono dell’idea che Lisa volesse sputare il rospo da parecchio tempo, ma abbia preferito tenerlo dentro per tutta l’estate. Questo l’ha logorata, portandola a implodere. Quindi, secondo me, bisognerà fare delle scelte forti, sia da parte sua che da parte della federazione. L’obiettivo deve essere quello di metterla nuovamente in condizione di lottare per la classifica generale e ritrovare il suo vero livello che, quest’anno, non abbiamo mai visto al di là dei due podi conquistati. D’altronde, con tutto il bene che posso volere a Selina Gasparin, non è possibile che stacchi la vera Lisa in un testa a testa. Di conseguenza bisognerà avere il coraggio di sedersi a un tavolo e discutere, allo scopo di prendere la miglior decisione per tutelare l’atleta, permettendole di ritrovare la serenità e, quindi, sé stessa”.

Invece, chi è la delusione tra gli uomini?
“La Svezia nel suo complesso. Quest’anno non sono praticamente esistiti e si sono visti pochissimo”.

Per ogni delusione c’è sempre una sorpresa. Chi indicheresti come rivelazione dell’inverno 2019-’20? Partiamo dalle donne. Permettimi una provocazione. La sorpresa è Dorothea Wierer, perché nessuno se l’aspettava in grado di vincere nuovamente la Coppa del Mondo. Invece…
“Eh sì, sono d’accordo. Dorothea durante l’autunno è rimasta sempre sorniona, non se la filava nessuno, lei continuava a dire di non essere riuscita a prepararsi benissimo e di non avere particolari obiettivi oltre al Mondiale. Invece, si è portata a casa la Sfera di cristallo per il secondo anno di fila. Sicuramente, per le premesse di inizio stagione, lei è una sorpresa. Così come è sorprendente la relativa continuità di rendimento trovata da Tiril Eckhoff, che sinora non era mai riuscita a effettuare più di un paio di buone gare di fila. Al contrario, quest’anno, ha avuto una certa costanza che le ha permesso di lottare per il Coppone. Inoltre, come sorpresa, aggiungerei il Mondiale straripante di Røiseland-Olsbu, perché è incredibile pensare al livello raggiunto da questa ragazza. Per molti anni non è stata praticamente nessuno, ma grazie al duro lavoro è salita prepotentemente di colpi, sino a diventare una delle migliori del mondo”.

Fra gli uomini chi indicheresti come sorpresa?
“Ciò che mi ha veramente stupito è stata la qualità e la costanza di tutta la squadra francese. Perché va bene avere tanti atleti di alto livello, ma durante l’inverno hanno fatto cose fuori dal normale. Partendo da dicembre, quando hanno piazzato quattro uomini nelle prime quattro posizioni, e finendo a marzo, con una tripletta nell’ultima gara stagionale. Nel mezzo tanti numeri, come la sprint di giovedì scorso, dove hanno sbagliato un colpo in sei! Roba da fantascienza e, quindi, davvero stupefacente. Non vorrei fare il passo più lungo della gamba, ma secondo me anche senza Martin, l’anno prossimo Johannes non avrà la vita tanto più semplice. Jacquelin è cresciuto tantissimo, Fillon Maillet senza l’ingombrante presenza di Fourcade può gareggiare libero di testa e vedremo se Desthieux, che a mio modo di vedere ha un grandissimo potenziale, riuscirà a chiudere questo benedetto cerchio”.

Capitolo Italia, cosa ci lascia la stagione 2019-’20? Cominciamo dagli uomini, di cui non abbiamo ancora parlato in questa puntata.
“Lukas ha fatto il suo. Come al solito è stato molto costante, ma gli è mancato il vero e proprio picco di forma. La situazione si ripete da tempo, perché non c’è mai un momento dell’inverno in cui va fortissimo. Personalmente, penso che sarebbe il caso di cambiare approccio e cercare questo benedetto picco. D’altronde, il tempo passa per tutti e anche lui ormai ha scollinato le 30 primavere. Il consiglio che mi sento di dargli è di impostare il lavoro in maniera diversa, più oculata, proprio allo scopo di preparare al meglio l’appuntamento e di avere picchi di forma, anche andando a discapito della regolarità avuta negli ultimi anni. Per quanto riguarda Dominik, ha disputato una stagione sulla falsariga di quella passata, senza però l’acuto dei Mondiali. Il fatto è in un certo senso preoccupante, perché lui aveva provato a cambiare qualcosa in fase di preparazione. Modifiche che però non hanno migliorato il suo rendimento. Quindi, dovrà riflettere su questo. Riguardo Thomas, il discorso è sempre lo stesso. Si difende nei primi giri, ma paga dazio nel finale. Io credo possa valere di più e, nel suo caso, l’intervento dovrà essere mirato proprio su questo aspetto delle sue gare. In generale, il discorso fatto per Hofer vale per tutta la squadra, nel senso che nessuno ha mai un vero picco di forma, mantenendo piuttosto lo stesso livello per tutto l’anno”.

In tutto questo stanno arrivando i 2000 d’assalto Giacomel e Bionaz, i quali rappresentano un tema molto delicato da affrontare in primavera. Quale sarebbe la gestione migliore? Aggregarli subito alla squadra A sarebbe prematuro?
“Si è avuto il coraggio di portarli subito in Coppa del Mondo, dove entrambi hanno dimostrato di avere un livello adeguato per rimanerci. Però, farli allenare con Hofer e Windisch, già formati e ormai ultratrentenni, mi sembra pericoloso. No, meglio effettuare un passo intermedio, magari inserendoli in un contesto dove si possano confrontare con atleti di livello più basso, che però possano stimolarli e aiutarli a crescere. Inoltre, l’ideale sarebbe fare in modo che i tecnici da cui sono stati seguiti fino adesso, possano farlo anche l’anno prossimo. D’altronde hanno svolto un grandissimo lavoro e sarebbe il caso di seguire la stessa metodologia. Inoltre, permettimi una riflessione. Non è normale che, per quanto talentuosi, due ragazzi del 2000 possano bagnare istantaneamente il naso a tutti i nati tra il 1993 e il 1998. Pertanto, credo si debba fare un’analisi sul rendimento avuto sinora dagli atleti compresi in questa fascia d’età, perché è molto strano che nessuno di loro riesca a emergere”.

Vuoi aggiungere qualcosa riguardo al settore femminile azzurro?
“Diciamo che Federica ha continuato il trend delle ultime stagioni. Non benissimo sugli sci e sovente in balia delle situazioni al tiro. Si è visto più volte come abbia subito pesantemente l’aspetto psicologico del poligono. Quindi è lontana dal suo massimo potenziale, ma soprattutto, se vorrà ritornare competitiva ad altissimo livello, dovrà cambiare la sua attitudine nei confronti della carabina. Michela ha rotto il ghiaccio con la Coppa del Mondo, disputando delle gare discrete. L’obiettivo, per l’anno prossimo, sarà quello di alzare l’asticella. Riguardo le ragazze del 2001, mi sembra invece ancora troppo presto trarre conclusioni. Devono maturare parecchio e, in tal senso, possono avere margine di crescita”.

Kontiolahti ha segnato l’addio alle gare di Martin Fourcade. Inutile dire qualcosa sulla sua grandezza sportiva, la conosciamo già tutti. Tu che hai fatto in tempo a incrociarlo in pista, vuoi raccontarci qualche aneddoto che lo riguarda?
“Ne ho due. Il primo risale al gennaio 2009, durante una delle prime gare di Coppa del Mondo di Martin. Sprint di Oberhof, ci troviamo in pista assieme. Lui è nel suo secondo giro, io nel mio primo. Si attacca a me e mi rimane in scia anche nel lungo rettilineo che porta al poligono. Io, come al solito, sono abbastanza scellerato e non mi risparmio, tiro a tutta ed entro forte allo stadio. Risultato, io faccio 3 a terra e lui 2 in piedi. Dopo la gara ci incontriamo e Martin mi dice: “Grazie eh, perché mi sono attaccato a te e ho fatto 2!”. Come a dire che era colpa mia se aveva sbagliato due volte. Allora io gli rispondo: “Grazie al c…o! Perché tu ti sei attaccato a me e io ho fatto 3!”. Fu abbastanza divertente come discussione. Il secondo episodio invece è datato 2011, quando vinse la mass start di Anterselva e io lo incitai lungo la pista. Dopo la gara vado a fargli i complimenti e lui mi dice: “Tu dovresti stare sempre a bordo pista, perché io vinco ogni volta che sei lì”. Sinceramente non so quante altre volte sia stato a bordo pista, però direi che ha vinto lo stesso anche senza di me!”

René, seppur con una settimana d’anticipo, siamo giunti alla conclusione del viaggio. A nome mio e di tutti i lettori di OA Sport, ti ringrazio per aver voluto tenere questa rubrica che ci ha fatto compagnia durante tutto l’inverno.
“Grazie a voi! Mi fa piacere parlare il più possibile del mio sport, anche se attualmente è molto più mediatico del passato e ha decisamente più visibilità di una decina d’anni fa. Comunque, è sempre importante parlarne e mi diverto nel farlo”.

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Foto: La Presse

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